Il faticoso impegno dei tuttologi disimpegnati - QdS

Il faticoso impegno dei tuttologi disimpegnati

Il faticoso impegno dei tuttologi disimpegnati

Salvo Fleres  |
mercoledì 15 Maggio 2024

Il fenomeno dei tuttologi: un'analisi sull'universo di coloro che si sentono in grado di esprimere opinioni su qualsiasi argomento

Non hanno mai un minuto, non possono di certo perdere tempo per capire o approfondire le varie questioni, devono essere sempre pronti a dire la loro su tutto: sul calcio, sulle epidemie, sulle diete, sull’economia, sulla politica interna, sulla politica estera, su Sanremo, sulle nuove tendenze della moda, sull’outfit delle attrici di Cannes, sulla giustizia, sulla burocrazia, sulla destra, sulla sinistra, sul centro ch’era bello quando c’era, ma com’è bello adesso che non c’è, anzi, ora che ce ne sono tre e forse trentatré. In effetti, per loro, il lavoro non manca, soprattutto quando si riesce a parlare di qualsiasi cosa, pur non avendo alcuna competenza specifica su nulla. Mi riferisco all’impegno dei tuttologi disimpegnati. È un impegno, perché guai a restare indietro su qualche argomento, dato che si rischierebbe di passare per boomer, e guai a sostenere posizioni in controtendenza, in quanto si potrebbe restare fuori dal branco.

I tuttologi inondano l’etere, internet, i quotidiani e l’universo mondo

Probabilmente, ci sono sempre stati, ma ora c’è internet e la loro presenza si nota sempre di più. Eppure, il contraddittorio moderno, quello che si fa sui profili o sui blog un po’ di tutti noi, quello che spesso supera il limite della decenza, forse ci fa un po’ rimpiangere quei silenzi misti al dubbio di quando eravamo ragazzini. Qui non si tratta di voler inneggiare alla minor libertà dei tempi passati. La libertà va difesa sempre, ma bisogna saperla utilizzare, coniugandola con la responsabilità, dunque, in particolare, con la competenza, anche perché, all’epoca delle nostre prime avventure, una partita di pallone o un giro a nascondino mettevano tutto nel dimenticatoio. In quegli anni un sorriso seppelliva ogni monito della nonna o della mamma, limitando i danni dell’immancabile cucchiaio di legno che lei utilizzava meglio di uno scettro o di una scimitarra. Dopotutto, quel rotear di utensili da cucina era un avviso a fin di bene.

Adesso, invece, nella finzione contemporanea, un avvertimento potrebbe rivelarsi una pugnalata alle spalle. Perciò, per far buon viso a cattivo gioco, o magari per evitare di dare una rispostaccia ad un amico d’infanzia che ha esagerato o ad un provocatore più idiota del solito, reagiamo con una risata, con una battuta o con una citazione aulica, che magari non c’entra niente, ma che ci fa uscire dall’imbarazzo. Si tratta di una sorta di exit strategy, ma non ha lo stesso effetto beatificante di una bella risposta a tono, come il nostro interlocutore meriterebbe. Insomma, quando ci si imbatte in un tuttologo, non ci resta che affidarci agli strumenti offerti dai social, sorrisini e faccine comprese. Oppure conviene farsi illuminare da una scintilla in mezzo al buio, ricorrendo ad una foto sorridente o ad un bel piatto di pasta alla norma.

Il problema, però, non è quello della libertà di opinione

Il problema, però, non è quello della libertà di opinione, quella nessuno la tocca, ci mancherebbe. Magari se le opinioni fossero pure supportate, e di solito non lo sono, sarebbe meglio, tuttavia di fronte alle opinioni c’è solo da prenderne atto e limitarsi a condividerle o meno. I guai cominciano quando, invece, vengono spacciate per fatti inconfutabili e difese come verità rivelate, mentre sono soltanto stupidaggini o bufale della peggiore specie, amplificate da tuttologi, anzi, da tuttologi disimpegnati, buoni a straparlare, ma per nulla pronti ad essere consequenziali, abbracciando l’impegno civile, dal quale restano sempre parecchio lontani.

Le opinioni, anche le meno logiche e le più campate in aria, sono assolutamente legittime, ciò che risulta dannoso, invece, è il disimpegno che, di solito, vi si accoppia, sottraendo spazio al buonsenso, alla competenza, alla voglia di partecipare per cambiare. Perché è solo partecipando che si può sperare che si possa cambiare qualcosa ed oggi cambiare è assolutamente necessario, magari riuscendo a conservare ciò che di buono meriti di essere salvato. In caso contrario, l’unico spazio che ci resterà non sarà quello che la Costituzione italiana affida ai cittadini, al “Popolo sovrano”, ed alle Istituzioni che ne sono espressione, ma quello delle polemiche sul nulla che si sviluppano nei profili di ciascuno di noi. Confesso che un Paese fatto di leoni da tastiera e di consumatori invece che di persone libere, consapevoli e senzienti non mi affascina affatto, anzi, mi preoccupa tantissimo.

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