Operazione Villaggio Santa Rosalia, chi è Salvatore Sorrentino

Gli ordini dal carcere e la “rete” mafiosa: così Salvatore Sorrentino gestiva Villaggio Santa Rosalia

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Gli ordini dal carcere e la “rete” mafiosa: così Salvatore Sorrentino gestiva Villaggio Santa Rosalia

Roberto Greco  |
martedì 27 Giugno 2023

Ecco chi è il vertice del clan mafioso palermitano smantellato nelle scorse ore con un'importante blitz antimafia.

Le indagini della Guardia di Finanza hanno riguardato la famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia, mai individuata fra quelle componenti il mandamento di Pagliarelli. Tale individuazione ha dato contezza di una nuova suddivisione del territorio: la prima coincidente, in gran parte, con il quartiere e la seconda, che comprende la porzione che, dal versante occidentale di viale Regione Siciliana si estende nell’entroterra, quella più propriamente detta Pagliarelli.

La famiglia mafiosa di Villaggio Santa Rosalia, nel tempo, ha assunto sempre maggiore rilevanza divenendo un vero e proprio gruppo di potere finalizzato, anche, a raggiungere l’obiettivo di essere considerata alla stregua delle altre famiglie mafiose del mandamento e assumendo la capacità di non subire particolare limitazioni neppure dai vertici del mandamento di Pagliarelli di cui fa parte.

La figura apicale di Salvatore Sorrentino

Detto “Salvino” ma anche “lo studentino”, Salvatore Sorrentino possiede un curriculum criminale di tutto rispetto. Nipote di Francesco Paolo Barone, appartenente alla famiglia di Pagliarelli e reggente pro tempore del mandamento, aveva coltivato rapporti privilegiati, tanto da essere autorizzato a interloquire direttamente con Sandro Capizzi in merito alle questioni relative alla gestione della “cassa” della famiglia Pagliarelli. Arrestato nel 2005 in quanto ritenuto organico al mandamento Pagliarelli, era stato assolto e scarcerato. Nel 2008, a seguito dell’attività investigativa denominata “Addiopizzo” era stato nuovamente arrestato con l’accusa di “aver fatto parte della famiglia mafiosa di Villagrazia di Palermo occupandosi, in particolare, della zona di Villaggio Santa Rosalia” e condannato alla pensa di 8 anni, 5 mesi e 10 giorni per associazione per delinquere di stampo mafioso.

È stato, dopo la sua scarcerazione a seguito dell’espiazione della pena, indiziato e condannato in primo grado a seguito dell’operazione “Cupola 2.0”, per “aver diretto la famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia ricadente nel mandamento di Pagliarelli, relazionandosi costantemente con Settimo Mineo al fine di gestire tutte le attività delittuose poste in essere sul territorio di appartenenza”.

Nonostante l’attuale stato di detenzione, le indagini hanno permesso di stabilire che Salvatore Sorrentino ha continuato a ricoprire un ruolo di vertice all’interno della famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia gestendo “in maniera occulta le complesse dinamiche economiche di quella specifica ripartizione del mandamento di Pagliarelli”.

La caratura e il carisma criminale di Salvatore Sorrentino sono dimostrati, dicono gli investigatori, proprio dal riconoscimento del suo ruolo, seppur detenuto in carcere, e dall’autonomia di aver potuto nominare autonomamente come supplente e alter ego il figlio, Vincenzo Sorrentino, incaricandolo di portare avanti gli interessi comuni della famiglia mafiosa e di intrattenere, in sua vece, rapporti con gli altri esponenti mafiosi di spicco dell’organizzazione mafiosa del territorio e, principalmente, con “il reggente del mandamento Giuseppe Calvaruso e con il suo alter ego Giovanni Caruso”, scrivono gli investigatori. Il suo ruolo direttivo è stato, peraltro, confermato dalle dichiarazioni rilasciate, nel tempo, da numerosi collaboratori di giustizia, quali Rosario Marotta, Giovanni Vitale, Angelo Casano, Giuseppe Calcagno, Salvatore Giordano e Emanuele Andronico che confermavano tale ruolo. Secondo quanto dichiarato dal neo-collaboratore di giustizia Filippo Bisconti, risulta evidente il ruolo apicale occulto di Sorrentino all’interno del mandamento di Pagliarelli tanto che, racconta il collaboratore, lo stesso Settimo Mineo lo avesse indicato come suo possibile successore in alternativa a Giuseppe Calvaruso detto “u curtu”.

Le videochiamate dal carcere al tempo del Covid

Durante la recente pandemia Covid, il capofamiglia ha sfruttato i video-colloqui dal carcere per mantenere attiva la sua presenza sia sul territorio sia nei processi decisionali indirizzando le videochiamate a soggetti del suo entourage fiduciario, meccanismo che gli ha consentito di impartire direttive specifiche finalizzate a tutelare i propri interessi e quelli del sodalizio mafioso e di mantenere la direzione della famiglia, colloqui cui ha partecipato, pur non potendo partecipare, Leonardo Marino, sodale cardine del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti.

Il traffico e lo spaccio di droga, il ruolo di Leonardo Marino

L’inserimento nell’organico della famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia di Leonardo Marino è frutto di una scelta di Salvatore Sorrentino, che gli ha affidato “incarichi di responsabilità nella gestione delle dinamiche interne a quell’organizzazione mafiosa anche con i vertici del mandamento di Pagliarelli” e affidandogli l’autonoma gestione di una propria consorteria criminale dedica al traffico e allo spaccio di droga, con l’autonomia di “gestire la fase di contrattazione, acquisto e importazione di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti grazie a trattative condotte in prima persona con fornitori calabresi nonché di gestire e rifornire piazze di spaccio in diverse zone della città”.

Il ruolo di Vincenzo Sorrentino, il figlio del capofamiglia

Grazie all’avvallo del padre Salvatore, Vincenzo Sorrentino ha attuato diverse iniziative imprenditoriali sul territorio, riguardanti sia l’acquisizione sia l’avvio di nuove attività economiche intestate a soggetti prestanome o a imprenditori contigui al sodalizio mafioso. In tali occasioni, Vincenzo Sorrentino si arrogava il diritto di concedere l’autorizzazione mafiosa, come nel caso del più antico panificio del quartiere Villaggio Santa Rosalia denominato “Antica Panetteria”, in via Montegrappa 7, la cui gestione è affidata a Francesco Trifarò, già autore di diverso reati fra i quali furto aggravato e violazioni contro la salute pubblica nel settore alimentare.

L’autorevolezza di Vincenzo Sorrentino sul territorio ha permesso un “penetrante e capillare controllo economico-territoriale” anche grazie alla gestione, per il tramite di Francesco Trifarò, di un’articolata rete di venditori ambulanti, dell’esercizio commerciale “Pizzeria-Polleria del Civico” sito in via Carmelo Lazzaro 31/c, dell’esercizio commerciale “Tigre Caffè”, attività al dettaglio di caffè torrefatto, bevande e minimercato, la nuova caffetteria-gelateria denominata “Coffee Village” in via Madonia angolo via Li Bassi.

Seppur in carcere, Salvatore Sorrentino ha avvallato l’avvio di diverse iniziative economiche destinate a inquinare il marcato e a acquisirne il predominio. Tra queste quella di Carmelo Ballotta, presidente del consiglio di Amministrazione della società cooperativa “Jolly Pa”, per la gestione dei bar interni alle strutture universitarie, quella di Pietro Maggio per l’acquisizione di una tabaccheria e di Antonino Maniscalco e dei suoi figli Francesco e Antonino, per l’apertura di un centro scommesse. Grazie a Paolo Maniscalco, storico fiancheggiatore della famiglia, Salvatore Sorrentino avrebbe messo in atto una rete di efficace potere sul controllo economico del territorio acquisendo diverse unità immobiliari in via Piave e il “Panificio Pollicino” in via Piemonte.

La cassa comune della famiglia mafiosa

Grazie ai contatti mantenuti dal figlio Vincenzo, il Sorrentino ha demandato ai sodali Maurizio Sanfilippo e Morris Morgan Cardinale, la gestione delle cassa comune alimentata con le risorse finanziarie della famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia con la finalità di garantire continue fonti di finanziamento per le diverse iniziative imprenditoriali di interesse per il sodalizio mafioso.

Il geometra al soldo della famiglia di Salvatore Sorrentino

Professionista noto alle indagini per la sua contiguità con il sodalizio mafioso e per l’intervento anche in altre attività imprenditoriali di interesse per l’articolazione mafiosa, Salvatore Verchio, di professione geometra, è risultato strettamente legato agli esponenti mafiosi del mandamento di Pagliarelli tra i quali, oltre a Salvatore Sorrentino, Giuseppe Caruso e Giuseppe Calvaruso. Grazie proprio al geometra Verchio, l’interesse di Salvatore Sorrentino si era posato sulla nascente attività bar-tabacchi dislocato all’interno di un distributore di carburante sito in viale delle Scienze.

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