Quest’anno sarà celebrata dal 28 marzo al 4 aprile
La Pasqua Ebraica (Pesach) quest’anno sarà celebrata dal 28 marzo al 4 aprile. La festività avrà come sempre inizio con il Seder, la cena rituale, durante la quale si leggerà il racconto della liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù dal farone e dell’uscita dall’Egitto. La lettura sarà accompagnata dalla riproposizione dell’insegnamento dei Maestri e da canti della tradizione.
Il termine Pesach deriva dal verbo ebraico Pasoah, che significa “passare oltre”. Viene riferito all’episodio biblico dell’angelo della morte che, in occasione del decimo ed ultimo castigo inflitto al faraone, per indurlo a liberare gli ebrei, nel corso della notte, visitò le case degli egiziani, per colpire tutti i primogeniti, mentre passò oltre, tralsciando le case degli ebrei, i cui stipiti delle porte erano stati segnati con il sangue dell’agnello appositamente sacrificato (Esodo: 12; 12;13).
La lotta per la riconquista della libertà è dunque il tema centrale di Pesach. I fatti sono noti perchè narrati nel racconto biblico. A causa di una delle tante carestie che ciclicamente, da sempre, affligono l’umanità, gli ebrei si erano spostati in Egitto, che in quei tempi era, quello che oggi definiremmo una superpotenza, volevano soltanto lavorare per ritrarre dalla propria fatica i mezzi per il sostentamento delle loro famiglie.
Con il passare dei secoli, malgrado le dure ed estenuanti fatiche a cui erano sottoposti, questo popolo di immigrati andava crescendo sempre più, suscitando sentimenti di avversione xenofoba nei potentati della corte del faraone, che decisero di inasprire le condizioni del lavoro, sino a ridurre gli Ebrei ad uno stato di vera e propria schiavitù, spietata e mortificante. La narrazione della Bibbia precisa che: “Dio udì i loro gemiti e vide i figli di Israele ed ebbe compassione della loro condizione” (Esodo 2: 24,25) e quindi, prima pose a loro capo Mosè che li trasse dal giogo della schiavitù egiziana, e poi ne fece un popolo, consegnando loro la Legge.
La libertà riconquistata è quindi il centro di questa Festa. Un tema sempre di grande attualità, che si ripropone ogni qualvolta un individuo si trae da una sitauzione di soggezione, di bisogno e da ogni altra circostanza negativa della vita, che condiziona la sua esistenza, privandolo della libertà e della dignità che compete ad ogni uomo, in quanto unico essere creato ad immagine e somiglianza di Dio. Ogni qualvolta che queste catene di soggezione e sottomissione vengono spezzate, ancor oggi, rivive e si rinnova l’evento della liberazione dell’intero popolo ebraico dalla schiavitù egiziana, che la tradizione colloca a circa tremila anni or sono. Ai nostri giorni la libertà dell’uomo, peraltro ora pure compressa e mortificata dalla pandemia in corso, che lo ha posto al bivio di dover scegliere tra arrendersi al presente o progettare un nuovo futuro, resta insidiata da mille posibili dipendenze che costantemente ne aggrediscono la dignità e le cui più lievi, ci sono così familiari che non le avvertiamo più come insidie. La stessa capacità di autodeterminazione in ciascuna delle scelte quotidiane della vita è fortemente condizionata dalla spinta consumistica che attribuisce all’uomo valore solo in ragione delle sua propensione ad essere consumatore e della sua capacità di spendere, proiettandolo, in conseguenza, in una società in cui il modello di vita, più o meno esplicitamente proposto, è quello in cui l’affermazione si deve realizzare ad ogni costo, in modo esasperatamente egoistico e senza discernimento alcuno tra il bene ed il male ed in cui l’abuso viene tollerato e consentito dalla collettività, giacchè la vita viene vista come una competizione sfrenata, in cui regole e leggi sono solo ostacoli da eludere e driblare abilmente.
Il tema della libertà che pervade questa Festività propone una serie di interrogativi che restano sempre di grandissimo interesse e a cui l’ebraismo, in tutte le sue manifestazion tende ad offrire, più che risposte certe, molteplici spunti di riflessione.
La tradizione fornisce un taglio educativo e quasi pedagogico ai precisi comportamenti che costituiscono la celebrazione della Festa; la prima sera di Pesach nel corso del Seder, viene effettuato la lettura del brano detto dei quattro figli, nel quale viene evidenziata la necessaria ed irrinunciabile funzione educativa della famiglia. I figli, che in questa narrazione rappresentano pure la ripartizione del genere umano in base alla capacità di comprendere di ciascuno, rivolgono agli adulti delle domande per cogliere il senso più profondo della celebrazione, sono: il sapiente, il semplice, lo sprovveduto che non è neanche capace di domandare ed in fine il figlio cattivo. A ciascuno dei primi due viene data una risposta commisurata alle loro capacità; allo sprovveduto viene offerto principalmente un sostegno ed uno stimolo a comprendere, mentre al figlio cattivo, che si propone in modo arrogante e con atteggiamenti di contestazione e superiorità, negando il valore della celebrazione, viene data una risposta dura ma appropriata. Gli viene detto: Tu non ti saresti salvato, perchè quanto eravamo schiavi e costruivamo i mattoni che servivano a celebrare il fasto di faraoni, non ti saresti assunto neanche allora le responsabili, che ogni scelta importante comporta e forse vigliaccamente avresti continuato a servire il sovrano d’Egitto ed ancora oggi saresti stato suo schiavo. Pesach, quindi, continua a proporsi nei secoli come festa della vera libertà, degli individui e dei popoli, di libertà che si fonda sul discernimeto del bene dal male.