ROMA – In Italia oltre un cittadino su due (56,6%) tra lavoratori autonomi, ha lavorato dopo aver percepito la prima pensione di vecchiaia. Tra i dipendenti, invece, la percentuale scende nettamente attestandosi al 7,3%. I dati dell’indagine sulle forza lavoro prodotti da Eurostat e raccolti sui pensionati di vecchiaia nel 2023, mostrano che nell’Unione europea una quota pari al 56,4% dei lavoratori autonomi ha lavorato dopo aver percepito la prima pensione di vecchiaia con numeri in linea con la performance italiana, mentre tra i dipendenti Ue la percentuale scende al 24,4% ma comunque ben più alta di quella del Belpaese. Valori significativi anche in termini prettamente numerici, visto che si tratta di oltre 2 milioni di individui solo tra gli autonomi.
Pensionati-autonomi che lavorano dopo la prima pensione
Tra i paesi dell’Unione europea, la percentuale di pensionati autonomi che hanno continuato a lavorare o sono rientrati nel mercato del lavoro è stata più elevata in Svezia (98,4%), Finlandia (88,0%) e Irlanda (87,7%). Sul fronte opposto, invece, è stato il più basso in Spagna (18,2%) e Grecia (20,3%), seguite dalla Slovenia (40,4%). Percentuali molto alte anche in Lituania (83,2%), Paesi Bassi (82,9%) ed Estonia (79,6%) in una classifica che vede dunque primeggiare le nazioni del Nord Europa e qualche realtà dell’Est. Tra i grandi Paesi, la Germania registra il 70,5% mentre la Francia si ferma al 54%. Tra i lavoratori dipendenti, invece, i numeri del Vecchio Continente sono molto variegati ma guidano sempre la classifica Paesi del Nord Europa o dell’Est: hanno continuato a lavorare o sono rientrati nel mercato del lavoro il 96,3% dei lavoratori dipendenti della Lettonia, l’85,6% di quelli Svedesi e il 78,5% di quelli Estoni. Chiudono la classifica Romania (4%), Grecia (4,2%) e Italia (7,3%) seguita a pochi passi dalla Spagna (7,7%). La Francia totalizza il 20% e la Germania il 32%.
Oltre la metà dei pensionati svolge un lavoro in Europa
Nel 2023 il 10,2% dei pensionati di età compresa tra i 50 e i 74 anni era occupato e una percentuale significativa di questo gruppo lavorava a tempo parziale: oltre la metà (57,0%) dei pensionati di vecchiaia occupati nell’Ue svolge un’attività a tempo parziale. Questo tasso era molto più alto di quello per coloro che non sono pensionati di vecchiaia (16,2%). Il lavoro a tempo parziale era più comune tra i pensionati di vecchiaia in tutti i Paesi dell’Unione europea. Tuttavia, tale percentuale varia notevolmente da nazioane all’altra. La Croazia ha registrato la percentuale più elevata di pensionati di vecchiaia a tempo parziale (89,4 %). La Croazia è seguita dalla Svezia (79,2%) e dal Belgio (78,0%). L’Italia registra un 37,7% di impiegati a part-time tra i pensionati di vecchiaia. Al contrario, la Bulgaria ha registrato la quota più bassa di occupazione a tempo parziale tra i pensionati di vecchiaia (9,2 %), penultima e terzultima Lituania (19%) e Lettonia (23,2%) . Germania e Francia viaggiano entrambe attorno al 69%, rispettivamente 69,3% la prima e 68,8% la seconda.
I non pensionati
Tra i non pensionati, che per Eurostat sono coloro che non percepiscono una pensione di vecchiaia perché non hanno raggiunto l’età pensionabile, che hanno differito la pensione di vecchiaia o non hanno diritto a una pensione di vecchiaia per altri motivi, in Italia solo il 16% (dei cittadini tra 50 e 74 anni) lavora part-time, nei Paesi Bassi la quota sale al 39,4%.

