Uno dei talenti più precoci nella storia del jazz, originario di Vittoria, ha suonato a Washington DC per il presidente Barack Obama, e lo scorso dicembre ha presentato il suo diciannovesimo disco.
“Irene of Boston –
Conversation avec Corto Maltese” è il diciannovesimo lavoro discografico di Francesco
Cafiso, registrato con la London Symphony Orchestra e pubblicato lo
scorso dicembre.
Francesco Cafiso è uno
dei talenti più precoci nella storia del jazz. Ha iniziato a nove anni e
da quel momento non si è più fermato. Ha fatto esperienze con musicisti di fama
internazionale come Wynton Marsalis, Hank Jones, Dave Brubeck, Cedar Walton,
Mulgrew Miller, Jimmy Cobb, Ben Riley, Ray Drummond, Lewis Nash, James
Williams, Joe Lovano, Christian McBride, George Mraz, Kenny Wheeler, Gonzalo
Rubalcaba, Enrico Rava e Stefano Bollani.
Nel corso della sua
carriera ha ricevuto tantissimi riconoscimenti internazionali quali: il Premio
Nazionale Massimo Urbani a Urbisaglia, il premio EuroJazz a
Lecco, l’International Jazz Festivals Organization Award a New York,
la World Saxophone Competition a Londra, il Django d’Or a Roma, il
New Star Award.
Ha partecipato come
ospite al Festival di Sanremo nel 2004, ha suonato a Washington DC
durante i festeggiamenti in onore del Presidente Barack Obama e del Martin
Luther King Jr. day nel 2009 ed è stato scelto per rappresentare l’Italia e
suonare nell’ambito dei festeggiamenti per l’Anno della Cultura Italiana
negli Stati Uniti nel 2013.
Oggi Francesco Cafiso è l’ambasciatore del jazz italiano nel mondo. In occasione dell’uscita del vinile di “Irene of Boston – Conversation avec Corto Maltese” lo abbiamo intervistato.
Da dove è nata l’idea di far incontrare la “Irene of Boston” con Corto Maltese?
“Tutto nasce da un gruppo di lavoro che si è formato qui in Sicilia, a Pozzallo, dove c’era il relitto della Irene of Boston, arenato sulla costa.
Questo elemento corroso
dal tempo ha stuzzicato la fantasia dello scrittore Marco Steiner e
dell’artista figurativo Giovanni Robustelli, del videomaker Vincenzo
Guascone, del fotografo Maro D’Anna e del sottoscritto.
Insieme abbiamo dato vita
a una tre giorni di confronto e condivisione per riportare per un’ultima volta
Irene, nei mari della fantasia.
L’incontro con Corto
Maltese nasce da un’idea di Marco Steiner che ha scritto spesso su di lui.
Nella mia testa Irene of Boston subisce una metamorfosi: i legni e gli ottoni
di questa barca si trasformano nei legni e negli ottoni di una vera e propria
orchestra sinfonica.
All’interno dell’album questo veliero subisce un’ulteriore metamorfosi: si trasforma in una bellissima donna che incontra Corto Maltese con il quale inizia questa conversazione onirica. A rompere l’incantesimo è Rasputin, un altro dei protagonisti di Corto Maltese, che nell’album rappresenta la follia e che riporta i due protagonisti alla loro vera natura: Corto Maltese a quella del girovago avventuriero per i mari del mondo senza un porto a cui attraccare, mentre Irene si rende conto di essere oramai un ammasso di legni adagiati sulla costa di Pozzallo. In questa occasione c’è una consapevolezza diversa perché, grazie alla musica, non c’è mai un fine, ma un ulteriore passaggio. “
L’incontro con Marco
Steiner è avvenuto per la realizzazione del disco o vi era già un confronto
intellettuale tra voi?
“Con Marco ci conoscevamo ancora prima, ma la Irene of Boston è stato il nostro punto in comune. Non appena si è formato questo gruppo creativo, abbiamo approfondito la nostra amicizia e da lì poi ci siamo visti assiduamente non solo a Pozzallo, ma anche a Venezia. “Irene of Boston” ha molteplici vesti: oltre all’album che ho deciso di fare in maniera autonoma e indipendente, abbiamo anche realizzato un paio di spettacoli teatrali: uno a Comiso e uno in Belgio. “
Il disco contiene dieci
brani: quale tipo di lavoro è stato fatto?
“La musica che ho scritto è nata in maniera spontanea dopo una serie di esperienze che ho fatto con questo gruppo di lavoro. Tra l’altro per immergerci ancora di più nel lavoro, abbiamo fatto una vera e propria uscita con un veliero a Venezia. In quell’occasione mi sono messo a suonare liberamente sulla barca mentre i miei amici hanno dato il loro contributo artistico. Marco Steiner ha scritto la storia, Giovanni Robustelli ha fatto una serie di dipinti e ha in seguito curato la grafica dell’album, Marco D’Anna ha fatto le fotografie e Vincenzo Guascone i video. Vi è stato l’incontro tra più forme d’arte che hanno dato vita ad un progetto sicuramente interessante e molto più approfondito.
Nel momento in cui ho avuto l’intuizione netta nella mia testa del veliero che si trasforma in un’orchestra sinfonica ho scritto tutta la musica di getto: era proprio un’esigenza mia creativa. Dopodichè ho deciso di coinvolgere la London Symphony Orchestra con la quale ho già collaborato nel 2015 per un altro disco “Contemplation”. Allo stesso tempo ho cercato di sviluppare tutta una serie di episodi all’interno dell’album che dessero l’idea del viaggio di questa barca che parte da Pozzallo e va in giro per il mondo e, dopo una serie di esperienze incontra Corto Maltese. La storia è stata fondamentale per sviluppare ogni brano del disco. Ogni brano è una tessera del puzzle finale: c’è “Bocca dorata” che apre il disco con la sua musica, dopodichè Irene si trova in viaggio e incontra Corto Maltese con cui inizia la conversazione. A rompere l’incantesimo è Rasputin e poi il disco si chiude nuovamente con la magia. “
Il disco è stato
rilasciato a dicembre, ma da qualche settimana è disponibilie anche in vinile.
Perché decidere di pubblicarlo anche in questa versione, visto che adesso la
musica è fruibile sulle piattaforme?
“In me c’era il desiderio di far girare questo progetto in più modalità. Quindi c’è la musica liquida fruibile sulle piattaforme digitali poi c’è il supporto del disco che non credo scomparirà ed è fondamentale per un prodotto che puoi portare in giro e darlo ai vari appassionati e infine c’è il vinile che ha un fascino tutto suo. Sin da subito, ho immaginato il vinile perché impone l’ascolto della musica in un certo modo. È come se fosse un vero e proprio rituale. Il vinile è anche tornato di moda, per fortuna, il suono è anche molto più caldo ed affascinante. “
“Irene of Boston – Conversation
avec Corto Maltese” è il diciannovesimo album. Cosa dice in più rispetto agli
ultimi diciotto che hai pubblicato?
“In questo lavoro c’è Francesco Cafiso in più vesti: compositore, arrangiatore insieme a Mauro Schiavone, ma anche produttore perché questo disco è uscito con la mia etichetta discografica EFLAT che ho fondato nel 2016 e quindi per me è stata una bella avventura e una grande sfida, se consideriamo pure i tempi. È un sogno che si è concretizzato perché Irene of Boston è come se mi avesse preso per mano e accompagnato nel suo mondo. Io ho dovuto semplicemente assecondare il flusso di emozioni che si sono susseguite nel tempo. “
EFLAT è la tua etichetta
indipendente. Cosa cerchi in un artista per volerlo produrre?
“Finora con EFLAT ho prodotto tre dischi. Al momento non ci sono altri progetti, visti i tempi. Uno degli obiettivi di questa etichetta è produrre giovani artisti che vorranno far parte di questa famiglia. Cerco una forte identità a livello artistico e musicale: musicisti di spessore che abbiano qualcosa da dire e capaci di comunicare. “
Sei l’ambasciatore del
jazz italiano nel mondo: senti il peso di questo ruolo?
(ndr. sorride)” E’ un appellativo che mi onora. Io sono sempre abituato a pensare solo ed esclusivamente alla musica: cerco sempre di seguire il mio istinto e di concentrarmi sempre sulla musica stessa facendo emergere le mie potenzialità, al massimo delle mie capacità artistiche. È qualcosa che mi fa piacere, ma allo stesso tempo rimango sempre molto concentrato sul risultato artistico: questo è quello che conta per me. Di certo è un input per fare sempre meglio. “
Come ha inciso la
pandemia sia nella tua vita sia nella tua musica?
“Io sono riuscito comunque a lavorare al progetto “Irene of Boston” perché una settimana prima che scattasse il primo lockdown, ho registrato l’orchestra e poi, in piena pandemia da casa, sono riuscito a fare la post produzione dell’album. Sono stato molto impegnato nella lavorazione del disco. Il blocco c’è stato nei vari live e concerti, ma in ogni caso ho deciso di procedere con la pubblicazione dell’album perché proprio in un momento così particolare, pensavo fosse giusto regalare questo sogno anche al mio pubblico. “
Tanti incontri nella tua
vita artistica, chi manca tra quelli con cui vorresti suonare?
“Mancano tanti musicisti, come ci sono musicisti che ho incontrato nella mia carriera e che mi hanno dato tanto. Io sono sempre aperto ad incontri musicali, anche tra i più disparati proprio perché credo che la musica non abbia barriere. Spesso noi cerchiamo di inscatolare la musica per capire di cosa stiamo parlando, ma fondamentalmente la musica è semplicemente bella o brutta. Il mio unico obiettivo è di fare bella musica, quando mi capita di incontrare musicisti di grande spessore che hanno qualcosa da dire, cerco di apprendere da loro anche solo il modo di stare sul palco o di gestire la musica stessa. “
Sandy Sciuto