Elena Pantaleo: “Sport e diritti contro tutte le disuguaglianze” - QdS

Elena Pantaleo: “Sport e diritti contro tutte le disuguaglianze”

Elena Pantaleo: “Sport e diritti contro tutte le disuguaglianze”

Giuseppe Vito Ales  |
venerdì 20 Ottobre 2023

Cosa vuol dire far combaciare la carriera da atleta con gli studi o gli impegni della vita? Ne parliamo con la consigliera nazionale Coni e campionessa mondiale di Kickboxing

PALERMO – Sport e diritti sono spesso collegati, ma cosa significa essere un atleta oggi? Cosa vuol dire far combaciare la carriera da atleta con gli studi o gli impegni della vita?
Negli ultimi anni, risalta il tema del lavoro sportivo e delle tutela che troppo spesso mancano, soprattutto se si è donne. Sono stati fatti diversi passi avanti grazie alle battaglie dei singoli, ma cresce un movimento collettivo di atleti e atlete che guarda con occhi nuovi verso il domani.
Ne parliamo con Elena Pantaleo, atleta e giurista palermitana, impegnata nella preparazione dei World Combat Games di fine ottobre.

Un’atleta che vince e che ha studiato unendo sport e professione. Con il CONI avete avviato diverse azioni che raccontano che la Dual-Career, accademica e sportiva, non è una cosa impossibile. Come si gestisce un doppio percorso?

“Gestire un doppio percorso è difficile. Servano tre fattori chiave per bilanciare le due carriere. I primi due dipendono dall’atleta: organizzazione del tempo e disciplina. Organizzo la mia vita in modo meticoloso dai tempi del liceo e questo mi permette di incastrare gli allenamenti con lo studio, le gare con gli esami, e ottimizzare il mio tempo. Il terzo elemento dipende dalle istituzioni: serve dare la possibilità agli atleti di organizzare il proprio tempo tramite programmi adeguati. Diverse università hanno sviluppato programmi di Dual-Career, dando ad esempio la possibilità di spostare esami in concomitanza con una gara, di essere seguiti da tutor e di seguire lezioni a distanza se impossibilitati a partecipare per impegni sportivi. Il problema è che questi programmi sono ancora poco diffusi nelle università pubbliche e fortemente concentrati al Nord, il che limita la possibilità di un’ampia fetta di studenti-atleti. Il CONI, tramite la Commissione atleti di cui faccio parte, cerca di spingere sempre più università a sottoscrivere protocolli d’intesa e approvare programmi Dual-Career. Bisogna abbattere le resistenze”.

Nel lavoro sportivo, oltre a sacrifici e impegno, ci sono spesso poche tutele di tipo retributivo-previdenziale. Se si parla di lavoro femminile nello sport, si sono fatti dei passi avanti (basti pensare all’emendamento che ha reso possibile la realizzazione del passaggio al professionismo della Serie A di Calcio Femminile), però la differenza tra atleti e atlete è sotto gli occhi di tutti.

Da dove si parte?

“Per i livelli più alti degli sport “ricchi” c’è una grande differenza di tutele tra donne e uomini, ma anche qualche tutela frutto delle battaglie di persone come la mia collega Sara Gama che ha portato avanti tante lotte per la parità di genere. C’è anche una platea di altri sport (olimpici o meno) in cui dopo anni a far sognare migliaia di persone, nessuno ti garantisce che dopo una gravidanza riuscirai ad avere uno sponsor o a poterti mantenere con lo sport. I gruppi sportivi militari tamponano parzialmente e sicuramente fondi come quello per le gravidanze delle atlete o per il professionismo delle calciatrici aiutano, ma non bastano. Bisogna investire nello sport per renderlo remunerativo e tutelato (si pensi all’indotto dello sport universitario negli USA)”.

Altro problema è quello della governance nello sport. Sbaglio o quasi tutta la dirigenza e declinata al maschile?

“Non sbagli. Anche se alle Olimpiadi di Cortina ci sarà finalmente parità di genere tra gli atleti. Secondo il Coni, solo il 19,8% degli allenatori e il 12,4% dei dirigenti federali sono donne e delle 46 federazioni affiliate al CONI solo due sono guidate da donne. Si sono fatti passi avanti con l’introduzione delle quote rosa all’interno dei Consigli Federali, ma la misura stessa dimostra quanto il mondo sportivo rimanga culturalmente legato a un passato al maschile”.

Quanto sarebbe importante un impegno concreto anche in regioni come la nostra? Quali le priorità?

“Un impegno concreto anche in Sicilia è cruciale per garantire l’accesso universale allo sport. Tre priorità: la promozione dell’attività fisica a tutte le età, la creazione di infrastrutture sportive accessibili e la sensibilizzazione sull’importanza dell’uguaglianza di genere nello sport. Investire nelle nostre comunità è fondamentale per un futuro in cui lo sport sia un diritto effettivo per tutti”.

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