Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, riceve ogni anno gli ospiti nei Giardini del Quirinale, in occasione della Festa della Repubblica, il pomeriggio antecedente al 2 giugno. Anche quest’anno ho potuto scambiare un saluto.
È un momento unico, in cui chi vi partecipa ha occasione di incontrare amici e conoscenti, anche nuovi, ascoltare idee e notizie e conoscere come tanti eventi nascano proprio dalle parole e dagli incontri come questo.
Partecipo alla festa da dieci anni, ne ho tratto esperienze e conoscenze che poi hanno avuto rifluenze nell’informazione che viene “cucinata” ogni giorno per voi lettori e lettrici.
Era presente quasi tutto il Governo, a cominciare dalla presidente, Giorgia Meloni, con cui ho avuto un rapido contatto in cui le ho ricordato quando è venuta a trovarmi a Catania nel 2019 come leader di un piccolo partito.
Ho incontrato anche Elly Schlein, alla quale ho chiesto perché non cerchi di fare il “Governo-ombra” come si fa in Gran Bretagna. Mi ha detto che ci penserà.
Con Mario Monti ci siamo ricordati del primo Forum in cui è intervenuto nella sua qualità di neo presidente del Consiglio nel 2013. Mi ha raccontato con una certa malinconia della decadenza che ha preso il nostro Paese, perché ha difficoltà a gestire la Cosa pubblica con i principi indispensabili di equità.
Con Matteo Salvini ho scambiato due idee sull’opportunità di insistere sull’iniziativa riguardo la costruzione del Ponte sullo Stretto, la cui vicenda pare stia arrivando all’epilogo, con la prossima delibera del Cipess.
Con Carlo Calenda ho posto la questione dell’eccessivo frazionamento dei partiti, che impedisce un sano funzionamento della democrazia, laddove sarebbe necessaria una maggioranza, che c’è, e un’opposizione, che invece è disgregata. Mi ha detto delle difficoltà di interlocuzione che esistono e ci siamo dati appuntamento al prossimo Forum per approfondire la questione.
Nel clima tranquillo e festoso di quei luoghi tutte le problematiche che affliggono il Paese sembrano lontane, mentre risultava evidente come quelle questioni sono trattate da moltissimi dei presenti, ciascuno per i propri incarichi di responsabilità, sol che spesso questa responsabilità non fa capolino.
E poi, due chiacchiere con Lilli Gruber, che mi ha confermato essere una persona capace e volitiva, forse anche per le sue origini altoatesine. Si può essere d’accordo o meno con la sua impostazione, ma non si può negare che abbia una dirittura nella gestione della sua famosa rubrica Otto e Mezzo, che cerca di chiarire i fatti che ogni giorno sono sottoposti alla nostra attenzione.
Di Matteo Renzi sappiamo quasi tutto perché è sempre presente nelle televisioni e nei media sociali con una logica inappuntabile, a prescindere dalle argomentazioni. Anche con lui, dopo un breve colloquio, ci siamo dati appuntamento al prossimo Forum.
Man mano che prendevo contatti con queste personalità e con altre, di cui vi farò dopo un accenno, mi veniva confermato un quadro di riferimento di un’Italia che tenta di diventare moderna e fattiva, ma ha molte difficoltà. In questo contesto colpisce il continuo aumento dell’assenteismo dal voto, che è frutto di protesta, da un canto, ma anche di cattivo uso del proprio diritto di essere cittadini/e.
Quattro chiacchiere anche con Giovanni Floris sulla conduzione del suo programma diMartedì, che acquisisce audience per la valenza delle argomentazioni dei propri ospiti, i quali hanno una certa libertà di espressione, ma sempre nel solco di un’impostazione del programma piuttosto rigorosa.
Questa cronaca di incontri potrebbe apparirvi come una sorta di finestra e forse lo è perché ho tentato di farvi dare uno sguardo a quei magnifici Giardini e a qualche personaggio incontrato quella domenica pomeriggio, non per un’inutile e stupida elencazione, quasi a volere dimostrare qualcosa che non c’è, bensì, più semplicemente, perché dalle notizie che ho sentito e anche dal modo con cui esse sono state date, mi sono formato ancora di più un’idea dei vertici del nostro Paese e quindi della prospettiva di sviluppo e di crescita culturale che dovrebbe avere nei prossimi quinquenni.
Sì, perché bisogna guardare lontano. Sempre.

