La violenza contro le adolescenti nelle relazioni di coppia esiste. Perché esiste il femminicidio tra giovani. Un fenomeno sottovalutato, praticamente ignorato. L’analisi dell’esperta, Karin Guccione
Il fenomeno della violenza tra i giovani appare sempre più diffuso negli ultimi anni, in Italia e non solo. Le coppie, spesso, ne sono protagoniste. I terribili casi registrati nel 2021 ne sono l’emblema ed alcuni hanno toccato anche la Sicilia: dal brutale omicidio di Roberta Siragusa, la diciottenne assassinata e data alle fiamme dal fidanzato a gennaio a Caccamo, fino all’accoltellamento della ragazza di Palermo avvenuto una settimana fa ad opera del compagno ventitreenne rinvenuto morto sul tetto dell’ospedale in cui era stato ricoverato e sottoposto agli arresti domiciliari dopo l’aggressione.
È proprio quest’ultimo caso a
gettare l’ennesimo allarme tra gli esperti, in quanto mette in mostra,
da un lato, il comportamento di dominazione e controllo che sovente sfocia
in femminicidio e, dall’altro lato, il disagio che troppo
spesso si nasconde nelle personalità degli appartenenti alle nuove
generazioni.
A parlarne, al QdS, è stata Karin
Guccione, psicologa e psicoterapeuta con una ampia esperienza nel
trattamento di problematiche giovanili che opera nelle scuole di Palermo.
Degli ultimi casi di femminicidio o tentato femminicidio tra giovani colpisce la brutalità dell’aggressione nei confronti del partner
“L’idea di accoltellare al volto
la vittima, di deturparla a tal punto da lasciarle dei segni, racconta
un pensiero che prevede lo rendere la persona colpevole a vita di un qualcosa
che nell’autore del gesto ha provocato una ferita – spiega Guccione e
prosegue -. L’idea è: “Te lo ricorderai sempre”. La volontà è
innanzitutto quella di privarla della propria identità sociale, poi di
innescare in lei un senso di colpa”.
Femminicidio di Roberta Siragusa, il tentato omicidio-suicidio a Palermo, cosa si nasconde dietro questi terribili episodi di violenza giovanile
Roberta Siragusa, ad esempio
– dichiara la psicologa – al momento del ritrovamento aveva il volto
tumefatto e la testa rasata, mentre la sopravvissuta all’accoltellamento
del 31 ottobre scorso è stata ripetutamente colpita al viso. È uno
tra i peggiori atti aggressivi perché sussiste la volontà di mettere un punto
all’esistenza di un’altra persona. “Tutti
(compresa la vittima stessa qualora non sia stata uccisa), guardandoti, si
ricorderanno che sei legata a me”, questo il pensiero sottostante. È una
volontà chiara” – spiega Karin Guccione- .Il fatto che in quest’ultimo caso
alla violenza sia conseguito un suicidio è una ennesima dimostrazione
dell’aggressività che caratterizza la persona.
“La dinamica aggressiva diventa
autolesiva. L’identità dell’autore dell’aggressione
è crollata: ha deturpato l’immagine
di se stesso, insieme a qualcosa che aveva di caro, per cui non è riuscito a
reggere il peso delle sue azioni. Al tempo stesso, però, ha commesso un
ulteriore gesto aggressivo nei confronti della compagna, che vivrà eternamente
con il rimorso, credendo che si sia ucciso per colpa sua. La vittima è
caduta in una dimensione politraumatica e dovrà affrontare quanto accaduto
per tutto il corso della sua vita: sia dal punto di vista delle lesioni fisiche
sia dal punto di vista delle ferite psicologiche”.
Il timore degli esperti, il fenomeno, sempre più complesso
“È un disagio sociale diffuso, non
un disagio individuale – afferma la psicologa e psicoterapeuta -. La
casistica è diventata troppo ampia negli ultimi anni. C’è una grave base di
disagio nelle nuove generazioni nonché una grande fragilità. Le difficoltà a
essere resilienti di fronte alle difficoltà della vita, anche le più banali,
sono elevate. Molta di questa difficoltà si manifesta all’interno delle dinamiche
relazionali, soprattutto di coppia. È da evidenziare in tal senso anche un
grave aumento dei quadri depressivi, nonché una difficile codifica delle
dinamiche emotive. Molti ragazzi non riescono ad esprimere le proprie
emozioni. Al di là degli atti estremi nei confronti di altre persone sono
in forte aumento i casi di atti autolesivi. La gestione delle emozioni
individuali e relazionali sta crollando miseramente negli ultimi anni. Si
registra un forte aumento di ricoveri di ragazzi giovanissimi nei reparti
preposti alla salute mentale, con crolli psicotici e depressione. È una vera e
propria emergenza”.
Il problema di maggiore rilevanza,
le persone vicine a coloro che avvertono dei disturbi non colgono i segnali
“Essi ci sono sempre: possono
manifestarsi tramite delle insicurezze o delle inadeguate modalità di richiesta
affettiva, fino a eventuali minacce. Gli atteggiamenti negativi troppo
spesso vengono sottovalutati, soprattutto nelle dinamiche di coppia: il
possesso è frequente. La fidanzata non viene considerata come una persona
con una sua identità indipendente. È così che emergono casi di violenza ad
opera di persone che venivano definite “tranquille”. I raptus però non
esistono. Esistono, piuttosto, quadri di personalità ben precisi che mandano
messaggi. Sarebbe importante cogliere i segnali prima, non soltanto a
posteriori”.
È naturale, dunque, chiedersi come ciò sia possibile
“Ci dovrebbero essere più politiche
educative preposte all’educazione affettiva e relazionale; politiche
scolastiche legate alle prime fase della crescita in cui si affronta la
gestione delle emozioni. Esse potrebbero essere preventive e supportive, sia
dal punto di vista del soggetto che può compiere atti aggressivi sia dal punto
di vista delle vittime, che molto spesso non colgono la pericolosità della
persona con cui hanno un rapporto. È in atto un’emergenza sociale e nelle
scuole si nota molto”, ha concluso Karin Guccione.
Chiara Ferrara