ROMA – Un settore che definisce il paesaggio e l’economia della nostra Isola, dal pistacchio di Bronte alle mandorle della Val di Noto, fino alle nocciole dei Nebrodi. Oggi, però, questa ricchezza affronta sfide epocali: dai cambiamenti climatici che mettono in ginocchio i raccolti a un mercato globale sempre più aggressivo. Ne parliamo con Dario Di Vincenzo, presidente della Federazione nazionale di prodotto “Frutta a Guscio” di Confagricoltura.
Quali sono oggi i principali punti di forza e le criticità della produzione di frutta a guscio in Sicilia rispetto ad altre regioni italiane ed europee?
“Il nostro principale punto di forza è senza dubbio l’altissima specializzazione e il legame identitario con il territorio. La Sicilia detiene quasi il 90% della superficie nazionale dedicata al pistacchio e il 54,7% di quella per le mandorle, contribuendo per il 64,6% alla produzione italiana. Le criticità, però, sono altrettanto evidenti: I costi di produzione sono molto elevati in alcune aree, come per il pistacchio etneo, dove la raccolta non può essere meccanizzata sui terreni lavici, e per il nocciolo nebroideo, coltivato su terreni ripidi e senza terrazzamenti. In secondo luogo, la Sicilia vive una grave crisi produttiva: la mandorlicoltura è in calo per clima sfavorevole e concorrenza estera con prezzi troppo bassi, mentre nella corilicoltura, soprattutto nel messinese (dove si concentra l’85% delle superfici a nocciolo), si sono registrate perdite fino all’80% a causa di un’annata disastrosa a livello nazionale. Piemonte, Lazio, Campania e Sicilia, principali regioni italiane produttrici di nocciole, stanno vivendo da anni una produzione altalenante, con raccolti spesso scarsi a causa delle difficili condizioni climatiche. Per questo stiamo lavorando al riconoscimento dello stato di calamità naturale, così da sostenere le aziende agricole colpite. A peggiorare la situazione c’è la forte concorrenza estera, soprattutto extra-Ue, dove i costi di produzione sono più bassi e le regole fitosanitarie meno rigide, oltre alle agevolazioni doganali che l’Ue intende concedere ai prodotti americani, tra cui la frutta a guscio”.
In che modo la federazione sta sostenendo i produttori siciliani per valorizzare le produzioni locali?
“La valorizzazione delle produzioni locali oltre alla promozione di fiere e sagre, deve basarsi su azioni strutturali che garantiscano redditività e sostegno alle aziende agricole, fondamentali per l’economia, l’occupazione e la tutela ambientale dei territori a rischio spopolamento. Confagricoltura promuove l’aggregazione tra produttori, la nascita di nuove Op, accordi con enti di credito, collaborazioni con istituti di ricerca e il riconoscimento di marchi di qualità per rendere le filiere più competitive ed etiche. In particolare, sosteniamo il riconoscimento dell’Igp ‘Nocciola di Sicilia’ e di una futura Dop per i Nebrodi e i Peloritani, accompagnati da campagne di promozione e sensibilizzazione dei consumatori”.
Quali strategie state promuovendo per favorire il ricambio generazionale e l’innovazione tecnologica nelle aziende agricole siciliane che producono frutta a guscio?
“Per il comparto agricolo siciliano, in particolare per il nocciolo, servono investimenti strutturali come quelli attivati con la misura 216 A.2 del PSR 2007/2013 e la sottomisura 4.4D del PSR 2014/2020, utili a recuperare il patrimonio abbandonato dopo la crisi degli anni ‘80-’90. Oltre alle misure per il ricambio generazionale, è necessario recuperare il patrimonio colturale e rendere l’agricoltura più attrattiva per i giovani, puntando su redditività, modernità e sostenibilità. Ciò richiede investimenti crescenti in ricerca e innovazione, con l’adozione di strumenti di agricoltura di precisione come droni, sensori, sistemi di supporto alle decisioni e irrigazione di precisione, nonché soluzioni per la gestione della fauna selvatica. È fondamentale sviluppare varietà più resistenti a siccità e shock termici attraverso la ricerca genetica e l’uso di nuovi portainnesti, insieme alla diffusione di pratiche rigenerative per migliorare la salute del suolo”.
In che misura i cambiamenti climatici stanno incidendo sulla produzione di frutta a guscio in Sicilia, e quali misure di adattamento la federazione ritiene prioritarie?
“L’impatto è drammatico e diretto: siccità, piogge intense, sbalzi termici e carenza di freddo invernale alterano l’equilibrio fisiologico delle piante, causando fenomeni come la cascola precoce. Quest’anno le perdite di produzione di nocciole hanno raggiunto mediamente il 30-50% a livello nazionale, con punte del 70-80% anche in Sicilia. Piante indebolite diventano inoltre più esposte a malattie e parassiti. Per affrontare l’emergenza servono interventi immediati e strategie di lungo periodo. Nell’immediato è indispensabile il riconoscimento dello stato di calamità per la corilicoltura siciliana e l’investimento in sistemi di irrigazione di precisione. Nel medio periodo, investire per il recupero del patrimonio colturale esistente ancora abbandonato per accrescere la capacità produttiva regionale e riqualificare il paesaggio naturale oggi a rischio incendi. Nel lungo termine, invece, la priorità è puntare sulla ricerca: dal miglioramento genetico per varietà più resistenti a caldo e siccità, all’adozione di pratiche agronomiche innovative come la biostimolazione. Proteggere queste colture significa anche salvaguardare l’economia, l’ambiente, il paesaggio e il futuro sociale delle aree interne siciliane, che rischiano lo spopolamento ma che, se sostenute, potrebbero trasformarsi in motore di sviluppo e rilancio per l’intero territorio”.

