Il noto avvocato penalista corre con la lista Movimento popolare catanese: "Se ancora in tempo abbandonerei il progetto della Cittadella giudiziaria in viale Africa, una cosa senza senso"
L’avvocato Giuseppe Lipera, candidato sindaco di Catania per la lista “Movimento popolare catanese” ha risposto alle domande del Quotidiano di Sicilia sulle sue idee e il suo programma per il governo della città.
Guidare un ente come il Comune di Catania necessita che il mezzo sia efficiente. Eppure, la macchina amministrativa sembra si sia inceppata da tempo, principalmente per mancanza di personale. Come pensa si possa risolvere il problema delle risorse umane? E come intende approntare un piano dei servizi?
“È chiaro che noi intenderemo affrontare tutti i problemi, però per fare questo dobbiamo andare in Comune, ‘sederci’ e parlare con i direttori. Vediamo quali sono le problematiche interne, come si fa a conoscerle dall’esterno? La burocrazia, è evidente, è un problema serio. Io sono stato assessore al personale da fine 1989 ai primi del 1991 ed ho una buona esperienza. Bisogna però metterci le mani. Occorrono impegno, amore e passione”.
Quali sono le prime tre cose che farebbe non appena insediato sul piano del funzionamento della città? Mobilità, cantieri da concludere, zona industriale.
“Sono domande a cui non mi sento di rispondere, al momento è prematuro. Sicuramente, tra i problemi principali, c’è la manutenzione di strade e marciapedi. Riguardo ai cantieri, ad esempio, dobbiamo sapere quali sono. L’’informazione è molto scarsa rispetto a quello che è avvenuto, nel bene e nel male. Poi, leggendo i giornali, si scoprono diverse cose. So solo, ad esempio, che, se siamo ancora in tempo, abbandonerei il progetto per il tribunale civile che vogliono fare al viale Africa, una cosa che non ha senso. Perché il tribunale deve essere tutto riunito: quando ero un giovane avvocato era tutto in piazza Verga. Oggi abbiamo una sede distaccata in via Crispi, gli ufficiali in via Gabriele D’Annunzio, il tribunale di sorveglianza a Vulcania, quello del lavoro in via Guardia della Carvana. Non si può chiamare cittadella della giustizia il tribunale civile che si vuol fare lì, un’opera che servirà solo per impedire di vedere un po’ di mare in questa città. Pensiamo, invece, ad un grande progetto per un tribunale che riunisca tutto”.
Parliamo del funzionamento dei servizi e della digitalizzazione dei servizi comunali. Pensate di utilizzare il sistema dei totem per la customer satisfaction?
“Io sono molto più pratico e, mi passi il termine, umano. Il sindaco e gli assessori dovrebbero incontrare le persone. Se sarò eletto ‘obbligherò’ gli assessori a farlo. Quando io ero assessore dedicavo il mercoledì pomeriggio, fino alla sera, per incontrare la cittadinanza in piazza Università, si chiamava il mercoledì dell’assessore. Il sindaco deve fare la stessa cosa. Il sindaco è un politico nel senso che deve dare le direttive. Poi è chiaro che, se deve costruire una strada o togliere l’immondizia, non va a farlo direttamente ma impartisce – appunto – le direttive”.
Non vi è dubbio che a Catania esista un problema sicurezza e che occorra rafforzare il controllo del territorio. Cosa intende fare se dovesse diventare sindaco, per aumentare ad esempio il numero dei vigili urbani?
“Allo stato attuale l’unica cosa da fare è sedersi intorno ad un tavolo con il Questore e con i comandanti delle varie forze dell’ordine per vedere quanti sono gli uomini che abbiamo in città e razionalizzare, di comune accordo, la loro dislocazione. Per quanto riguarda i vigili urbani, sottolineo che dei circa 350 che assunsi io da assessore, nel 1990, credo ne sia rimasto solo il 25%, perché sono andati quasi tutti in pensione. L’unica cosa da fare è andare a Palermo e battere i pugni sul tavolo, perché ci devono consentire di fare assunzioni… Così non va bene”.
Come intende valorizzare la zona industriale, un volano incredibile di investimenti e crescita economica eppure degradata, insicura, invivibile?
“La mia strategia? Convocare ingegneri ed architetti e farmi dire da loro come restaurare quella zona, ma anche tutta la città. Se la mia casa è malandata non posso certo dire io cosa fare, ma chiamo una ditta cui affido il compito di sistemare la casa”.
Per quanto riguarda le infrastrutture che servono a Catania, come immaginate di reperire le risorse necessarie? E su quali vi concentrerete maggiormente?
“Bisogna capire quali sono le necessità più urgenti per poter rispondere. Come reperire le risorse? C’è un governo nazionale, un governo regionale, ci sono i fondi del Pnrr. Solo mettendoci le mani sappiamo di che stiamo parlando, altrimenti facciamo sogni. Comunque, una cosa è certa: se qualcuno si occupa del condominio il condominio si sistema. Chiunque mi dice che il condominio non sta funzionando e mi riferisco a tutta la città. Quindi occorre, ovviamente, la collaborazione di tutti i cittadini… Però io mi ricordo quanto fatto dal sindaco Giuseppe De Felice Giuffrida. Agli inizi del ‘900, quando i poveri non potevano comprare il pane perché erano aumentati i prezzi, prese con sé gli operai della manutenzione strade ed aprì un panificio municipale in via D’Amico, dove il pane era venduto a prezzo di costo. In questo modo inventò il calmiere e, successivamente, le altre panetterie cittadine abbassarono i prezzi”.
Il Comune ha il problema dell’evasione dei tributi e della bassa riscossione? Il 50% della Tari non viene incassata e questo comporta inevitabili problemi di bilancio. Inoltre, c’è circa un centinaio di immobili non catastati che non pagano l’Imu. Cosa pensa di fare per portare a galla gli immobili fantasma e cercare di incassare somme fondamentali?
“Sono convinto che se i cittadini vedono delle risposte e dei segnali pagheranno queste tasse. Poi, se ci sono cittadini che non possono pagare non lo facciano. Anzi, abbiamo il dovere di aiutarli. La questione sta tutta nel credere che le cose stanno cambiando e che si può aggiustare di tutto, anche il problema della Tari”.