Se la politica fosse una cosa seria il centrodestra siciliano dovrebbe essere considerato irrimediabilmente in crisi, dopo le elezioni provinciali seguite a 12 anni di commissariamento.
Praticamente il centrodestra ha perso ovunque tranne a Ragusa, dove viene eletta a Presidente la sindaca di Comiso Maria Rita Schembari. E per fortuna non si è votato per il presidente nelle città metropolitane, sennò apriti cielo. Si dovrebbe convocare la coalizione che governa la Regione, i segretari regionali dei partiti che sono andati in ordine sparso, qualcuno si dovrebbe dimettere, o almeno fare finta di farlo, qualcun altro dovrebbe sospendersi o uscire addirittura dal partito, visto che viene accusato di tradimento.
La scena più eclatante ad Enna dove le schede di Forza Italia avevano il candidato dell’altra coalizione a Presidente, ma li si sa che tutti i consiglieri comunali della provincia sono di rito mirelliano, ossia figli e nipoti di Vladimiro Crisafulli.
Il dato politicamente più evidente è stato quello di Agrigento, in cui il centrodestra era spaccato a metà, con faida guelfa anche tra i moderati, da un lato Lombardo dall’altro Cuffaro, con vittoria del primo. E poi c’è la maggioranza bulgara, oltre l’80%, di Francesco Italia a Siracusa che ha eletto Presidente il suo capo di gabinetto, Michelangelo Giansiracusa, o forse meglio Gransiracusa, nonché ottimo Sindaco di Ferla, uno dei comuni più virtuosi ambientalmente nell’isola. A Trapani vincono i civici a sinistra, aiutati da frange forziste marsalesi, con il sindaco Quinci di Mazara contro il candidato di centrodestra Lentini sindaco di Castelvetrano.
Il partito che ha avuto più spaccature interne è stato Forza Italia che è andato in ordine sparso praticamente ovunque. Il solito Raffaele ha colpito di zampa su Agrigento dove il campo largo non ha presentato opportunisticamente liste, e anche su Siracusa sostenendo il candidato moderato e di fatto frantumando la coalizione di centrodestra, che non è riuscita ad esprimere un candidato. La sua strategia metterà tensione nella coalizione, ma la crisi a livello regionale, dove ci sono, al contrario delle dissestate province, soldi e potere non ci sarà. Qualche scontento, qualche mugugno, qualche protesta sui tavoli nazionali, qualche comunicato come quello di Marco Falcone, da tempo in dissenso con i vertici regionali, ma nulla di più. Tacere e sopire, sopire e tacere, in cui Schifani è maestro, e si arriva al generale agosto, magari dopo un’altra finanziaria di mance e prebende per i deputati regionali, il cui scopo, prioritario alla politica, è la sopravvivenza nel seggio elettorale.
Ma le province che faranno? Apriranno subito cantieri di strade e scuole? Sicuramente apriranno due mesi di cantiere per nominare gli assessori, in cui i rais del voto misureranno i loro muscoli allenati in queste elezioni. Per le scuole c’è tempo, benedetta ignoranza, infatti, dice il proverbio.

