Col passare degli anni la comunicazione mediante radiotelevisione è diventata più stentata per almeno due cause: la prima riguarda chi parla ed appare con la ferma intenzione di colpire chi ascolta e chi vede, per cui ricorre anche a toni catastrofici, ridondanti ed eccessivi, dimenticando, invece, che si deve comunicare con riferimento ai fatti disgiunti dalle opinioni.
La seconda riguarda chi riceve i messaggi, che si abitua sempre di più a frasi corte che spesso non esprimono un significato compiuto.
Questo difetto è stato fortemente amplificato negli ultimi decenni dalla smisurata diffusione del linguaggio digitale, un linguaggio che è sempre più breve, sintetico, che utilizza spesso elementi grafici contratti (x al posto di per), anche in questo caso per colpire l’attenzione e per indirizzare al cervello degli ascoltatori concetti e fatti.
Conseguenza di quanto precede è la diffusione sempre maggiore di una sorta di ignoranza di ritorno, secondo la quale la gente ormai comunica con spezzoni. Così andando le cose si finirà per parlare a gesti.
La lacuna più grave è che chi parla non trasferisce concetti, vale a dire la sintesi del messaggio, bensì parole messe in fila una appresso all’altra, senza l’obiettivo di farsi capire, ma solo quello di farsi ascoltare.
Com’è noto a pochi, i concetti si possono paragonare ai nodi di una rete, molto estesa, ma formata da questi incroci di numero limitato.
Purtroppo la capacità di sintesi che occorre per esprimersi mediante concetti (i nodi della rete) diventa sempre più ridotta proprio perché i cittadini non hanno più l’abitudine di leggere in modo da comprendere, in maniera compiuta, i messaggi insiti nella lettura.
È vero, la vendita di libri è cresciuta nel 2018-2019, ma troppo spesso essi servono per fare bella mostra nelle librerie di casa e negli studi professionali ed imprenditoriali e non per acquisire saperi.
Mettere insieme parole senza che abbiano un filo logico e senza che siano collegati a fatti passati e presenti, è un modo per indurre le persone a capire di meno, cosicché si possa approfittare della loro ignoranza per gestirle.
La conversazione. Ecco cosa manca ormai nelle famiglie, nei salotti, nei circoli, nei bar e in tutti quei luoghi in cui si riunisce la gente. Quello della conversazione era il momento in cui si confrontavano idee, culture diverse, ideali, al seguito dei quali le persone capivano di più, erano più informate e quindi facevano valutazioni che servivano a scelte migliori.
Non esiste più il Simposio. Vi ricordate che era la seconda parte del banchetto dei Greci e dei Romani, nella quale i commensali bevevano secondo la prescrizione del Simposiarca, cantavano canti conviviali, recitavano poesie, assistevano ad intrattenimenti vari, nonché conversavano.
Ecco, il Simposio si è perso, perché nelle famiglie queste riunioni non si fanno più, gli amici preferiscono riunirsi in luoghi pubblici per divertirsi, come se il confronto di idee non possa essere divertente, forse più che raccontarsi barzellette.
È chiaro che è molto più facile parlare di amenità piuttosto che di cose serie, affrontando argomenti che riguardano non solo la propria cerchia di amici, conoscenti e parenti, ma anche le grandi questioni di interesse generale, quell’interesse che dev’essere considerato sempre superiore all’interesse personale.
La questione che esaminiamo non è di poco conto, ma riguarda la capacità dei cittadini di esprimere valutazioni politiche e quindi di fare scelte ponderate e ragionevoli.
Se ognuno avesse la consapevolezza che il suo voto potrebbe essere determinante per il futuro del Paese, penserebbe seriamente a come esprimerlo, non in base a quello che dicono gli imbonitori politici, ma in base al proprio convincimento fondato sulla conoscenza dinamica.
Chi fosse dotato di saperi, eviterebbe di non andare alle urne, comprendendo che così facendo si adegua alla volontà di chi invece vi è andato.
La questione politica è al vertice di tutte le questioni che riguardano i cittadini. Andrebbe presa con molta serietà e non messa da canto da chi non vuole impegnarsi seriamente e coscienziosamente nella vita, che scorre inutilmente!
