“Ergastolo ostativo, su Parlamento incombe la tagliola della Consulta” - QdS

“Ergastolo ostativo, su Parlamento incombe la tagliola della Consulta”

Raffaella Pessina

“Ergastolo ostativo, su Parlamento incombe la tagliola della Consulta”

sabato 24 Settembre 2022

Al QdS parla Ferraresi (M5s), primo firmatario del ddl mai approvato. “Veti incrociati dei partiti, ora si dovrà ricominciare daccapo l’iter”

ROMA – Le lentezze burocratiche e i veti incrociati della politica hanno provocato di fatto la mancata approvazione di molti disegni di legge nazionali il cui iter era in corso proprio al momento della caduta del governo Draghi.

Tra le incompiute di questa legislatura vi è la riforma della disciplina che riguarda l’ergastolo ostativo, un particolare tipo di regime penitenziario previsto dall’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario che esclude dall’applicabilità dei benefici penitenziari (tra cui la libertà condizionale) gli autori di taluni reati particolarmente gravi elencati al comma 1 della medesima disposizione, “ove il soggetto condannato non collabori con la giustizia o tale collaborazione sia impossibile o irrilevante”.

A suo tempo la questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dalla Corte di cassazione, prima sezione penale e la Corte Costituzionale aveva sollecitato un intervento legislativo del Parlamento ritenendo l’attuale disciplina dell’ergastolo ostativo “in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione” (e dunque con il principio della funzione rieducativa della pena e dell’uguaglianza di fronte alla legge) e con “l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”, visto che fa della collaborazione “l’unico modo per il mafioso condannato di recuperare la libertà”.

La decisione critica della Consulta sull’ergastolo ostativo non era giunta però inaspettata: anche in due pareri resi dall’ufficio legislativo del ministero della Giustizia, quando ancora a guidarlo era Alfonso Bonafede, si evidenziavano le “notevoli possibilità” che la questione di costituzionalità fosse accolta. La Consulta, nella riunione del maggio scorso, aveva però dato un “ultimatum” al Parlamento: l’8 novembre di quest’anno.

Con la chiusura anticipata della legislatura romana i giochi si sono inevitabilmente complicati. Il Quotidiano di Sicilia ha sentito il parere del deputato M5s alla Camera, Vittorio Ferraresi, primo firmatario del ddl n. 3106, documento che insieme ad altri 3 (nn.1951,3184 e 3315) è andato a comporre il ddl finale n. 2574. Ferraresi si è detto amareggiato di quanto accaduto.

“La proposta era stata già approvata alla Camera dei Deputati – ha detto il parlamentare – dopo un anno di discussione ed approfondimento, il Senato l’ha tenuta qualche mese senza esitarla. Tra l’altro c’era la possibilità di arrivare al voto se i partiti si fossero accordati all’unanimità per discuterla, anche a camere sciolte. Purtroppo per veti incrociati di alcuni partiti non si è potuto discuterla. A breve, con la fine della legislatura, la proposta di legge decadrà. Con la nuova legislatura che si verrà a formare, ripartirà tutto da zero, ma con una tagliola della Consulta che sarà molto breve, perché i termini richiesti per l’esame di questa legge scadono l’8 novembre di quest’anno. Arrivati a quella data, la Consulta potrà decidere da sola su questa materia o dare ulteriore tempo al Parlamento”.

In tutto sono 1.271 i detenuti all’ergastolo ostativo. Non sono tutti mafiosi, ma anche terroristi e condannati per reati particolarmente gravi. Tra loro ci sono Giovanni Riina, figlio del capo dei capi di Costa Nostra e Leoluca Bagarella, finito in carcere nel 1995. Ma anche Michele Zagaria, capo clan dei Casalesi e Giovanni Strangio, affiliato alla ‘ndrangheta arrestato nel 2009. Ferraresi l’ha definita una situazione incresciosa ed incredibile: “La questione era già chiusa e avremmo potuto avere una legge, che la Consulta avrebbe comunque valutato, ma che sarebbe stata un tema importante per la legalità e per i cittadini. Era una azione in linea con le idee di Falcone e Borsellino. Ora speriamo che il nuovo Parlamento che verrà a formarsi sia in linea con questi pensieri e mantenga una linea altrettanto dura come era la nostra per non correre il rischio di rendere facile l’uscita dal carcere dei boss mafiosi. Il rischio lo avremo se la Corte dichiarerà la legge attualmente in vigore incostituzionale senza tenere conto del voto del Parlamento”.

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