Essere è l’esistente fare è l’agire - QdS

Essere è l’esistente fare è l’agire

Carlo Alberto Tregua

Essere è l’esistente fare è l’agire

mercoledì 01 Settembre 2021

Vivere, dunque, non è un merito né un demerito. È un dato di fatto incontrovertibile, a prescindere che si viva bene o male

Ognuno di noi esiste per il fatto che è stato concepito e vivrà la propria vita dal momento del parto fino a quando il corpo si spegnerà.
Vivere, dunque, non è un merito né un demerito. È un dato di fatto incontrovertibile, a prescindere che si viva bene o male, che si sia in buona salute o in cattiva salute, che si abbia un lavoro onorevole e desiderato o un altro che si fa solo per necessità (una iattura).

Una cosa è certa: la vita è una sola e bisogna utilizzarla al meglio, non certo in modo egoistico, ma pensando che tanti hanno bisogno di noi e quindi dobbiamo metterci a disposizione personalmente con il nostro tempo e con le nostre facoltà mentali per dare aiuto a chi ne necessita.
Certamente, in via preliminare, bisogna occuparsi di raggiungere quello stato di libertà che è la prima regola essenziale nella quale la persona umana trova la sua ragione di vivere. Per conseguenza, tutta l’attività di ognuno deve essere orientata a perseguire questo obiettivo.

Per raggiungere la libertà in senso assoluto, cioè senza alcun vincolo, è necessario raggiungere la libertà economica che consente di far fronte ai bisogni essenziali, i quali condizionano la vita se non sono soddisfatti. La conseguenza di quanto scriviamo è che ognuno debba mettercela tutta, faticando, sudando, sacrificandosi, proprio per acquisire la capacità necessaria a raggiungere quella meta: la libertà economica che è la premessa della libertà generale.

Tutto questo non è facile, però si può e si deve fare. Guai a chi vuole essere infingardo o accidioso e resta come un inetto a guardare le stelle o il sole o il mare senza far nulla, neanche togliersi una mosca dal naso.
è chiaro che in questo quadro solo le persone attive vivono veramente, le altre vivacchiano o disperdono la propria vita senza concludere nulla, il che è una vera iattura proprio perché, come prima si scriveva, di vita ce n’è una sola, almeno di vita materiale, perché poi (per chi ci crede) vi è la vita spirituale, quella che fa continuare la nostra anima o la nostra mente o comunque si chiami, a sopravvivere nel mondo dell’energia o, secondo le religioni, in un altro mondo che viene indicato verso l’alto, ma che in effetti non si sa dove sia.

Vivere per vivere non serve a niente, serve invece vivere facendo, cioè essere attivi, porsi degli obiettivi, cercare di raggiungerli in modo da ottenere la giusta soddisfazione che ognuno di noi ha il diritto di avere quando raggiunge una meta.

Intendiamoci, la meta non deve essere solo materiale, ma anche morale; non solo di interesse personale, ma soprattutto di interesse generale.
Tutti noi viviamo in una Comunità, la quale, per funzionare, ha necessità di darsi regole che poi deve rispettare. La prima regola è quella di esercitare il più possibile la propria libertà, ma con un limite tassativo: non limitare la libertà degli altri.

La conseguenza di quanto precede è che l’interesse generale deve sempre prevalere sull’interesse personale, col che gli egoismi vanno abbattuti o annullati, fermo restando che ognuno deve fare il possibile per raggiungere i propri obiettivi senza danneggiare gli altri.
Vivere in questo modo, facendo, non è semplice però è possibile.

Altra questione da evidenziare è che il fare deve essere positivo e buono perché anche chi commette malversazioni o reati, fa. È pacifico che il fare debba essere orientato verso obiettivi etici ed anche economici, però senza mai far male o danneggiare gli altri e cioé evitando ogni comportamento egoistico.

Avere chiara la strada che si vuole percorrere nella propria vita, che va usata al meglio – cioè in un ambito di tranquilla esistenza, anche se piena di un’attività forte che comunque deve essere disciplinata e ben frazionata fra tutte le cose che si vogliono fare – permette di darle un senso.

Solo vivendo attivamente, facendo cose buone, vi è una giustificazione del vivere, che è un dono del Creato nell’ambito di un’esistenza talmente breve che si può considerare “un lampo fra due periodi bui” come diceva Ennio Flaiano.

Quando si visita uno dei parchi giochi ove vi sono riprodotti i dinosauri, sui cartelli vi è scritto: “Settanta milioni di anni fa”. Questo deve far riflettere sull’insignificanza dei duemila anni appena trascorsi.
Così potremo capire meglio cos’è la vita.

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