Effetto smartworking su moda, volano acquisti di tute e pigiami - QdS

Effetto smartworking su moda, volano acquisti di tute e pigiami

Effetto smartworking su moda, volano acquisti di tute e pigiami

domenica 14 Febbraio 2021

Indagine di Federazione Moda Italia-Confcommercio. In picchiata, nonostante i saldi, le vendite di abiti da uomo, cravatte e camicie

ROMA – A gennaio, in pieno periodo di saldi, sono aumentate le vendite di tute, pigiami, intimo e pantofole mentre, in sofferenza risultano cravatte, abiti da uomo e valige. È quanto rileva un’indagine di Federazione Moda Italia-Confcommercio anticipata all’Adnkronos.

Solo 3 negozi su 100, delle vere e proprie mosche bianche dicono di aver avuto in incremento – riferisce Massimo Torti, segretario generale di Federmoda– si tratta di alcuni settori come gliabiti su misura ed i negozi di intimo, maglieria e pantofole”.

L’indagine infatti evidenzia tra i prodotti più venduti: la maglieria con praticamente metà degli italiani (51,3%), giubbotti, cappotti e piumini (39,3%); pantaloni (32,1%); scarpe donna (19,7%); abiti donna (16,2%); tute (15,8%) scarpe uomo (13,7%) accessori (12,8%) intimo (12,8%). In sofferenza le vendite di: abiti da uomo (4,3%); giacche (5,6%) valige (0,9%).
I pagamenti preferiti sono quelli cashless, ovvero con bancomat (82,9%delle preferenze); seguono quelli con carta di credito (56,4%), mentre è residuale l’utilizzo dei contanti (11,5%), una scelta utilizzata soprattutto per le spese di importo basso). Ancora basse le transazioni con altri strumenti di pagamento innovativi (2,1%).

Tra i settori più penalizzati risulta quindi “il dettaglio moda e l’ingrosso moda che, tra l’altro, non è stato indennizzato – commenta Torti -. Poi anche gli abiti da cerimonia, soprattutto al centro sud, non si sono più venduti perché non si può partecipare ad eventi, feste e banchetti”.

“Un ultimo settore dimenticato – spiega ancora Torti – è quello dei negozi di camicie che nonostante abbiano lo stesso codice Ateco della biancheria intima (che sono rimasti aperti) sono stati costretti a chiudere per il Dpcm del 3 novembre, ma ingiustamente ed inspiegabilmente sono ancora senza indennizzi. È una lacuna inspiegabile e fastidiosa”.

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