Il nostro Paese è uno dei più importanti esportatori del mondo, tenuto conto che è comunque di piccole dimensioni. Esso infatti copre una superficie di appena duecentocinquantamila chilometri quadrati e ha una popolazione ufficiale che si aggira intorno a cinquantanove milioni di abitanti.
Perché l’export italiano è così rigoglioso? Perché il sistema delle imprese, la genialità degli imprenditori e delle imprenditrici e le loro capacità hanno affascinato il mondo, per cui molti Paesi comprano merci e servizi italiani che sono di alto pregio e di alto valore, prodotti a prezzi competitivi.
Non si dà mai sufficiente merito al mondo delle imprese esportatrici, che con i loro fatturati sostengono l’economia del Paese e con le loro imposte alimentano il bilancio dello Stato, che poi però viene utilizzato con non sufficiente accortezza.
I dazi che il quarantasettesimo presidente degli Usa, Donald Trump, sta usando come una clava o, se volete, come oggetto di scambio verso tutte le Nazioni del mondo, ha un unico scopo proclamato: aumentare le entrate degli Stati Uniti.
Trump è furbo, ma non è un macroeconomista perché se lo fosse stato non avrebbe adottato questa sorta di clava, in quanto è noto che l’imposizione di dazi sull’importazione di merci e servizi è sempre uno strumento di depressione economica, perché corrisponde a una misura uguale e contraria a chi fa esportazioni, i quali imporranno i loro dazi, a loro volta, sulle importazioni.
Com’è noto, esiste la Wto (World trade organization), quella struttura internazionale che dovrebbe regolare i commerci di tutto il mondo, con la finalità precisa di eliminare progressivamente i dazi, in modo da lasciar fare al mercato senza quelle imposizioni che ne falsano gli equilibri e le regole.
Ma si sa che la Wto non ha mai funzionato e ora non funziona per niente. Diversamente Trump non avrebbe usato la clava dei dazi e questo marasma che c’è nei mercati mondiali non si sarebbe verificato.
Di fronte a questa minaccia del presidente statunitense, l’Unione europea ha dimostrato la sua fragilità perché è istituzionalmente diversa dagli Usa. Questi ultimi, formati da cinquanta Stati, con cinquanta governatori di colore politico diverso (repubblicani e democratici), hanno un vertice istituzionale che è il presidente, il quale ha poteri enormi, seppure bilanciati, come più volte abbiamo scritto, da Congresso e Corte Suprema.
L’Unione europea, invece, è un’insieme di ventisette Paesi con regole diverse, leggi diverse, modi di pensare diversi, che stentano moltissimo a trovare la sintesi quando è il momento di affrontare situazioni gravi come quella che stiamo analizzando, cioè l’imposizione sconsiderata dei dazi.
Trump ha rinviato al primo di agosto la definizione della questione. Non sappiamo se in questo tempo le parti, cioè Usa e Ue, riusciranno a raggiungere un punto di comune competenza e cioé il livello dei dazi reciproci.
In ogni caso, qualunque sia tale livello, è sempre dannoso. Tuttavia, è inutile sperare che i dazi non verranno imposti, perché Trump crede che questa manovra possa fare guadagnare migliaia di miliardi agli Usa e nessuno dei suoi consiglieri è riuscito a fargli capire che si tratta di un miraggio e non di una realtà. Infatti, anche se ciò si verificasse, dalla parte opposta vi sarebbe un’emorragia finanziaria e cioé l’imposizione dei dazi sulle esportazioni statunitensi.
Da qualunque parte si giri, la questione è scabrosa e non conveniente, ma si sa che con gli incompetenti è difficile discutere perché sono anche presuntuosi e ritengono di possedere il verbo della verità, che dovrebbe far capire loro come i dazi siano strumenti stupidi.
Non sappiamo come si concluderà questa vicenda, ma sappiamo che danneggerà tutti gli esportatori delle due rive dell’Atlantico. Non consideriamo le controversie di altre parti del mondo perché in questo momento non ci riguardano direttamente.

