La kermesse è una “festa popolare all’aperto o festa della parrocchia”, secondo il principio che “le vie del Signore sono infinite”.
Nelle religioni protestanti, quando muore qualcuno, di solito si offre un banchetto e si fanno dei brindisi. Nella religione cattolica, invece, tutti piangono: sono o si fingono afflitti.
L’ho scritto precedentemente: non sono dispiaciuto per la morte di Papa Bergoglio, in quanto considero la cessazione del corpo un fatto naturale e previsto, anche se non se ne conosce la data.
Sorprende che in quasi una settimana in cui l’evento è stato sui mass media di tutto il mondo, quasi nessuno abbia comunicato che il funerale ha seguito un rito preciso previsto dalle leggi del Vaticano, il quale è uno Stato libero e, seppure di minuscole dimensioni, è forse fra i più ricchi del mondo, in quanto raduna beni di ogni genere e tipo, materiali e immateriali, di molti Paesi perché il Papa scomparso ha emanato un decreto col quale ha evocato a sé tali beni.
Dunque, il Pontefice è un capo di Stato e come tale quando muore gli vengono tributati tutti gli onori.
Costui potrebbe essere anche considerato un “dittatore” perché, secondo la costituzione pontificia del 7 giugno 1929, è capo di tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario.
Quando il Pontefice firma un decreto, nessuno può sollevare alcuna obiezione: si applica senza sì e senza ma e tutti i/le cittadini/e del Vaticano, nonché i componenti del clero di tutto il mondo, sono obbligati (non facultati) a obbedire. Intendiamoci, non ci riferiamo all’obbedienza religiosa, che è prevista dai relativi canoni, bensì da una obbedienza giuridica e legale.
Ricordiamo che lo Stato del Vaticano ha ambasciatori in tutto il mondo, che si denominano “nunzi apostolici” e, per converso, vi sono gli ambasciatori della maggior parte dei Paesi del mondo presso lo stesso Stato del Vaticano. Insomma, i meccanismi sono né più e né meno come quelli di qualunque altro Stato.
Fatto il quadro di riferimento che precede, non si spiegherebbe come uno Stato minuscolo possa avere tale rilevanza a livello mondiale e tanto potere, non solo mediatico.
La spiegazione è nel fatto che questo conta non solo sul migliaio di abitanti di quel territorio, ma soprattutto su più di un miliardo di abitanti di questo Pianeta che si riconoscono nella religione cattolica. Un popolo solo secondo a quello islamico, che forse conta due miliardi di adepti, con la differenza che quasi nessuno conosce il capo dell’Islam, mentre tutto il mondo conosce il Papa.
Ma non c’è solo la questione prima accennata. Va aggiunto che la figura del Pontefice è essenziale per aumentare la sua notorietà, in quanto è dotato di carisma e raggiunge tutto il mondo grazie all’effetto mediatico.
Per esempio, Benedetto XVI, Papa Ratzinger, era un uomo di altissima cultura teologica, ma di scarsa comunicazione: non aveva quella notorietà che poi ebbe Bergoglio.
Il funerale di Ratzinger, per quanto in quell’epoca fosse “in pensione”, non ha nulla a che vedere col funerale di Francesco.
Cosicché, i 133 cardinali di non oltre ottant’anni che compongono il Conclave, dal prossimo 7 maggio, saranno chiamati a eleggere il 267° Papa. Dalle prime voci che circolano, del tutto incontrollate, sembrerebbe che questa volta il nome del Papa dovrebbe uscire alle prime votazioni, ma come è accaduto spesso in passato, previsioni di questo tipo sono state smentite.
Noi crediamo che il prossimo Papa sarà un “bergogliano”, anche per un semplice fatto numerico, perché ben 108 cardinali sono stati nominati da Francesco, il quale probabilmente li ha scelti fra quelli che riteneva fossero più vicini alla sua linea di politica religiosa di rinnovamento e quindi di scardinamento di certi tabù, come quello della castità e del matrimonio dei sacerdoti.
Risultano evidenti le resistenze fortemente conservatrici di una parte della Curia romana, che ha ramificazioni in America e in Africa, perciò l’attesa del nuovo Papa dev’essere moderata e soprattutto speranzosa, affinché la strada di Bergoglio venga continuata.

