Non v’è dubbio che il ruolo di capo-mandamento di Pagliarelli facesse gola a Salvatore Sorrentino, il quale, anche in virtù della sua posizione verticistica ricoperta all’interno della famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia e dell’indiscussa delega a rappresentarlo assegnata al figlio Vincenzo, riusciva a mantenere non solo il proprio ruolo ma anche il suo ascendente nei confronti del vertice della struttura verticistica del mandamento Pagliarelli.
Dalla lettura delle intercettazioni operate dalla GdF con il supporto della Polizia Penitenziaria emerge come Sorrentino in più occasioni sollecitasse il figlio Vincenzo a non trovarsi mai nella condizione di subalternità nei confronti di Giuseppe Calvaruso, ritenuto reggente del mandamento di Pagliarelli dopo l’arresto di Settimo Mineo e suo diretto concorrente al ruolo apicale del sodalizio mafioso che, in diverse occasioni, aveva messo in atto atteggiamenti d’ingerenza all’interno del territorio direttamente controllato dalla famiglia Sorrentino.
A tal fine, tutte le iniziative in atto evidenziano come la famiglia mafiosa avesse stretto la morsa del controllo del territorio. A questo proposito l’attività investigativa ha documentato il sistematico ricorso di commercianti, imprenditori e abitanti del quartiere Pagliarelli alla famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia, che sarebbe stata interpellata per le più diverse ragioni connesse al funzionamento delle dinamiche economiche del territorio, dall’ottenimento di autorizzazioni all’apertura di attività commerciali, al reperimento di risorse finanziarie finalizzate a sostenere iniziative imprenditoriali locali (anche a causa della grave crisi provocata nel biennio 2020-2021 dalla pandemia Covid), fino ad arrivare alle richieste di intervento motivate dalla necessità di rispondere alle istanze di giustizia mosse a fronte di condotte lesive dei diritti di singoli cittadini.
Tali cointeressenze avrebbero determinato delle importanti distorsioni del mercato in quei territori, determinando l’insorgere di complessi e consolidati sistemi di controllo economico esercitati da Cosa Nostra sul Villaggio Santa Rosalia, dove infatti è stata documentata l’esistenza di un contesto socio-ambientale notevolmente compromesso dalla connivenza con la cultura mafiosa, ancora in grado di condizionare un’estesa platea, della popolazione locale, che ad essa si rivolgerebbe in funzione di alternativa alla presenza statuale.
Attraverso gli accertati penetranti e consolidati meccanismi di controllo economico del territorio Cosa Nostra risultava essere stata in grado, nei decenni, di condizionare radicalmente il tessuto produttivo con l’avallo (con valore di autorizzazione) rilasciato dal capofamiglia Salvatore Sorrentino in relazione all’avvio di alcune iniziative imprenditoriali da parte di soggetti contigui al sodalizio mafioso; di esercitare il controllo mafioso dell’autorimessa “New Parking“, formalmente intestata a Serafino Moscatello ma di fatto riconducibile all’uomo d’ore del Villaggio Giampiero Scozzari; con la riconducibilità del “Basile164 Bar e Gastronomia”, l’ex “bar HRDY“, con annesso corner per la raccolta di scommesse sportive alla famiglia del Villaggio e intervento del capofamiglia Salvatore Sorrentino per impedirne la cessione.
E ancora: con il pizzo riscosso dal titolare del “Panificio Pizzeria Panineria da Vituccio“, già sequestrato alla famiglia Sorrentino e poi sottoposto ad amministrazione giudiziaria; nella gestione delle diatribe relative all’avvio di una nuova attività economica in via Carmelo Lazzaro angolo via Pietro Messineo con l’intervento di Vincenzo Sorrentino per l’apertura del “Tigre Caffe“; con l’autorizzazione mafiosa per l’avvio di un nuovo progetto imprenditoriale finalizzato all’apertura di un nuovo bar/caffetteria in via Madonia angolo via Li Bassi e con l’intervento di Vincenzo Sorrentino, supportato dall’imprenditore contiguo a Cosa Nostra Morris Morgan Cardinale per l’apertura del “Coffee Village”; con l’acquisizione e nuova gestione del più antico forno del Villaggio Santa Rosalia, “Antica Panetteria”, da parte di Vincenzo Sorrentino con il contributo dell’imprenditore a disposizione Francesco Trifiro’; con il capillare controllo della famiglia mafiosa sulla rete di venditori ambulanti di prodotti di panetteria distribuiti nel territorio di Pagliarelli e nei principali mercati palermitani di Ballarò e del Capo esercitato attraverso il coordinamento svolto da Francesco Trifirò; con l’acquisizione e nuova gestione della “Pizzeria e Polleria del Civico” da parte di Vincenzo Sorrentino con il contributo dell’imprenditore compiacente Serafino Moscatello; con il capillare controllo della distribuzione all’ingrosso di fiori nelle principali aree cimiteriali palermitane, i cimiteri di Sant’Orsola e dei Rotoli attraverso la scelta delle imprese fornitrici gradite alla famiglia mafiosa e l’assegnazione del ruolo di supervisione a Andrea Ferrante e Roberto Barbera; con l’esercizio del controllo mafioso sulla gestione del bar/biliardo “Briatore Cafè” e intervento di Andrea Ferrante e Roberto Barbera per tutelare gli interessi economici del sodalizio mafioso.
I Sorrentino controllavano anche l’area oltre i confini del Villaggio Santa Rosalia, esercitato attraverso la posizione predominante di Giovanni Cancemi con il contributo di imprenditori compiacenti, con l’acquisizione del nuovo “Panificio Pollicino” e dei relativi immobili, disposta dal capo famiglia Salvatore Sorrentino e realizzata dalla famiglia Maniscalco; con l’acquisizione da parte della famiglia Maniscalco di alcuni immobili siti in via Piave per la realizzazione di autorimesse grazie all’intervento dei vertici della famiglia mafiosa del Villaggio; con il controllo mafioso di altre attività di commercio al dettaglio di prodotti alimentari quali panetteria, frutta e verdura, da parte della famiglia Maniscalco con modalità monopolistiche proprio grazie al sostegno della famiglia mafiosa del Villaggio.
Personaggio di non secondaria importanza, Salvatore Rubino ha, inizialmente, avvallato sul territorio la scelta di Salvatore Sorrentino di nominare il figlio Vincenzo suo formale sostituto in tutti gli affari per poi diventare determinante per lo sviluppo e il raggiungimento di diversi obiettivi, garantendo la continuità della penetrazione mafiosa nel Villaggio.
Esempio, come si legge sull’ordinanza sul blitz antimafia odierno, è la registrazione dell’apertura del corner annesso all’esercizio commerciale “Basile 164 Cafè Bar Gastronomia” sotto il marchio SNAI. Ciò si rese possibile grazie all’impegno di Salvatore Rubino nel rimuovere il blocco del diritto assicurato per la raccolta dei giochi scommesse che SNAITECH s.p.a. aveva imposto nei confronti di Fabrizio Accardi in quanto quest’ultimo non aveva provveduto a riversare gli introiti dovuti al concessionario per la raccolta delle scommesse effettuata in quei mesi. Il Rubino era intervenuto presso i vertici SNAI ed in particolare presso il direttore commerciale Pierpaolo Antonelli, concordando con lui un progetto imprenditoriale che potesse garantire la prosecuzione dell’attività da un lato preservando l’interesse di SNAITECH a recuperare i crediti vantati, dall’altro consentendo alla famiglia mafiosa del Villaggio di rimpiazzare Accardi nella gestione del corner, inserendovi altri soggetti contigui al sodalizio in modo da poter riprendere il controllo per interposta persona.
Nell’ambito di una serie d’intercettazioni autorizzate durante le visite ricevute da Salvatore Sorrentino, è emersa la necessità di analizzare i contenuti della corrispondenza tra Sorrentino e Morris Morgan Cardinale, vista l’esistenza di un fitto scambio epistolare tra i due. L’attività d’indagine permetteva di ipotizzare che all’interno di tale frequente scambio di corrispondenza potessero celarsi disposizioni concernenti la gestione delle dinamiche mafiose insistenti sul Villaggio Santa Rosalia. In tale prospettiva si era dunque rivelata strategica la funzione di Morris Morgan Cardinale quale fidato portavoce di Salvatore Sorrentino e più in generale degli interessi di quel versante della consorteria mafiosa.
Destinatario di grande fiducia da parte di Salvatore Sorrentino, anche Morris Morgan Cardinale garantiva che insistesse su quel territorio un capillare ed efficace controllo economico e commerciale esercitato dalla famiglia del Villaggio Santa Rosalia. Uno dei suoi compiti era quello di assicurarsi, anche grazie a spregiudicate operazioni imprenditoriali, che fosse impedito l’insediamento nella rete commerciale del Villaggio di imprenditori provenienti da altre aree e dunque estranei alle dinamiche economico-mafiose di quel territorio.
Le indagini dimostrano l’esistenza di possibili accordi tra l’articolazione mafiosa dell’Arenella-Vergine Maria e quella del Villaggio Santa Rosalia volti a estendere il controllo della distribuzione dei fiori da parte di quest’ultima famiglia anche all’esterno del territorio di propria influenza, con specifico riferimento all’area cimiteriale dei Rotoli. Le attività tecniche permettevano di acquisire ulteriori elementi di riscontro rispetto a quest’ultima ipotesi investigativa, documentando la riconducibilità di alcune rivendite di fiorai ricadenti nella zona del “Cimitero dei Rotoli” di Palermo alla famiglia Lo Cicero-Tarantino, storicamente al centro delle dinamiche imprenditoriali-mafiose delle famiglie di dell’Arenella-Vergine Maria e Acquasanta, con un ruolo egemone nell’area territoriale e nell’indotto economico riconducibile al predetto cimitero.
Nell’elenco della corrispondenza, in entrata e in uscita, di Salvatore Cardinale emerge una richiesta, quella relativa all’invio della nota rivista specializzata in fatti di cronaca denominata “S” che si occupa principalmente di criminalità organizzata di stampo mafioso con particolare specificità del territorio siciliano. Vincenzo Sorrentino, invece, effettuò per il padre, l’abbonamento alla testata giornalistica “Il Giornale di Sicilia”.