Cosa prevede il nuovo decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, per “Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione”, anche chiamato semplicemente come dl Sud. Il decreto-legge pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo stesso giorno da cui prende il nome è entrato in vigore il 20 settembre, ovvero il giorno successivo alla promulgazione.
Il decreto-legge, come intuibile dalla dicitura, nasce da diverse esigenze, quelle per il Sud, in modo da favorirne uno sviluppo economico e d’impresa, e per l’immigrazione. È composto da sei capi, prevede una somma di 50 miliardi destinati “a sostenere esclusivamente interventi per lo sviluppo” ripartiti nel modo seguente: l’80% al Sud e il 20% al Centro-Nord. I fondi fanno parte del periodo di programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, 2021-2027. Ciò viene scritto e previsto dal “Capo I”.
Il “Capo II” del dl Sud passa subito all’emergenza dichiarata dal Governo, ossia il problema dei tanti sbarchi sull’isola di Lampedusa. All’art. 8 si legge: “Al fine di fronteggiare la grave situazione socio-economica nell’isola di Lampedusa, determinatasi a seguito dell’eccezionale afflusso di cittadini provenienti dai Paesi del Mediterraneo”. In particolare, gli interventi per l’isola di Lampedusa e Linosa riguardano le infrastrutture, ossia nuove strade, impianti di depurazione per le acque reflue, nuovi edifici pubblici e opere di efficientamento per strutture pubbliche già esistenti. Tutte le operazioni sono finanziate dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, avente programmazione 2021-2027, per un limite massimo e non oltre al 2%. Dunque, non più di 800 milioni.
Al Capo successivo è prevista la Zes (Zona economica speciale) per il Sud che comprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna. Sarà attiva dal 1° gennaio 2024. La cabina di regia della Zes unica sarà variegata, in modo da avere una rappresentanza completa per ogni regione e ogni esigenza, “Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituita la Cabina di regia ZES, con compiti di indirizzo, coordinamento, vigilanza e monitoraggio, presieduta dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e composta dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, dal Ministro per la pubblica amministrazione, dal Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, dal Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, dal Ministro dell’economia e delle finanze, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministro delle imprese e del made in Italy, dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dal Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, dal Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, dal Ministro del turismo, dal Ministro della cultura, dagli altri Ministri competenti in base all’ordine del giorno, nonché dai Presidenti delle regioni”.
Il Piano per la Zes unica, previsto dal decreto-legge Sud, ha una programmazione e durata di tre anni, per ciascuna regione vengono individuati i settori dove intervenire. La Zona economica speciale sino ad ora è stata suddivisa regione per regione e, come nel caso della Sicilia, ripartita a sua volta in Zes per il territorio della regione orientale e occidentale. L’unione prevede delle agevolazioni per le imprese già esistenti o che vogliono insediarsi e avviare l’attività d’impresa.
Come previsto dall’art. 15, primo comma, chi vuole presentare domanda deve fare così: “Le imprese che intendono avviare attività economiche, ovvero insediare attività industriali, produttive e logistiche all’interno della ZES unica, presentano, allo sportello unico digitale di cui all’articolo 13, l’istanza, allegando la documentazione e gli eventuali elaborati progettuali previsti dalle normative di settore, per consentire alle amministrazioni competenti la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa, finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto”.
Al Capo V, “Disposizioni in materia di trattenimento presso i Centri di permanenza per i rimpatri e di realizzazione delle strutture di prima accoglienza, permanenza e rimpatrio”, all’art. 20 è prevista l’estensione del tempo massimo per il trattenimento dei migranti da 6 a 12 fino ai 18 mesi.
In dettaglio il testo del medesimo articolo: “La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi tre mesi. Qualora l’accertamento dell’identità e della nazionalità ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori tre mesi. Anche prima di tale termine, il questore esegue l’espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Il termine complessivo di sei mesi può essere prorogato dal giudice, su richiesta del questore, per ulteriori periodi di tre mesi e per una durata complessiva non superiore ad altri dodici mesi, nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento sia durata più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi”.
“Lo straniero che sia già stato trattenuto presso le strutture carcerarie per un periodo pari a quello di sei mesi può essere trattenuto presso il centro alle condizioni e per la durata indicati nel periodo precedente – prevede ancora -. Nei confronti dello straniero a qualsiasi titolo detenuto, la direzione della struttura penitenziaria richiede al questore del luogo le informazioni sull’identità e sulla nazionalità dello stesso. Nei medesimi casi il questore avvia la procedura di identificazione interessando le competenti autorità diplomatiche. Ai soli fini dell’identificazione, l’autorità giudiziaria, su richiesta del questore, dispone la traduzione del detenuto presso il più vicino posto di polizia per il tempo strettamente necessario al compimento di tali operazioni. A tal fine il Ministro dell’interno e il Ministro della giustizia adottano i necessari strumenti di coordinamento”.
All’art. 21 si dà sostanzialmente il via libera alla costruzione, là dove sia individuato il bisogno, di nuovi Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri). Infatti, in materia viene citato D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico sull’immigrazione, art. 10-ter e 14. I due articoli che regolano il funzionamento e la messa in piedi dei Centri di permanenza per i rimpatri. La progettazione e la realizzazione spettano al Ministero della Difesa.
Il comma 6 dell’articolo 21 destina fondi annui per il funzionamento delle strutture, e di fatto si tratta di un potenziamento: “È autorizzata la spesa di 1.000.000 di euro annui a decorrere dall’anno 2024 quale contributo al funzionamento delle strutture di cui al presente articolo e di 400.000 per l’anno 2023 per gli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento degli assetti tecnici connessi alle fasi preliminari correlate alla predisposizione delle aree, alla cantierizzazione, alla sicurezza e alla vigilanza”. Le risorse economiche per permettere l’operazione prevista dal sesto comma sono ricavate e sottratte al Fondo per interventi strutturali di politica economica. Il decreto-legge Sud in conclusione prevede le disposizioni finali e le firme.