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L’Europa è un mito molti non ci credono

L’Europa è un mito molti non ci credono
parlamento europeo

Serve una vera Unione

L’Unione europea è stata messa alla corda da eventi straordinari: il primo è la guerra russo-ucraina, nella quale si è schierata a corpo morto senza valutare adeguatamente i rimbalzi sotto il profilo economico, sociale e occupazionale. In queste settimane, dal radar della comunicazione, tale guerra è sparita, mentre gli/le ucraini/e continuano a morire, sia i soldati al fronte che i civili nelle città.

Trump ha spostato l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale sulla questione dei dazi, oscurando quasi del tutto la guerra citata. Non sappiamo se si tratti di una mossa strategica o tattica, ma di certo tale risultato è un dato inoppugnabile.
La questione si è surriscaldata nonostante le buone intenzioni delle delegazioni, ma ancora un progetto di tregua non è stato approntato, né dalle dichiarazioni ufficiali dei due contendenti, né dal padrone della situazione, cioè Trump.

Dal radar della comunicazione è anche sparita l’altra guerra: quella fra Israele e Hamas. Anche in questo caso vi sono centinaia di migliaia di vittime innocenti fra i civili di tutte le età. Sotto il profilo della crudeltà dell’azione non ci sembra differente quanto sta facendo la Russia da quanto fa Israele: ambedue hanno invaso altri territori. Forse, da un punto di vista dimensionale, maggiormente Israele; entrambe hanno ucciso centinaia di migliaia di civili e hanno subito fortissime perdite fra le proprie forze armate.

Da qualunque parte si guardino i due conflitti non vi è alcuna motivazione per proseguirli, per cui occorre chiuderli a qualunque costo. Ma, per farlo, bisogna discostarsi dagli industriali delle armi, che invece hanno tutto l’interesse affinché tali guerre proseguano per anni e anni, in modo da incrementare il loro fatturato e conseguire enormi profitti.

Torniamo all’Europa e alla sua incapacità di muoversi a livello internazionale. Questa è un’Unione debole, fragile, senza alcuna capacità di interpretare una linea politica saggia, ma forte, in grado di contrastare le iniziative che a suo tempo prese il presidente statunitense Biden e che ora ha preso l’attuale presidente Trump.

Non dobbiamo infatti dimenticare che la guerra russo-ucraina si poteva chiudere dieci giorni dopo l’invasione, con una conclusione che non sarebbe stata molto diversa da quella che si prospetta, eventualmente, oggi. Ma l’Unione europea si è appiattita sulla linea di Biden mettendo le sanzioni economiche alla Russia, che si sono rivelate un autentico boomerang.

Anche di fronte all’iniziativa sconsiderata di Trump, cioè quella di mettere i dazi su qualunque importazione americana, che è stata poi sospesa dallo stesso presidente per 90 giorni, l’Europa ha fin qui balbettato, dicendo che avrebbe applicato delle contromisure, ma in realtà non è in grado di farlo perché i propri ventisette Stati hanno interessi diversi, per cui si muovono in ordine sparso, tentando di contrattare con Trump.

Quest’ultimo ha avuto anche la tracotanza di dire che settanta Paesi gli baciano il c..o perché vogliono trattate (pregandolo) per ridurre i dazi.
Cosa avrebbe dovuto fare invece l’Unione europea, a parte ricambiare nella stessa misura i dazi americani? Adottare una politica di allargamento delle proprie esportazioni sui mercati mondiali, soprattutto quelli asiatico, africano, sudamericano e dell’Oceania.

Una politica economica di espansione nel mondo abbisognava di una Commissione forte, guidata da persone di grande energia e competenza, capaci di coinvolgere i ventisette capi di Stato e di Governo in un’azione espansiva che avrebbe dovuto prevenire questa sconsiderata iniziativa del presidente americano.

Ma ormai ciò che è fatto è fatto e non c’è che da prendere atto di questa debolezza cronica dell’Europa, che continua a balbettare, anziché riunirsi e prendere decisioni drastiche, del tipo di quelle indicate.
Non sappiamo come finirà questa gravissima vicenda e cosa accadrà dopo la “tregua”, ma certo è che l’andamento catastrofico delle Borse, il rallentamento previsto di tutte le importazioni e le conseguenti diminuzioni del Pil e dell’occupazione ci fanno vedere uno scenario molto nero. Nonostante ciò, vogliamo essere ottimisti.