Fotovoltaico in Sicilia, l'interrogazione all'Ars che fa discutere

Fotovoltaico, l’interrogazione all’Ars che fa discutere: “Schifani aveva detto stop alle autorizzazioni. Che ne è stato?”

Antonino Lo Re

Fotovoltaico, l’interrogazione all’Ars che fa discutere: “Schifani aveva detto stop alle autorizzazioni. Che ne è stato?”

Simone Olivelli  |
mercoledì 19 Giugno 2024

Tra quanti se lo chiedono c'è anche il deputato regionale del Partito Democratico Fabio Venezia

“Ho deciso a breve di sospendere il rilascio delle autorizzazioni per il fotovoltaico”. Era la primavera dell’anno scorso quando Renato Schifani, a Palermo, rilasciò una dichiarazione che spiazzò molti. Il governatore, che nel corso della campagna elettorale che poco più di sei mesi prima lo aveva portato a palazzo d’Orleans non aveva mancato di lanciare stoccate ai vertici della commissione adibita a valutare l’impatto ambientale dei progetti in campo energetico, accusandola di dire troppi no, dichiarò di essere intenzionato a frenare la pioggia di istanze ricevute dagli uffici della Regione. “Queste attività portano lavoro? L’energia prodotta rimane in Sicilia?”, erano stati alcuni dei quesiti che retoricamente aveva posto il governatore per rispondere a chi gli chiedeva chiarimenti.

Oltre un anno dopo cosa ne è stato di quei propositi? Tra quanti se lo chiedono c’è anche il deputato regionale del Partito Democratico Fabio Venezia, che nei giorni scorsi ha presentato un’interrogazione parlamentare all’Ars.

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Salvaguardare l’agricoltura

“Nell’aprile 2023 il governo regionale aveva annunciato uno stop alle autorizzazioni che poi di fatto non è mai arrivato”. Il riferimento alle parole pronunciate da Schifani è anche Venezia. Nell’atto depositato a Palazzo dei Normanni, l’esponente dem e sindaco del Comune di Troina chiede chiarimenti anche all’assessore regionale all’Energia Roberto Di Mauro e all’assessora al Territorio Elena Pagana. Il punto su cui Venezia pone l’attenzione è la quantità di progetti di grandi dimensioni che stanno interessando l’isola e come gli stessi potrebbero condizionare nel medio e lungo termine tanto l’agricoltura quanto gli ecosistemi. “La diffusione delle energie rinnovabili risulta di primaria importanza ai fini di una transizione energetica funzionale alla lotta ai cambiamenti climatici – sottolinea Venezia – ma appare, tuttavia, evidente che quello che sta accadendo in Sicilia necessita di uns riflessione politica da parte del governo regionale”.

L’interrogazione è ricca di numeri e dati statistici che, alla luce delle “enormi difficoltà dovute a congiunture economiche sfavorevoli” e agli “effetti dei cambiamenti climatici”, rischiano di tracciare, per il deputato, uno scenario tutt’altro che green. Venezia denuncia quello che definisce un “preoccupante fenomeno” dovuto “all’incremento incontrollato delle richieste da parte di numerose multinazionali per la realizzazione di impianti agrivoltaici da installare su migliaia di ettari di terreni agricoli”.

Nell’atto depositato all’Ars vengono citati i dati di Terna. “In Sicilia sarebbero pervenute richieste di connessione alla rete per un totale di 80 gigawatt di cui oltre la metà sarebbero imputabili a impianti fotovoltaici che occuperebbero una superficie parti a 40mila ettari che si andrebbero ad aggiungere alle migliaia già occupati”, si legge nel documento. Il pericolo, secondo Venezia, è quello di ritrovarsi a rinunciare a terreni che potrebbero essere utilizzati per produrre cibo, nonostante il piano regionale dell’energia specifichi come esistano zone – dalle discariche dismesse ai siti compromessi dal punto di vista ambientale, fino alle aree industriali – che andrebbero preferite per l’installazione dei pannelli fotovoltaici.

“Alla luce di questi dati si presume che circa il 30 per cento degli ettari che ogni anno in Sicilia si coltivano a grano scompariranno completamente – continua Venezia – Spesso all’interno dei progetti presentati la coltivazione di grano viene indicata come non di pregio e tra le opere di mitigazione individuate nelle relazioni agronomiche inserite all’interno dei progetti, per controbilanciare l’installazione dei pannelli, vengono individuate piantumazioni secondarie di piante officiali o altre colture fantasiose il cui unico vantaggio – va avanti l’esponente del Pd – è quello che non necessitano del transito dei mezzi agricoli necessari per il grano”.

Rischio speculazione

Venezia mette in guardia dalla possibilità che la Sicilia possa diventare terra per una nuova forma di saccheggio all’insegna dell’energia verde. “Alcune dinamiche fanno presagire che in atto ci sia una forte speculazione in quanto oltre ai guadagni che questi impianti procurano una volta connessi alla  rete – denuncia Venezia – sembrerebbe esistere un mercato delle autorizzazioni in quanto molti progetti vengono presentati da soggetti che non hanno i capitali da investire e una volta autorizzati vengono venduti alle multinazionali”. Nell’interrogazione si menziona il caso particolare della piana di Catania – “che da sola ha richieste di connessione di impianti fotovoltaici dieci volte superiori a quelli dell’intera Lombardia” – ma si fanno riferimenti anche alla situazione nelle province di Trapani e Palermo e nell’entroterra. “Ad oggi i grandi e piccoli proprietari spesso trovano più conveniente vendere o affittare i terreni alle multinazionali che offrono guadagni certi rispetto alla coltivazione degli stessi che spesso è poco remunerativa”, analizza Venezia.

Le richieste al governo

A fronte di queste premesse, Venezia chiede venga aperto un dibattito all’Ars tra i partiti affinché si capisca quale futuro si vuole per la Sicilia. Al governatore e agli assessori, l’esponente dell’opposizione chiede se “intendano proseguire sulla strada di riempire la regione di mega-impianti o se si vuole invertire la tendenza cercando di diffondere impianti più piccoli su zone già antropizzate”. Venezia fa anche un’altra proposta: “Dichiarare non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici le aree agricole, al raggiungimento di una quota di occupazione della superficie agricola utilizzata dello 0,4 per cento, prevedendo – si legge nel testo dell’interrogazione – che le società costruttrici concedano l’eventuale conduzione agricola alle aziende del territorio al fine di garantire la continuità aziendale e imponendo che venga garantito il 95 per cento della produzione agricola pre-impianto rispetto al 70 per cento previsto dalla linee guida emanate dal ministero”.

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