Il Sud esiste

Un’economia per l’uomo e non per il capitale

Segue dal QdS del 13/11/2024

Fu attraverso lo studio approfondito della Dottrina Sociale della Chiesa che scoprii un pensiero forte e coerente che mi avrebbe aiutato a consolidare una visione dello sviluppo socio-economico in forte contrasto con il pensiero allora (ma in parte ancora oggi) dominante del capitalismo finanziario. Insomma, ritrovavo proprio nella DSC (e soprattutto nella Rerum Novarum, nella Mater et Magistra, e nella Centesimus Annus) il fondamento tecnico e morale delle mie convinzioni economiche, nate sul campo, riguardo a ciò che è necessario per un buono e civile sviluppo economico equilibrato e sostenibile. È nella DSC che trovai, con grande chiarezza e coerenza, affermata che l’economia è al servizio dell’uomo e non del capitale, che il mercato è uno strumento prezioso ma non è un fine e non assorbe tutte le relazioni tra le persone (“Ci sono dei beni che, in base alla loro natura non si possono vendere e comprare” (Centesimus Annus, v.40).

Un altro cardine della DSC è il principio della destinazione universale dei beni e della diffusione della proprietà. La DSC è sempre stata a favore della proprietà privata, come garanzia della libertà, dignità e responsabilità della persona. Ma, al contempo, ha sempre levato il suo monito contro la eccessiva concentrazione della proprietà ed a favore di una proprietà diffusa ed ha sempre richiesto che la proprietà venga utilizzata non solo con il rispetto degli altri (neminem ledere) ma nella consapevolezza che i beni in proprietà hanno una sorta di ipoteca a favore della destinazione universale degli stessi. Così la “Gaudium et Spes”: “Poiché la proprietà e le altre forme di potere privato sui beni esteriori contribuiscono alla espressione della persona e inoltre danno occasione all’uomo di esercitare il suo responsabile apporto nella società e nella economia, è di grande interesse favorire l’accesso degli individui o dei gruppi ad un certo potere sui beni esterni. La proprietà privata o un qualche potere sui beni esterni assicurano a ciascuno una zona indispensabile di autonomia personale e familiare e bisogna considerarli come un prolungamento della libertà umana. Infine, stimolando l’esercizio della responsabilità, essi costituiscono una delle condizioni delle libertà civili…. Ogni proprietà privata ha per sua natura anche un carattere sociale, che si fonda sulla comune destinazione dei beni. Se si trascura questo carattere sociale, la proprietà può diventare in molti modi occasione di cupidigia e di gravi disordini, così da offrire facile pretesto a quelli che contestano il diritto stesso di proprietà”.

Questa posizione coincide perfettamente con quella dell’Economia Sociale di Mercato. La differenza è, forse, nel fatto che la Chiesa non ha ben compreso, per lungo tempo, che un’economia basata sulla proprietà privata è, anche, necessariamente, un’economia basata sul mercato. Posizione, questa, che sfocia nella Costituzione tedesca, dove nei primi due paragrafi dell’art. 14, si legge: “La proprietà e il diritto di successione sono garantiti. Il loro contenuto ed i loro limiti sono fissati dalla legge”; “La proprietà crea degli obblighi. Il suo uso deve anche essere utile all’insieme della collettività”.

Questa concezione della proprietà, presidio della libertà e dell’iniziativa individuale, ma inserita in una precisa filosofia pubblica della responsabilità e caratterizzata da un’ampia diffusione, è in realtà una teoria la cui essenza va alle radici del pensiero filosofico e civile occidentale. Già Aristotele insegnava: “Ordunque è meglio, come ben si vede, che la proprietà sia privata ma si faccia comune nell’uso: abituare i cittadini a tal modo di pensare è compito particolare del legislatore”.

E nella, allora recente, Centesimus Annus, nel fondamentale paragrafo n. 42, trovai, per la prima volta esposta con grande chiarezza la differenza fondamentale tra un’economia imprenditoriale (“economia d’impresa”) e un’economia finanziaria, una visione profetica.

Continua…