L’Ispra però mette in guardia: le riduzioni dei gas inquinanti in tre mesi non contribuiscono alla soluzione del problema del cambiamento climatico. Ad incidere sui numeri le restrizioni alla mobilità e lo stop alle attività produttive in tutta Italia connesse all’epidemia di Sars-CoV-2
L’epidemia di Covid-19 ha portato con sé una moltitudine di foto e video pronta a dimostrare l’arretramento dell’inquinamento ambientale e la rivincita della natura sulle attività umane.
In termini scientifici tangibili, quanto ha inciso lo “stop” di tanti gesti, abitudini e produzioni messe in atto dagli italiani? Le restrizioni alla mobilità in tutta Italia dovute all’epidemia di SARS-CoV-2 hanno portato, secondo i dati rilevati dall’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (ISPRA), a una riduzione delle emissioni di gas serra a livello nazionale nei primi tre mesi dell’anno.
Pur trattandosi di dati ancora da confermare, la stima è che nel primo trimestre del 2020 le emissioni saranno inferiori del 5-7% rispetto a quelle dello stesso trimestre del 2019. Tali riduzioni sono dovute principalmente alla chiusura delle industrie, alla riduzione dei trasporti in ambito urbano, e al settore del riscaldamento, i cui consumi si sono ridotti a seguito della chiusura parziale o totale degli edifici pubblici e di alcune aziende.
ISPRA, com’è facile comprendere, fa presente che questa riduzione non contribuisce alla soluzione del problema dei cambiamenti climatici, che ha invece necessità di modifiche strutturali, tecnologiche e comportamentali che riducano al minimo le emissioni di gas serra nel medio e lungo periodo. Il riscaldamento dell’atmosfera, infatti, non dipende delle emissioni di gas serra in un singolo anno ma dalle concentrazioni di gas serra presenti nell’atmosfera che hanno un effetto radiativo – ovvero alterano il bilancio tra energia entrante ed energia uscente nel sistema Terra-atmosfera.
La permanenza di una sostanza inquinante nell’atmosfera dipende dalla sua stabilità, cioè dal rapporto fra i processi di produzione e rimozione della sostanza stessa. E la CO2, il principale gas serra, ha una lunga permanenza nell’atmosfera perciò nel lungo periodo il riscaldamento globale dipende dall’andamento cumulato delle emissioni globali.
Nel 2018, i dati ufficiali dell’Ispra mostrano una diminuzione delle emissioni di gas serra, rispetto al 2017, dello 0,9%, mentre per ciò che riguarda le stime relative all’anno 2019, la tendenza è di una riduzione del 2,0% rispetto all’anno precedente mentre nello stesso periodo si è registrato una crescita del PIL pari allo 0,3%.
Si conferma, in linea generale, il disaccoppiamento tra l’andamento delle emissioni e la tendenza dell’indice economico. L’andamento stimato è principalmente dovuto alla riduzione delle emissioni per la produzione di energia elettrica (-4,0%), in particolare per la riduzione dell’utilizzo del carbone, e dalla riduzione dei consumi energetici anche negli altri settori, industria (-3,7%), trasporti (-0,6%) e riscaldamento (-1,8%).
Guardando, invece, il trend delle emissioni di gas serra degli ultimi 28 anni: nel 2018, le emissioni diminuiscono del 17% rispetto al 1990, passando da 516 a 428 milioni di tonnellate di CO2 equivalente e dello 0,9% rispetto all’anno precedente. La diminuzione è dovuta alla crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico) e all’incremento dell’efficienza energetica nei settori industriali. È questa la descrizione dello stato emissivo nazionale fornita da due rapporti, il National Inventory Report 2020 e l’Informative Inventory Report 2020, presentati dall’ISPRA.
Calano anche le emissioni del settore agricoltura (-13%), che costituiscono il 7% delle emissioni di gas serra, circa 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. La maggior parte di queste emissioni – quasi l’80% – deriva dagli allevamenti, in particolare dalle categorie di bestiame bovino (quasi il 70%) e suino (più del 10%), mentre il 10% proviene dall’uso dei fertilizzanti sintetici. Per il PM10 primario è il riscaldamento la principale fonte di emissione nel 2018, contribuendo al totale per il 54%. Non solo. Il settore, con un +41%, è l’unico che aumenta le proprie emissioni a causa della crescita della combustione di legna per il riscaldamento residenziale, mentre calano di oltre il 60% quelle prodotte dal trasporto stradale e rappresentano, nello stesso anno, il 12% del totale.