Formazione, in Sicilia partecipazione lontana da standard italiani ed europei - QdS

Formazione, in Sicilia partecipazione lontana da standard italiani ed europei

Formazione, in Sicilia partecipazione lontana da standard italiani ed europei

venerdì 12 Luglio 2024

Istat: meno di un cittadino isolano su dieci coinvolto in attività formali di apprendimento

PALERMO – In Sicilia la formazione non è una priorità. Al di fuori del tradizionale percorso di studi, che si concluda in università o si fermi in un istituto professionale, gli abitanti dell’Isola tendono a non continuare ad approfondire la propria preparazione e competenza, che sia in percorsi formali, che rilasciano una certificazione, che in percorsi non formali, che non rilasciano un titolo di studio o una qualifica professionale, ma sono comunque svolte in modo organizzato, con un orario, un luogo di svolgimento e un insegnante/tutor, o informali, che comprendono le attività di apprendimento intenzionali, ma non organizzate né strutturate. E se già i dati italiani sono deludenti, rispetto al resto dei paesi europei, quelli siciliani sono tra i più bassi della penisola.

Soltanto il 7,8% dei siciliani partecita ad attività di formazione

Nell’Isola partecipa ad attività formali di formazione soltanto il 7,8% della popolazione, in linea con la media nazionale secondo quanto riporta l’Istat nel suo ultimo report sulla Formazione degli adulti”. Si scende rovinosamente con le attività non formali, a cui partecipano il 23,2% dei siciliani, contro il 34,1% del resto d’Italia. Anche le attività informali sembrano interessa poco ai siciliani, che vi partecipano nella misura del 58,4%, contro il 66,6% degli italiani.

L’indagine è stata svolta tra settembre 2022 e gennaio 2023, e ha rilevato le informazioni con riferimento ai dodici mesi precedenti l’intervista. La Sicilia mostra il suo peggio, rispetto a regioni come il Trentino Alto Adige, dove le persone che si impegnano in attività formative, formali o non formali, arrivano al 42,8%, o la Valle d’Aosta, al 39%; sempre in Trentino Alto Adige, la scelta di sviluppare le proprie competenze in attività informali, poi, riguarda il 71,7% della popolazione, e sale al 74% nella provincia autonoma di Bolzano.

Italia in ritardo rispetto ai principali Paesi Ue

Nonostante questi esempi virtuosi, il confronto internazionale illustra in maniera vivida come l’Italia sia in ritardo rispetto ai principali Paesi Ue: tra gli adulti di 25-64 anni, il tasso di partecipazione alle attività di formazione è pari a 35,7%, quasi 11 punti percentuali sotto il valore medio europeo, e colloca il nostro Paese al ventunesimo posto nella classifica dei paesi Ue27. Sono dunque lontani gli obiettivi del Consiglio europeo per il 2025 che, per i 25-64enni, fissano un minimo per il tasso di partecipazione alle attività di istruzione e formazione pari al 47%.

La stessa evidenza si osserva se si scende nel dettaglio delle attività formali, a cui partecipano il 4% della popolazione di 25-64 anni, contro il 6,3% della media europea, e non formali, frequentate dal 34,1% degli italiani e dal 44% degli europei. Anche il numero di ore dedicate complessivamente alla formazione è più basso in Italia rispetto alla media Ue27, 133 contro 144, per effetto del minor numero di ore mediamente dedicate all’istruzione formale, 405 rispetto a 512. Gli stessi dati possono essere analizzati anche facendo riferimento alle diverse fasce d’età.

L’Italia già nelle età giovanili, tra i 18 e i 24 anni, mostra un tasso di partecipazione in attività formali di 15,3 punti percentuali inferiore a quello medio europeo, mentre con la Germania la differenza sale a 27 punti. Anche il tasso di partecipazione ad attività non formali è inferiore a quello europeo di 5,4 punti e di 17,3 punti a quello tedesco. Con il crescere dell’età, il gap si riduce con l’aumentare dell’età; al contrario per quelle non formali, la forbice arriva a 10,9 punti tra i 35-54enni; in quella fascia d’età, in Italia solo 35 casi su 100 partecipano ad attività formative.

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