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Europa-Regioni, in 6 contro revisione criteri fondo rurale

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Europa-Regioni, in 6 contro revisione criteri fondo rurale

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giovedì 01 Aprile 2021

Una posizione, quella del no, formalizzata in sede di Conferenza Stato-Regioni, dagli assessori all'agricoltura di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Umbria.

“Sei Regioni italiane fanno muro a difesa dei fondi per lo sviluppo rurale, esprimendo ferma contrarietà rispetto all’ipotesi di una revisione dei criteri di ripartizione dei fondi europei per le politiche di sviluppo rurale, disancorati dal parametro della storicità della spesa, come proposto dalle altre Regioni con l’avallo del ministero delle Politiche agricole e forestali. Una posizione, quella del no allo stravolgimento dei parametri attualmente in vigore, formalizzata in sede di Conferenza Stato-Regioni, al tavolo della Commissione Politiche agricole, dagli assessori all’agricoltura di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Umbria, che da sole rappresentano il 60% delle aree italiane interessate dal Psr”.

Lo riferisce un comunicato della Regione Calabria. “Nello specifico, attraverso una nota depositata agli atti dei lavori della Cpa, il sestetto – è detto nel comunicato – ha bollato come incomprensibile la proposta di ripartizione dei fondi formulata dal capo di Gabinetto del ministro.
Essa – si rileva – parte da un presupposto definito incontestabile, cioè che vi siano dei parametri per la ripartizione dei fondi Feasr che sia possibile definire oggettivi, quasi fossero elementi di verità scientifica in grado di rendere giustizia a tutte le Regioni. L’ipotesi logica da cui muove questa osservazione è che si tratti di un criterio in grado di allocare le risorse in maniera equa, essendo già stato utilizzato in altre occasioni, e cioè per l’applicazione delle risorse assegnate per il de minimis”.

“Siamo pronti a ragionare su nuovi meccanismi a partire dal 2023 – è detto in una nota congiunta degli assessori delle sei Regioni – ma non accettiamo colpi di mano tesi a cancellare la fase transitoria del biennio 2021-2022, che si tradurrebbe in una forte penalizzazione per regioni svantaggiate che, paradossalmente, sarebbero private proprio dei fondi destinati a garantire il riequilibrio strutturale, a vantaggio di zone già di per sé meglio attrezzate. Da un ministro presentatosi come pronto all’ascolto ed al dialogo ci saremmo aspettati ben altri atteggiamenti che far passare a colpi di maggioranza, e senza il preventivo coinvolgimento del Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale, un’iniziativa che fa a pugni con la logica, la ragionevolezza e la politica”.

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