È stato comunicato che lo Stato ha 1.200 miliardi di crediti per imposte non riscosse in questo scorcio di secolo, comprendenti anche residui del secolo precedente.
È una cifra enorme che cittadini/e disonesti/e (ma qualcuno bisognoso) non hanno pagato, con la conseguenza che lo Stato italiano ha dovuto emettere buoni del tesoro, la cui somma è arrivata, al 30 di settembre, a 3.082 miliardi.
Ora, è opinione comune che dei 1.200 miliardi ne sono riscuotibili forse cinquanta o sessanta, mentre il resto dev’essere mandato al macero: una perdita enorme per tutta la Comunità, della quale una parte ha fatto interamente il proprio dovere (dipendenti e pensionati), mentre un’altra parte (anche alcune partite iva) ha evaso in maniera spudorata.
Quindi è giusta l’iniziativa del Governo chiamata “Rottamazione” perché tenta di recuperare una parte dei crediti da imposte dei/delle cittadini/e evasori. Essi/e, esclusi i veri bisognosi, dovrebbero essere tacciati con l’unico aggettivo adeguato: disonesti/e.
Il Governo, come tutti i precedenti dalla riforma elettorale del 1994, non ha il coraggio di inserire nella carta d’identità elettronica (Cie) un codice che confermi la regolarità fiscale del/della cittadino/a cui la carta appartiene e in particolare se ha presentato o meno la dichiarazione dei redditi. Tutti/e coloro che non la presentano sono potenzialmente evasori per il semplice e deduttivo motivo che vivono, consumano e spendono.
Ma, sorge la domanda, se tali cittadini/e disonesti/e (e anche ladri/e) non hanno redditi, cioè entrate, come fanno a spendere ciò di cui non dispongono? Se fossero poveri ai sensi di legge probabilmente sarebbero alimentati dai centri assistenziali, fra cui la Caritas, però tali centri non assistono milioni di cittadini/e.
Allora l’ulteriore deduzione è che questi/e lavorano in “nero”, cioè svolgono attività per le quali non pagano imposte, ma utilizzano i servizi pubblici, fra cui quello sanitario, quello scolastico, quello anagrafico, quello di manutenzione delle strade, l’illuminazione, quello di pulizia e non solo, pagati da altri/e cittadini/e, che fanno il loro dovere.
Il codice fiscale apposto sulla Cie sarebbe indispensabile per accedere ai diversi servizi, fra cui quelli elencati prima. Per cui dovrebbe esserci una corrispondenza fra il diritto di utilizzare i servizi pubblici preceduto dal dovere di avere effettuato la dichiarazione dei redditi, automatica o volontaria, e pagato tutte le relative imposte.
Dunque, il Governo dovrebbe fare la propria parte nell’irrigidire i meccanismi di accesso ai servizi pubblici, obbligando tutti/e i/le cittadini/e a effettuare la dichiarazione dei redditi.
D’altra parte, questi vincoli isolerebbero i/le disonesti/e e li/e spingerebbero al di fuori del perimetro dei servizi pubblici. In altri termini, bisogna isolare gli/le incivili cittadini/e che lavorano in “nero”, anche perché così facendo si farebbe una lotta senza quartiere alla criminalità organizzata e non organizzata.
Ma ovviamente tutto questo passa per un eccellente funzionamento della Pubblica amministrazione, cosa che in atto non è, perché lascia le maglie larghe ove si infilano i/le cittadini/e disonesti/e.
Vi è un’altra questione, più volte ripetuta in questi commenti e che vi sottoponiamo ancora, che è la falsa notizia diffusa secondo cui in Italia vi sono cinque milioni di poveri.
Atteso che l’evasione viene stimata da più parti fra gli ottanta e i cento miliardi l’anno, si deduce che tutti/e quelli/e che sono considerati/e inesistenti dal fisco, tuttavia, svolgono attività economiche dalle quali provengono le loro entrate. Ma tutti/e costoro, non essendo iscritti/e all’anagrafe fiscale, risultano poveri/e e vanno ad ingrossare quella fila statistica che, appunto, per la ragione espressa, non è vera.
Se da un canto le stime dell’evasione prima indicate sono verosimili, bisogna dedurre, dall’altro, che all’incirca due milioni su cinque dei cosiddetti poveri non lo sono affatto. Allora smettiamola con questa manfrina e ristabiliamo la verità, necessaria per far capire ai/alle cittadini/e come stanno le cose, ovviamente a quelli/e che pensano con la propria testa e non con la testa degli altri.

