C’è la storica produzione ceramica di Santo Stefano di Camastra al centro dell’indagine della Procura Europea sulla presunta truffa ai fondi Ue che nei giorni scorsi ha portato a un sequestro di beni del valore di oltre 800mila euro, parte dei quali da recuperare come profitto illecito derivante dall’evasione delle imposte.
Il decreto di sequestro è stato firmato dalla gip Donatella Pianezzi del tribunale di Modena. Nel palazzo di giustizia emiliano l’indagine si è trasferita dopo che, a fine 2022, il tribunale di Patti aveva dichiarato la propria incompetenza territoriale. Tuttavia, al netto dei natali dei principali indagati, la storia è quasi tutta siciliana e si è sviluppata tra Messina e Palermo.
L’azienda coinvolta
“Siamo specializzati nella realizzazione di mattonelle stagnate rigorosamente create in maniera artigianale”, è il messaggio che si legge nel fondo della homepage del sito della Desuir, nota azienda, con sede legale a Reitano, che “produce ceramiche da oltre cento anni”.
Poco più in là ci sono i loghi della Regione Siciliana, dell’Unione Europea e del Po Fesr 2014-2020, il programma operativo del Fondo europeo di sviluppo regionale. Il motivo è semplice: Desuir nel 2018 ha ottenuto un finanziamento da 625mila euro – di cui oltre 560mila euro percepiti dalla ditta al momento della disposizione del sequestro – per realizzare una fabbrica di prodotti in ceramica “nel rispetto della tradizione centenaria della zona, con tecnologia avanzata e dotata di nuove strumentazioni e attrezzature”.
Qualche anno dopo, a nutrire sospetti sulla bontà di quell’operazione sono stati i finanzieri della tenenza di Sant’Agata di Militello.
Dal lavoro delle Fiamme Gialle sarebbero emersi raggiri che hanno portato gli inquirenti a contestare il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazione pubbliche. A essere indagati sono il 43enne Fabio Esposito e il padre Emanuele di 72 anni, rispettivamente legale rappresentante della Desuir srl e del Consorzio Ceramiche Desuir.
Con loro sono coinvolti anche gli imprenditori Giuliano Bergamini, 72enne di Fiorano Modenese; Tindaro De Luca, 73enne di Sant’Angelo Brolo (Messina); e la 45enne Dina Di Luca di Capri Leone (Messina). I tre sono titolari di ditte che avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti utili a fornire giustificativi a Desuir per poter chiedere il finanziamento alla Regione.
Gli indizi della truffa
A sostegno della tesi degli inquirenti ci sono le verifiche fatte nella contabilità della Desuir srl, del Consorzio Ceramiche Desuir e delle altre tre ditte fornitrici: la En.Co, la Euro Sistem Impianti e la D&G Tecno.
A conclusione di ognuno degli accertamenti le Fiamme Gialle hanno affermato “l’inesistenza nella contabilità” dei beni strumentali indicati nelle fatture. A ciò si è aggiunto il fatto che nel 2019 la Desuir non risultava avere alcun dipendente.
“Il prosieguo delle indagini evidenziava delle marcate incongruenze sull’effettività delle cessioni e delle prestazioni fatturate dalla En.Co, da Euro Sistem Impianti e dalla D&G Tecno – si legge nel provvedimento del tribunale di Modena –. In particolare venivano accertate un insieme di transazioni commerciali poste in essere da un soggetto compiacente, identificato nel Consorzio Ceramiche Desuir, amministrato dal padre del legale rappresentante della Desuir srl, finalizzati a imputare costi fittizi ai predetti fornitori con conseguente restituzione, per mezzo del Consorzio, di parte delle somme precedentemente corrisposte da parte della Desuir srl”.
Il possesso dell’immobile
La giudice per le indagini preliminare ha fatto riferimento anche a un’altra vicenda riguardante la storia dell’immobile in cui hanno sede Desuir e il Consorzio Ceramiche Desuir.
“Con riguardo al sito oggetto dell’investimento agevolato, concesso in comodato – viene ricostruito nel provvedimento del tribunale modenese – è stata riscontrata la presenza di giudicati penali e civili”. Il riferimento è a una condanna penale in primo e secondo grado, il cui reato è stato poi estinto per prescrizione, e a quattro sentenze di primo grado del tribunale civile che hanno stabilito che “gli immobili costituenti la struttura artigianale destinata alla produzione di ceramiche, sede del Consorzio e della Desuir, erano pervenuti – scrive la giudice – indebitamente agli attuali intestatari con artifici e raggiri senza che gli stessi eseguissero l’effettivo pagamento del dovuto”. Pronunciamenti che hanno portato, seppure in primo grado, il giudice civile a disporre “l’annullamento dei contratti di compravendita e la restituzione degli immobili al Fallimento Tradizione Amastrense srl”.

