Cronaca

Femminicidio Vanessa Zappalà, due mesi dopo, “Ci vogliamo vivi”

Oggi ricorre il secondo mesiversario di morte di Vanessa Zappalà, la giovane 26enne uccisa ad Aci Trezza (Catania) dall’ex fidanzato.

Rabbia e dolore per una vita che, forse, poteva essere salvata. Anche perché Vanessa, di Trecastagni (Catania), aveva denunciato il suo persecutore, Antonino Sciuto. E lo aveva fatto accusandolo di atti persecutori e maltrattamenti. I pm della Procura di Catania avevano chiesto per lui l’arresto, ma la richiesta non era stata accolta. Il gip aveva disposto invece il divieto di avvicinamento alla ragazza, un provvedimento che, di fatto, non è servito a scongiurare il peggio.

Antonino Sciuto
Vanessa Zappalà
Vanessa Zappalà
I funerali di Vanessa Zappalà
I funerali di Vanessa Zappalà
I funerali di Vanessa Zappalà
Lo striscione ad Aci Trezza

L’omicidio

Così, mentre Vanessa Zappalà passeggiava con le amiche sul lugomare di Aci Trezza, nella notte tra il 22 e il 23 agosto scorso, Sciuto l’ha raggiunta.
Secondo le ricostruzioni, sarebbe arrivato con la macchina e lei lo avrebbe invitato ad allontanarsi, minacciandolo di chiamare le forze dell’ordine.

Ma lui non ha desistito: ha seguito il gruppo di amici, l’ha afferrata per i capelli e con una pistola detenuta illecitamente le ha sparato in testa tutti i colpi necessari ad assicurarsi che fosse morta, davanti agli occhi di chi le voleva bene e che per sempre porterà il doppio peso della mancanza di un grande affetto e delle immagini d’orrore vissute.
A essere colpita da un proiettile, di striscio, anche un’amica.

Le indagini precedenti

Nelle indagini precedenti, amici e parenti della 26enne furono sentiti dagli inquirenti. Sciuto non accettava la fine della relazione e la perseguitava, recandosi sotto la sua abitazione ripetutamente. Per questo fu arrestato e posto ai domiciliari.

Il padre Carmelo Zappalà aveva denunciato e detto a gran voce che la ragazza non fosse più libera di uscire di casa o di andare a lavoro, di avere paura e di essere intervenuto più volte per tentare di ristabilire la quiete, invitando l’ex fidanzato a cessare la sua condotta persecutoria e suo padre ad arginare il figlio. Sciuto, però, non mostrava alcun segno di pentimento, anzi con arroganza gli rispondeva di non temere nulla e, con un atteggiamento oppositivo provocatorio, gli preannunciava le sue prossime mosse.

Chi era l’assassino Antonino Sciuto

Il ragazzo, 38enne di San Giovanni La Punta (Catania), non si faceva da parte. Era convinto di avere il diritto di limitare la libertà altrui, di imporre la propria presenza e di poter disporre dell’ex fidanzata come fosse un oggetto acquistato con i propri risparmi.

Sui social pubblicava contenuti che, letti oggi, lasciavano già presagire il peggio. Oltre ai selfie con auto e moto di lusso e le foto in cui appariva a torso nudo mostrando una corona tatuata sul torace, pubblicava contenuti inquietanti, come la celebre frase di Scarface: “Io non dimentico nulla, aspetto solo il momento giusto”. E poi ancora l’immagine di un uomo e di una donna di schiena su un terrazzo, in cui lui le punta una pistola alla tempia, nonostante la scritta sulla schiena “I love you”. Un’ossessione perversa la sua, ben lontana dall’amore.

Vanessa era invece una giovane donna senza grilli per la testa, molto educata, rispettosa e amante della famiglia. Con Sciuto aveva avuto una relazione e una breve convivenza che aveva deciso di interrompere in piena libertà.

Dopo il femminicidio, le ricerche di Tony Sciuto sono scattate immediatamente. Il suo cadavere è stato ritrovato qualche ora, perché si è impiccato in un casolare nelle campagne di Trecastagni, lasciando un biglietto con su scritto “vi voglio bene”, indirizzato ai genitori e ai suoi due figli, avuti dall’ex moglie. L’arma del delitto, invece, non è ancora stata trovata.

Cosa resta di Vanessa Zappalà

Di Vanessa Zappalà resta oggi uno striscione sul luogo del delitto: “Ci vogliamo vivi per Vanessa e per tutte le altre donne”, si legge.

“Non puoi mostrare il mare che hai dentro a chi non sa nuotare”, scriveva sui social la ragazza prima di essere uccisa. E proprio chi ama il mare e si reca ad Aci Trezza si ferma davanti a quello striscione, a leggere il suo ricordo, con amarezza mista a incredulità.

Di Vanessa resta la traccia di una giovane che, nonostante tutto, aveva ripreso in mano la sua vita ed era pronta ad affrontare ogni ostacolo pur di preservare la propria libertà, credendo fermamente nelle istituzioni. Restano i ricordi di coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerla, di dividere con lei il proprio tempo, di godere del supporto e dei sorrisi che regalava.

E rimane la rabbia. Il dolore di una famiglia che aveva fatto tutto ciò che era possibile fare per salvarla. Il padre, Carmelo Zappalà, ha sin da subito sottolineato come a suo avviso le istituzioni non avessero ben compreso la gravità della situazione. Lui che era accusato – da quello che poi sarebbe diventato l’assassino di sua figlia e che ha definito come un vero “attore” – di “coprire Vanessa”, sostiene la necessità di curare gli uomini che perseguitano patologicamente le donne, ma soprattutto quella di renderli inoffensivi, per evitare che gravissimi fatti di cronaca come questi possano tornare a ripetersi ancora una volta.