Dopo anni di promesse infrante e delusioni, l’occasione può arrivare da un mercato in grandissima espansione
Era il 31 dicembre 2011. Quasi dieci fa iniziava la lunghissima odissea per circa novecento lavoratori dell’area industriale di Termini Imerese e in particolare dello stabilimento che fu della Sicilfiat e che ora fa capo alla Blutec, in amministrazione straordinaria. Una vertenza diventata storica, il susseguirsi di figure che si sono alternate dichiarando di voler rivitalizzare il sito, senza che sia mai arrivata una svolta definitiva e soprattutto solida e duratura.
Eppure, di possibilità ce ne sarebbero tante, soprattutto per quel che riguarda un mercato in crescita esponenziale come quello delle auto elettriche. Dunque perché non riconvertire il Polo industriale in un impianto produttivo idoneo a costruire, per esempio, batterie per auto elettriche? Parliamo di un settore che negli ultimi si è ampliato in maniera enorme e che nonostante il Covid è cresciuto anche nel 2020. Secondo l’istituto di statistica Jato Dynamics alla fine dello scorso anno le vendite di auto elettriche pure e di ibride plug-in sono aumentate del 147% rispetto al 2019, passando da 575.000 unità a 1,42 milioni di unità. Un risultato considerevole, vista anche la media dei prezzi più alta e l’offerta ridotta rispetto a benzina e diesel.
Questa rivoluzione elettrica ruota però intorno a un elemento chiave: le batterie, appunto. Queste non vengono prodotte dai costruttori auto ma quasi totalmente dai giganti asiatici dell’elettronica. In tal senso, la Cina si è ritagliata una posizione dominante nella lavorazione del cobalto, metallo largamente usato per la produzione delle batterie. Salvo rare eccezioni, l’industria automobilistica, per i propri modelli elettrici o ibridi, utilizza batterie agli ioni di litio. Tra le materie prime indispensabili per costruire una batteria per auto elettrica, ci sono il litio, definito anche l’oro bianco, e il cobalto. I costi di produzione stanno diminuendo, ma i prezzi di queste risorse sono saliti alle stelle negli ultimi anni: il litio ha registrato un +100% dal 2015 (a oggi siamo intorno ai 7.000 dollari a tonnellata) e il cobalto, nel solo 2017, è aumentato addirittura del 129% (toccando punte di 75.000 dollari a tonnellata). I maggiori giacimenti di litio si trovano nei Paesi del Sudamerica: Cile, Perù, Bolivia, e Argentina. Per il cobalto si fa riferimento al continente africano, soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo. Una volta estratte, queste materie prime vengono acquistate da aziende cinesi che si occupano della raffinazione.
La Cina è la principale nazione nella filiera di produzione di batterie per auto, parliamo del 70% di questo mercato. Una volta lavorato, il cobalto è poi venduto a colossi dell’industria chimica come Catl, Byd, Basf, Samsung, Sk Innovation e Lg. Queste sono le principali multinazionali che fino a oggi hanno prodotto e venduto le batterie alle case automobilistiche. Quest’ultime, hanno preferito rivolgersi a realtà che avevano già competenze consolidate in tema di tecnologie legate all’elettrificazione. Finora, le grandi fabbriche di batterie per la propulsione di auto elettriche si trovano solo in Cina, in Corea, altrove in Asia o nel Nord-America.
Negli ultimi tempi, però, le case automobilistiche si stanno anche organizzando per produrre batterie autonomamente. Tra queste c’è Tesla, che ha ottenuto dal ministero dell’Economia tedesco il permesso per costruire una fabbrica all’interno della Gigafactory in fase di realizzazione a Grunheide, nei pressi di Berlino. Secondo Elon Musk, fondatore di Tesla, sarà anche il primo impianto a produrre in contemporanea batterie e auto elettriche.
Dunque, l’elettrico è il presente e, soprattutto, il futuro. E le varie case automobilistiche stanno lavorando verso questa direzione. Abbiamo chiesto a Mercedes-Benz Italia quali siano i loro progetti in questo campo: “Entro il 2030 il nostro obiettivo è di vendere il 50% di veicoli ad alta elettrificazione che significa elettriche pure o elettriche per metà, chiamate plug-in. Le macchine che produrremo diventeranno tutte ibride e questo ci consentirà di abbassare i consumi di Co2 e inquinanti”.
Per la produzione di batterie, il colosso tedesco fa comunque affidamento su aziende specializzate. “Abbiamo fabbriche in tutto il mondo – hanno spiegato – ma noi non produciamo le singole celle. Abbiamo accordi e compartecipazioni con aziende che producono le celle delle batterie. Non ci occupiamo noi di questo processo, si tratta di una cosa molto specialistica. Allo stesso tempo, però, lavoriamo con queste realtà allo sviluppo delle nuove batterie e tecnologie”.
E alla domanda se sarebbe più utile avere queste fabbriche in Italia la risposta di Mercedes-Benz Italia è molto chiara. “Assolutamente sì. La riconversione delle aziende verso la rivoluzione elettrica è auspicabile. Se la Comunità europea e gli Stati incentivassero la diffusione dei motori elettrici, anche attraverso la crescita di punti di ricarica che al momento sono assolutamente insufficienti, le fabbriche sarebbero molto utili. Purtroppo oggi non siamo pronti per l’elettrificazione di massa. La strada è tracciata, ma bisogna velocizzare i tempi”.
Un comparto in forte espansione, quindi, anche se la filiera industriale italiana è indietro rispetto agli altri Paesi europei. Oltre a incrementare i punti di ricarica, servirebbe così compiere dei passi concreti nella produzione delle batterie, riconvertendo poli industriali in crisi proprio come quello di Termini Imerese.
Intervista a Girolamo Turano sui piani per l’area industriale
L’assessore alle Attività produttive, Turano “Con le Zes semplificazioni e agevolazioni”
Nelle ultime settimane gli operai Blutec hanno manifestato con sit-in e blocchi stradali davanti alla Presidenza della Regione siciliana a Palermo. A giugno scadrà la Cassa integrazione per i seicento lavoratori dello stabilimento di Termini Imerese e al momento non c’è una soluzione industriale per il rilancio della fabbrica. A riguardo il Quotidiano di Sicilia ha intervistato l’assessore regionale alle Attività produttive, Girolamo Turano.
Da anni si parla di valorizzazione dello stabilimento di Termini Imerese, ma nell’attesa i lavoratori vivono in grande difficoltà e con molta incertezza per il futuro. Che idea si è fatto sul futuro che potrebbe interessare l’area industriale?
“Nell’agglomerato industriale dell’ex stabilimento di Termini Imerese, così come in altre aree industriali o ex industriali siciliane, il futuro sarà determinato dalla logistica come nuova leva di sviluppo, cioè la capacità di agganciare i flussi commerciali e gli investimenti ma anche dallo stretto rapporto con innovazione e ricerca. Credo che il cambiamento di orizzonte strategico sia indispensabile per il futuro dell’area e per quello dei lavoratori”.
Al di là delle strategie che saranno adottate, sia a livello locale che nazionale, una cosa ci sembra chiara: occorre trovare una soluzione a lungo termine per rilanciare un Polo essenziale per l’economia siciliana. In tal senso, si potrebbe guardare al mercato delle auto elettriche e in particolare a quello della produzione di batterie adeguate, di cui sembra esserci un grande bisogno. Lei come giudica questa possibilità?
“Nessuno ha preclusioni: ciò che è importante è la serietà e la sostenibilità dei progetti. Come è noto la vicenda di Termini Imerese è stata segnata anche da ‘grandi illusioni’ che nessuno vuole e può più permettersi. Questo governo regionale sta portando avanti una visione della Sicilia in accordo con il ‘green deal’ europeo, a partire dalla candidatura dell’Isola a ospitare il Centro nazionale per l’idrogeno. Bene lo sfruttamento e l’utilizzo di energie rinnovabili ed ecosostenibili applicate alla filiera produttiva. Stiamo lavorando per cogliere la sfida e insieme l’opportunità di attrarre investimenti, anche stranieri, come il recente interesse e attenzione mostrati dalla Russia attraverso il suo consolato, e indirizzarli ad hoc per creare sviluppo e impatto occupazionale”.
Come Governo regionale avete sondato il terreno per capire quali realtà potrebbero essere interessate a investire su Termini Imerese?
“Non si tratta di sostituire qualcuno o qualcosa. Il compito della Regione è quello di creare insieme al Ministero dello Sviluppo economico le condizioni per nuovi investimenti su Termini Imerese, investimenti che si traducano in opportunità di lavoro per riempire il bacino di disoccupazione e produttività. L’area si presta particolarmente sia per vocazione che sul piano dell’efficientamento, tanto più che è oggetto di riqualificazione dal punto di vista infrastrutturale, grazie agli interventi previsti dall’Accordo di Programma Termini Imerese – tra Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero del Lavoro, Regione Siciliana e Comune di Termini Imerese – che ci ha permesso di rifare l’impianto di illuminazione dell’agglomerato, e avviare le opere di urbanizzazione primaria nelle aree di seconda fase nell’ottica della riconversione e riqualificazione del Polo industriale di Termini Imerese”.
Avete pensato a qualche agevolazione per attirare le aziende, sia italiane che straniere, a puntare su Termini Imerese? Se la risposta è sì, quali strumenti avete messo sul piatto?
“L’area di Termini Imerese è inclusa nella Zona economica speciale della Sicilia occidentale che avrà numerose semplificazioni burocratiche e agevolazioni fiscali. Dal primo aprile partirà il credito d’imposta, poi quando la governance delle Zes sarà a regime seguiranno le altre agevolazioni. La scorsa settimana in sede di commissione attività produttive della Conferenza delle Regioni abbiamo avuto la possibilità di incontrare il ministro Giorgetti a cui ho ricordato la questione di Termini Imerese ma anche delle altre aree di crisi industriale siciliane. Il ministro ha prospettato di dedicare una struttura apposita del Ministero che si dedichi a questo settore: sarebbe una svolta molto importante”.