Il Governo vuole inserire in uno dei suoi decreti una norma in base alla quale nessun imprenditore o professionista può incassare somme dalla Pubblica amministrazione o da soggetti diversi da essa, se non presenta il Durc e il Duf.
Cosa indicano questi astrusi acronimi? Il primo è un documento che attesta la regolarità dei contributi versati relativamente al proprio personale. Il secondo certifica la regolarità dei pagamenti fiscali che il soggetto deve effettuare.
A riguardo, è strano che le categorie professionali stiano protestando per l’intenzione del Governo e non se ne capisce la ragione, in quanto chi è in regola non ha alcuna difficoltà a presentare i documenti richiesti. Dovremmo allora pensare che la protesta nasconda la voglia di evadere? Neanche per sogno. Tuttavia, la questione rimane aperta e sarebbe opportuno che tutte le categorie professionali e imprenditoriali si concordassero con la macchina pubblica affinché tutti paghino imposte, tasse e contributi.
Evasione fiscale ed economia sommersa: numeri e responsabilità
L’evasione fiscale – per quanto si affini continuamente e per quanto la Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza faccia sforzi enormi – non si attenua, anzi aumenta. Tutti i rapporti e le stime parlano di oltre 180 miliardi di euro di economia sommersa e di 100 miliardi di imposte non riscosse, fra cui una trentina di Iva. Per cui, strumenti come il Durc e il Duf sono essenziali per dimostrare la regolarità dei comportamenti di imprenditori e professionisti.
Si dirà che il “nero” è fatto da soggetti che non sono professionisti né imprenditori, ma allora chi sono? Dei comuni malfattori, delinquenti, mafiosi, criminali; insomma, gente che va combattuta da cittadini e cittadine per bene ed espulsa dai consessi civili. Invece, non sentiamo in radio e televisioni, non leggiamo in giornali di carta e digitali, parole forti per condannare gli evasori; il che dimostra che vi è una sorta di connivenza tra una parte dell’Opinione pubblica e una parte della Stampa.
Controlli digitali, tenore di vita e soluzioni possibili
La questione è grave, ma non seria, direbbe Ennio Flaiano, perché dell’evasione fiscale e dell’economia sommersa se ne parla dal dopoguerra in avanti. Oggi, però, gli strumenti di controllo digitali e bancari esistono, sono sempre più sofisticati e precisi, possono incrociare miliardi di dati in pochi secondi e accedere ai conti correnti. È improbabile che qualcuno possa circolare con auto da settanta/ottantamila euro dichiarando un reddito di ventimila euro.
Purtroppo il metro del tenore di vita non è facilmente accertabile, perché bisognerebbe controllare ogni cittadino ed è evidente che questo è inattuabile. Così, l’evasione fiscale e contributiva continua a erodere il tessuto economico del Paese e l’economia sommersa nasconde, forse, cinque o sei punti di Pil.
Si può fare qualcosa per attenuare questo sconcio? Sicuramente sì. Una possibile soluzione è che cittadini e cittadine inseriscano nella Carta d’identità elettronica (Cie) una validazione fiscale digitale rilasciata dall’Ufficio delle imposte; mentre per le imprese esistono già il Durc e il Duf. A ciò va aggiunta un’ulteriore accentuazione dei controlli bancari.
Si tratta dunque di utilizzare pienamente tutti gli strumenti digitali e i nuovi software, formando adeguatamente il personale che deve utilizzarli. Quando c’è un guaio, di solito c’è anche un rimedio, basta volerlo. Ed è proprio qui che casca l’asino: i governi di tutti i tempi avrebbero dovuto – e dovrebbero – adottare mezzi efficaci ed equi per stanare gli evasori, anche se questi votano.

