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Eros e Priapo, Massimo Verdastro interpreta Gadda

Eros e Priapo, Massimo Verdastro interpreta Gadda

Penultimo appuntamento allo Spazio Franco dei Cantieri Culturali alla Zisa, con la rassegna Scena Nostra – il cuore oltre gli ostacoli, il focus sulla scena contemporanea che con successo ha animato la stagione degli appuntamenti teatrali a Palermo con le migliori espressioni del teatro contemporaneo nazionale: un programma variegato che ha alternato creazioni originali figlie dei tanti processi di residenza artistica che animano quotidianamente lo Spazio Franco e altre collaborazioni collaterali a livello regionale e nazionale, che hanno permesso la programmazione di grandissimi autori e interpreti che, in un paese (e una città) con un degno progetto culturale, avrebbero dovuto animare spazi ben più prestigiosi e dal profilo più istituzionale. Poco male per lo Spazio Franco, che delle mancanze di chi sarebbe chiamato a rispondere ai bisogni della città di artisti e pubblico ha fatto virtù, navigando liquidamente in ascolto tra le onde di un irrisolto vuoto produttivo e programmatico del teatro palermitano e siciliano.

Venerdi 6 maggio, Sabato 7 maggio (h 21.15) e Domenica 8 maggio (h 19.00), andrà in scena EROS e PRIAPO tratto dagli scritti di Carlo Emilio Gadda per una drammaturgia elaborata da Luca Scarlini e Massimo Verdastro, in quale dello spettacolo è anche regista e magnifico interprete.

Massimo Verdastro interpreta le pagine fiammeggianti di Carlo Emilio Gadda in una sua nuova versione teatrale: “Eros e Priapo, il libro delle furie”. In quest’opera il grande scrittore lombardo dà corpo alle sue rabbie più ingestibili, facendo i conti con l’ingombrante figura del Duce (articolato istericamente come “Ku-ce” dalle folle in delirio), di cui pure egli era stato plauditore. L’ambiente è quindi quello della Roma imperiale, distesa sepolcrale di marmi, di cui egli vuole descrivere la corruzione sempre più mortifera che ne trapela, con cortocircuiti visionari e violentissimi. Come ogni grande invettiva, anche questo testo nasce in primo luogo dalla necessità di mettere drasticamente in crisi la figura dello scrivente rispetto ai dati del reale, svelando un meccanismo di seduzione di cui è stato vittima. Il “bicchierante” che voleva fare figliare le donne per mandare i rampolli alla “guerra, guerra, guerra”, riuscì ad arrivare e a restare al potere grazie a un mix infernale di “patria, birri e femine”. E proprio come un politico Don Giovanni egli viene presentato, tra lampi neri di misoginia quasi isterica, che poi rientrano nei ranghi di una commedia di carattere. L’attualità di queste parole è assoluta: i metodi di vendita del consenso si sono affinati grazie al nuovo parco media, ma sono rimasti largamente identici e, senza forzare niente né alterare tono e misura, le frecce scritte a ridosso della Seconda Guerra Mondiale colpiscono anche i bersagli dell’oggi.

Massimo Verdastro, con la complicità della Compagnia Diaghilev e di Galleria Toledo, propone una nuova versione che si avvale delle preziose collaborazioni di Pier Paolo Bisleri per la creazione della scena e dei costumi e di Marcello D’Agostino per il progetto luci. Questa ennesima prova aggiunge quindi un’ulteriore testimonianza all’itinerario singolare di un performer che sceglie racconti abitati da molteplici identità, dando corpo a vari personaggi che sono sovente solo accennati come diversione da un itinerario principale e che pure animano decisamente un pensiero scenico in cui il confronto con le retoriche verbali è elemento centrale.

NOTE DI REGIA

Qualche anno fa, mentre lavoravamo alla drammaturgia dello spettacolo Supereliogabbaret-bestiario romano, Luca Scarlini mi suggerì di leggere Eros e Priapo di Carlo Emilio Gadda.
Subito mi colpì la lucida e spietata spirale linguistica e allo stesso tempo la caotica architettura di quel libro. Via via, durante la lettura, si aprivano – improvvise – pagine in cui la teatralissima scrittura produceva immagini così nitide e in successioni tanto dinamiche da sembrare un grande cinema verbale.

Le donne, gli uomini le cose, i luoghi, si stagliavano prepotentemente da quella Storia che condusse per ventun’ anni “il tempo migliore di una generazione… a vecchiezza a traverso il silenzio”. L’umanità ingannata, confusa e dolente, di cui Gadda stesso fa parte, viene osservata dallo scrittore con scientifica perizia e, potrei dire, morbosa dedizione, attraverso l’uso di una sorta di lente d’ingrandimento. Una lente che, per effetto dovuto, amplifica, deforma, annulla ed evidenzia le cose. Qui la parola, forse più che in altre opere gaddiane, esprime un sarcasmo, un risentimento, una rabbia, un dolore a momenti quasi insostenibili. Una parola che scaturisce da un vissuto drammatico, da una memoria storica che ci induce a riflettere, a capire, per non ricadere negli stessi errori-orrori del passato: “L’esperienza deve essere condotta a profitto, altrimenti si vagola, si vagola, bambocci sperduti verso il buio inane dell’eternità”.

Eros e Priapo è stato definito trattato, libello psicoanalitico, arringa, memoriale; sappiamo soltanto che Gadda ci restituisce una parola viva, crudele, appassionata. Per questo ho voluto praticarla sulla scena, nel tentativo di incarnare non solo quella folgorante parola, ma anche il pensiero di un uomo che con lucida contraddizione partecipa e osserva la fragilità, il dolore, la bellezza e la stupidità di un’umanità, purtroppo, ancora oggi in bilico.