I consiglieri di “Progetto Palermo” hanno lanciato l’allarme sulla richiesta di canoni fatta pervenire alle famiglie che hanno occupato immobili confiscati alla mafia: “Necessario aprire un tavolo di crisi”
PALERMO – Si è tenuta ieri nell’Aula consiliare di Palazzo Belvedere, una conferenza stampa indetta dai consiglieri Mariangela Di Gangi, Massimo Giaconia e Alberto Mangano del gruppo consiliare “Progetto Palermo”. L’argomento trattato è stato quello dell’utilizzo dei beni confiscati per le finalità dell’emergenza abitativa.
L’Agenzia per i beni confiscati ha consegnato 11 appartamenti
Lo scorso 29 febbraio è stata resa disponibile dal Comune la nuova piattaforma informatica per la presentazione delle domande legate alle graduatorie dell’emergenza abitativa. Il nuovo sistema consentirà ai cittadini di effettuare una nuova iscrizione alla graduatoria, con accesso attraverso lo Spid o Cie, nel rispetto del principio “once only”, cioè una volta sola. Nella medesima giornata l’Agenzia nazionale per i beni confiscati alla criminalità ha consegnato al Comune di Palermo undici appartamenti che “saranno destinati all’emergenza abitativa – ha affermato l’assessora alle Politiche sociali per la casa Antonella Tirrito – e saranno utilizzati come punti d’intervento sociale nei casi di emergenza evitando così di ricorrere a strutture alberghiere com’è accaduto, per esempio, la scorsa estate quando alcune famiglie sono rimaste senza abitazione a causa degli incendi”.
La consigliera Di Gangi: “L’Agenzia vuole fare cassa sulla pelle dei cittadini”
Nel corso della conferenza stampa, la consigliera Di Gangi ha dichiarato: “Siamo venuti a conoscenza proprio in questi giorni di un fatto gravissimo: l’Agenzia dei Beni confiscati, per il tramite dell’Agenzia delle Entrate ha intenzione di riscuotere dalle famiglie inabbienti della nostra città canoni di locazione, si parla di cifre che si aggirano tra i 15 e i 35 mila euro, per l’occupazione di beni confiscati alla criminalità organizzata, avvenuta a seguito di bisogni reali, valutandoli a prezzi di mercato”.
“Troviamo inaccettabile – ha proseguito Di Gangi – che l’Agenzia per i Beni confiscati si comporti da ‘privato’, che voglia fare cassa sulla pelle dei cittadini più bisognosi e non abbia a cuore quell’uso sociale del patrimonio che detiene. L’Agenzia, in questo caso più che mai, non è un attore neutro ma è necessario che collabori alla soluzione dell’emergenza abitativa come ha scelto di fare il Comune di Palermo”.
“Peraltro è intervenuta una novità – ha affermato Di Gangi – ossia quella di sanare la situazione di quelle famiglie che hanno diritto alla casa popolare e che già vivono in un bene confiscato. Non è accettabile che l’Agenzia non ne tenga conto. È arrivato il momento, riteniamo, che il Comune di Palermo alzi la voce nei confronti dell’Agenzia e chieda di non temporeggiare ma di decidere per il bene di quanti vivono una situazione di precarietà che rischiano di essere le prossime vittime del cosiddetto welfare mafioso. Deve intervenire il Comune anche per bloccare le procedure di sgombero”.
Quante sono le famiglie interessate a queste richieste di pagamento?
“Abbiamo notizia – ha spiegato Di Gangi – di una decina di famiglie cui sono giunte queste lettere di richiesta di pagamento ma non escludiamo che ne possano giungere altre perché, a Palermo, sono circa un centinaio le famiglie che vivono in alloggi in carico all’Agenzia dei Beni confiscati e che le hanno occupate per risolvere il problema di povertà abitativa. L’ultimo caso avvenuto a Palermo riguarda una famiglia che abita nel quartiere Sperone”.
Diverse famiglie bisognose hanno presentato le pratiche per l’ottenimento formale dell’alloggio ma, ha sottolineato Di Gangi, “nessuna che ha presentato la richiesta ha avuto comunicazione di un esito positivo. Siamo in presenza di un’ostilità da parte di alcuni pezzi della maggioranza rispetto all’efficacia della delibera che, piaccia o meno, è ancora valida”.
L’Agenzia dei Beni confiscati ha messo a bando, in tutta Italia, gli immobili a uso abitativo che ha in carico. “Sono stati messi a bando per essere assegnati alle associazioni – ha detto Di Gangi – ed è pur vero che le associazioni fanno un lavoro encomiabile, prezioso e garantiscono il riuso sociale del bene sequestrato, ma in questo momento storico è più che mai importante che gli immobili a uso abitativo siano assegnati alle famiglie in emergenza abitativa. Si è creato un corto circuito perché molti di quegli immobili sono occupati da famiglie che soffrono di povertà abitativa che, pur avendo fatto richiesta di sanatoria, non hanno ricevuto alcuna risposta anzi, proprio tra queste famiglie ci sono quelle che hanno ricevuto la richiesta di pagamento di cifre che non potranno mai pagare e, quindi, rischiano di essere oggetto di sgombero. Sembra che l’Agenzia sia più interessata a fare burocrazia e cassa che non adempiere al suo ruolo istituzionale, quello del riuso sociale dei beni confiscati”.
“A Palermo – ha evidenziato il consigliere Giaconia – l’emergenza abitativa rischia di diventare una bomba sociale che il Comune di Palermo da solo non sarà in grado di disinnescare. Chiederemo al prefetto di Palermo un incontro per l’apertura di un tavolo di crisi al fine di trovare una soluzione strutturale perché stiamo parlando di persone, di bambini e soggetti fragili, non di numeri da utilizzare ai fini statistici”.
“La nostra proposta – ha aggiunto il consigliere Mangano – è quella di richiamare le istituzioni alle proprie responsabilità nei confronti dei problemi della nostra società. Non vorrei che, su questa posizione assunta dall’Agenzia dei Beni confiscati, abbia avuto un’incidenza la posizione del Governo nazionale. Non a caso è la medesima che, a Palermo, caratterizza Fratelli d’Italia, che ritiene di non dover allargare l’offerta alle famiglie bisognose. Ritengo che si tratti di una posizione ideologicamente sbagliata, culturalmente pessima e, soprattutto, socialmente drammatica”.