ROMA – Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, con il quale ho condiviso per alcuni anni gli scranni di Palazzo Madama e del quale conosco la serietà e l’impegno, ci sta provando da tempo, ma non è detto che ci riesca, anche se glielo auguro sinceramente. Mi riferisco al potenziamento di alcuni aspetti dei cosiddetti programmi didattici. L’aver introdotto il concetto di merito nella denominazione del suo Ministero, che non vuol dir affatto lasciare perdere chi sta indietro, è già un successo, così come lo è il varo di una serie di disposizioni che costituiscono il tentativo di mettere ordine nel più che precario, e in parte illusorio, mondo dell’istruzione pubblica. Ora, però, bisogna mettere mano al consolidamento della preparazione, a cominciare da un concetto caro ai romani: mens sana in corpore sano.
Valditara, che insegna all’Università Diritto romano e Diritti dell’antichità, lo conosce benissimo, ma bisogna avere la forza di farlo conoscere anche ad altri e in particolare a tutti quelli che non hanno ben chiara la necessità di un’istruzione adeguata per i cittadini di una Nazione che vuole dirsi moderna, sana e globalmente competitiva. Ecco, se fossi al suo posto, tra le varie questioni di cui occuparmi, per dare una profonda spolverata a un settore nel quale, per anni, sono stati copiosamente seminati falsi valori o disvalori, per non dire vere e proprie menzogne, farei di tutto per rafforzare, oltre che gli insegnamenti di sostegno, anche la pratica sportiva e l’educazione civica. La prima per migliorare la salute dei cittadini, sin dai primi anni di vita, ma anche per abituarli al rispetto delle regole ed alla competizione leale; la seconda per spiegare loro quali sono, in Italia e nel mondo, le regole che disciplinano la convivenza civile a cominciare dallo Stato nel quale sono nati, nel quale vivono, nel quale devono relazionarsi con altre persone ed altrove.
Farei tutto questo, avendo cura di ben spiegare pure il funzionamento delle istituzioni nazionali e internazionali, intese nel loro complesso. Non mi pare che ci voglia molto, non credo che sia difficile e, anche se lo fosse, credo che affrontare e superare una simile difficoltà non possa che portare del bene sia ai singoli cittadini, sia alla società nel suo insieme. D’altra parte, contribuire a realizzare uno Stato in cui i cittadini siano consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri, in cui si prodighino per avere una vita sana, in cui abbiano ben saldo il concetto di rispetto delle regole, significa contribuire a governare ed essere governati meglio, a governare ed essere governati puntando sulla consapevolezza dei diritti e dei doveri, piuttosto che sui divieti e sulle punizioni.
Lo stesso ragionamento può essere facilmente esportato anche in altri ambiti: la Giustizia, la Pubblica amministrazione, la Sanità, tutti settori fondamentali se si vuole ben governare e se si vuole davvero andare incontro alle aspettative dei cittadini, soprattutto per evitare che essi possano confondere il concetto di diritto con il concetto di favore, il concetto di dovere con il concetto di concessione. Personalmente, al contrario di quanto non si possa dire per molte personalità politiche, sono convinto che governare una Nazione composta da cittadini consapevoli sia molto più facile che governare una Nazione di cittadini inconsapevoli, “discoli” e impreparati.
Simili risultati, che possono apparire ovvi, non lo sono affatto, così come non li si possono ritenere conseguiti solo perché questo è scritto sulla Costituzione. I risultati si ottengono con impegno, con passione, con sacrificio, soprattutto se essi, in qualche modo, incidono sui comportamenti o sulle abitudini, buone o cattive che siano, dei singoli. Per questa ragione bisogna imparare a prepararsi, a formarsi, e questo non può che accadere nelle famiglie, innanzitutto, ma anche nel mondo dell’istruzione, sin dai primi livelli, ed alle istituzioni in genere. Non si nasce delinquenti e non si nasce buoni cittadini, ci si diventa attraverso percorsi non sempre facili, ma certamente utili sia per i singoli, sia per lo Stato nel suo complesso, dato che non ci si possono affatto permettere né deroghe, né ritardi, né cedimenti.

