Il fallimento della Regione - QdS

Il fallimento della Regione

Carlo Alberto Tregua

Il fallimento della Regione

giovedì 07 Ottobre 2021

Quattrocento milioni nel cestino

Il presidente della Regione ha dichiarato, nell’ottobre 2020, che il 70% dei dipendenti della Regione è “inutile”.
I sindacati dei dirigenti regionali, venuti al nostro Forum pubblicato il 18 maggio scorso, hanno riferito che i loro contratti di lavoro con la Regione risalgono al 2004/2005, cioè 16 anni orsono, salvo aggiornamenti per la parte economica.

Secondo la Corte dei Conti, la Regione siciliana ha circa dodicimila dipendenti, di cui quasi novecento dirigenti, contro i poco più di duemila dipendenti della Regione Lombardia, di cui circa trecento dirigenti.
Vero è che la Regione siciliana è onerata di altri compiti ma, al netto di questi, comunque ha un enorme quantità di personale, appunto “inutile”.

Questo è il quadro inoppugnabile che riguarda la Regione siciliana, massima istituzione che dovrebbe essere la locomotiva di crescita dell’intero popolo isolano, ma che invece è una palla al piede. Lo dimostra il fatto che dal 2000 al 2019 il Pil della Sicilia è crollato da 91 a 86 miliardi.

Dal che sono ovvie le responsabilità degli ultimi presidenti della Regione, da Cuffaro a Lombardo a Crocetta e, per ultimo, Musumeci. Quando la macchina burocratica è in panne, senza un Piano organizzativo dei servizi (Pos), senza la formazione continua del proprio personale, senza la estesa e rapida digitalizzazione di tuti i servizi centrali e periferici, il risultato non può che essere la decrescita o, comunque, nessuna crescita.
La situazione è drammatica. Non perché è arrivato il Covid-19, anche se questo l’ha aggravata, ma perché l’immobilismo degli ultimi vent’anni ha messo sempre più in difficoltà l’economia regionale e tutti i siciliani.

È chiaro che la responsabilità è anche di questi ultimi, che hanno eletto una classe politica inadeguata, più interessata alle beghe che a predisporre piani di sviluppo poliennale, con obiettivi di crescita ben determinati.
Abbiamo pubblicato, già da qualche mese, un identikit dei candidati alla Presidenza della Regione, che trovate anche nelle pagine interne.

Appoggeremo il candidato che spiegherà dettagliatamente come intenda fare per far crescere il Pil della Sicilia nei cinque anni della prossima legislatura.

Ovviamente le spiegazioni dei candidati presidente dovranno essere tecnicamente supportate da elementi concreti e credibili. Non possono essere il solito bla, bla, bla che contraddistingue il ceto politico, utile a ingannare i cittadini per chiedere il loro consenso.
La valutazione del percorso indicato non sarà fatta solo da noi, ma anche dai numerosi economisti che il nostro quotidiano ospita regolarmente e sulla cui attendibilità c’è poco da discutere.

È ovvio che al primo punto per sbloccare questa situazione ammalata c’è la riforma della burocrazia, sulla base, ripetiamo, di un Pos completo ed esauriente, con cui si inseriscano i valori di merito, responsabilità e produttività.

La triste vicenda dei quattrocento milioni in progetti per il Pnrr dell’assessorato all’Agricoltura, bocciati dal ministero per le Politiche agricole, è emblematica. Com’è possibile che dirigenti e assessore abbiano firmato e inviato tali progetti non conformi alle regole europee? Ciò dimostra un’incompetenza inaudita.

Ebbene, di fronte a un episodio di questo genere, il presidente della Regione dovrebbe licenziare in tronco quei dirigenti che hanno firmato tali progetti. Se essi poi faranno causa, si vedrà.

C’è bisogno di un segnale forte, per far capire a questa truppa di dodicimila persone – fra le quali però ve ne sono centinaia di migliaia di brave, capaci, morali e di buona volontà – che il vento è cambiato e chi non sta nei binari della regolarità, della professionalità e della competenza viene licenziato.

La scusa ricorrente che l’età media del personale è avanzata deve essere bandita, perché i presidenti degli ultimi vent’anni avrebbero dovuto mettere in campo corsi di formazione continua per valorizzare dirigenti e dipendenti, mentre hanno lasciato correre: questo è il risultato.

C’è chi ha lanciato la speranza di una crescita del Pil cinese. Si tratta proprio di speranza, perché non vi è alcun elemento reale per cui questa possa concretizzarsi.

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