Non c’entrano nulla Terence Hill e gli spaghetti western, e nemmeno la Trinità cristiana, è solo il nome di una contrada che da il nome ad una diga nei pressi di Castelvetrano, ricco e laborioso paese agricolo nella valle del Belice, famoso per natali ultra conosciuti alle cronache.
Perché ne parliamo? Perché la diga è piena d’acqua, in una Sicilia che l’anno scorso sembrava il film distopico, ma mica tanto, Siccità di Paolo Virzì. Ma quest’acqua non è utilizzabile, né per usi civici né agricoli, in un territorio in cui ci sono ettari sconfinati di uliveti della famosa Nocellara del Belice, che è sulle tavole di mezzo mondo. Perché non si può usare? Perché la sicurezza dell’impianto è a rischio, visto che non si sono fatti gli adeguamenti antisismici, così dice il ministero delle infrastrutture che non vuole prendersi responsabilità su eventuali disastri, ed impone lo sversamento dell’acqua. Se non avessimo visto fino a qualche settimana fa occupazioni di dighe con comuni che se le contenderanno come l’Ancipa, razionamenti di acqua nei quartieri fino al capoluogo regionale, caro autobotti, le file con i bidoni alle fontane, la notizia sarebbe passata per una normale e atavica disfunzione dell’apparato burocratico, con i soliti contrasti tra apparati centrali e periferici.
Ma in questo clima di emergenza climatica, scusate l’espressione, dopo aver visto il crollo dei raccolti nei vigneti proprio in quelle aree, dopo tutte le proteste del comparto agroalimentare, uno dei pochi trainanti dell’isola, dopo aver visto allevatori che macellavano le proprie greggi, buttiamo via l’acqua?
La Regione rassicura che nemmeno una goccia verrà sprecata, ma sembra impossibile in breve tempo canalizzare la preziosa risorsa verso altri invasi tramite tubature di collegamento che colpevolmente non ci sono. Né si può pensare che un esercito di autobotti vada a prendere quest’acqua per spostarla e non perderla, troppi soldi ci vorrebbero e non ci sono sufficienti autobotti civili. Certo sarebbe un ottima esercitazione di utilità sociale per l’unica forza semi militare di cui dispone la Regione, il corpo forestale, che un po’ di autobotti nell’isola dispone. Forse Schifani da Governatore potrebbe imporre questa fatica di Sisifo e rimpinguare altri bacini carenti. Si potrebbe chiedere aiuto pure al Genio militare, l’unica cosa che non si può fare in Sicilia è sprecare acqua. Questo si che sarebbe un peccato che grida vendetta al cospetto della Trinità. Dopodiché una domanda sorge spontanea. Come mai i solerti funzionari del ministero si sono accorti solo oggi, la diga ha più di 65 anni essendo stata terminata nel 1959 prima di varie normative antisismiche, che la diga è insicura? Cui prodest questo cortocircuito burocratico?
Ma soprattutto la Regione è solo il gestore della diga, il proprietario che chiede il disperdimento dell’acqua è lo Stato, che in tutti questi anni non ha provveduto alla manutenzione straordinaria dell’impianto, visto che alla Regione per accordo è delegato solo il monitoraggio che il ministero reputa insufficiente o omissivo. Non pensiamo che sia l’unica diga costruita prima delle normative antisismiche in tutta Italia. Il ministero ha disposto lo sversamento a tutte quante? O è solo Trinità in queste condizioni. In questo momento nell’invaso sono presenti 4,4 mln di metri cubi dell’oro blu, l’acqua, possiamo mai sprecarli? Perché non avere il coraggio di sospendere questa diatriba cartacea, costruire i laghetti agricoli finanziati ultimamente, magari scorrere graduatorie o riaprire termini, e portare l’acqua agli agricoltori che molto probabilmente ne faranno un uso migliore?

