Gli effetti del Covid sulla globalizzazione e in particolare sugli scambi commerciali potrebbero favorire l’Italia
La lettura ordinaria, e tutto sommato scontata, degli effetti economici della crisi che stiamo vivendo ci dice che ci ritroveremo alla fine (quasi tutti) più poveri e più arrabbiati, ben lontani dalle immagini di solidarietà musicale e condominiale di questi mesi.
La ragione di questa visione realistica e priva di speranza sta tutta dentro quel particolare aspetto che caratterizza l’opinionismo (ndr: lo so che è una parola erronea ma rende bene l’idea) pubblico di cui sono al tempo stesso interpreti e autori tanto i cosiddetti “leoni da tastiera” del social media, quanto autorevoli columnist e frequentatori dei salotti televisivi.
Dati alla mano, potrebbero non avere torto: nell’Unione europea 57 milioni di persone non stanno più lavorando, di cui 42 milioni sono assistiti da forme di sostegno del reddito mentre altri 15 hanno già perso definitivamente il lavoro. In Italia dovremo ricevere circa 15 miliardi di euro per prolungare la cassa integrazione e a marzo 2020 si è registrato un netto calo della disoccupazione, scesa all’8,4% (-0,9 punti), il minimo dall’agosto del 2011, nonché una decisa contrazione anche della disoccupazione giovanile al 28% (-1,2 punti).
Quindi, secondo l’Istat, “nonostante l’emergenza Covid-19, l’occupazione ha registrato una sostanziale tenuta, anche per effetto dei decreti di sostegno all’occupazione e ai lavoratori per la difesa del lavoro e dei redditi”, Secondo l’Ue, invece, la disoccupazione in Italia salirà all’11,8% nel 2020, per poi riscendere al 10,7% nel 2021. La copertura estesa e l’allentamento dei criteri per gli schemi di sostegno agli stipendi (Cassa integrazione guadagni) dovrebbero sostenere i redditi da lavoro e ridurre il rischio di licenziamenti e disoccupazione.
Ovviamente questi dati non tengono conto di quelli che potremo definire i “disoccupati in nero”, espressione di quell’economia sommersa che produce in barba alle norme di legge (fiscali, previdenziali e assicurative) e di tutti quegli stagionali e contrattisti potrebbero non riescono ad avere un sostegno emergenziale, finendo con l’ingrossare la schiera dei cosiddetti inattivi.
Ma gli effetti del Covid sulla globalizzazione e in particolare sugli scambi commerciali potrebbero proprio favorire un paese come l’Italia che, grazie alla sua base produttiva e manifatturiera, potrebbe compensare quel vuoto di domanda e di offerta che caratterizzerà i prossimi anni a causa della necessità di garantire entro i confini europei alcune produzioni oggi trasferite in Asia e nei Paesi dell’Est.