Ricordate l’antica e bella canzone-filastrocca scritta da Giorgio Gaber nel 1972, La Libertà? Ecco, in quel testo sono inseriti principi e canoni che nessuno dovrebbe mai trascurare perché sono essenziali per la Democrazia e la convivenza civile.
Il principio secondo cui bisogna partecipare alla vita democratica è sacrosanto; peraltro la nostra Costituzione – come abbiamo più volte scritto – prevede il diritto al voto, preceduto ovviamente dalla partecipazione al processo di formazione di un’opinione che scaturisce nel voto medesimo.
Ma al diritto si associa il dovere di andare a votare, dovere che in queste ultime tornate elettorali è stato tradito dalla metà di cittadine e cittadini italiani, un tradimento che comporta una gravissima conseguenza: il Governo a maggioranza di minoranze, che comunque sono minoranze e tali rimangono. Un guaio per la Democrazia perché in questo caso non è il Popolo che governa.
Una strofa della canzone di Gaber recita: Libertà è partecipazione. Il nostro Popolo è fortunato a godere delle libertà di vario genere e natura, le quali non hanno limiti, tant’è che debordano nell’arbitrio. Infatti ogni persona dovrebbe rendersi conto che la propria libertà trova limite in quella degli altri e soprattutto trova un confine ancora più forte nelle libertà delle istituzioni, libertà che si trasformano in doveri.
Il ragionamento ci porta rapidamente proprio ai doveri, che sono trascurati dalla maggior parte delle persone, le quali, invece, continuano a reclamare diritti, giusti o sbagliati che siano.
La questione è di metodo e non di merito, cioè l’osservanza delle regole, prime fra le quali quelle immortali dell’Etica.
Di questo versante fondamentale, che dovrebbe essere il pilastro di una Comunità, nessuno si occupa perché sembra una questione inutile non avendo caratteristiche materiali. Invece ha implicazioni concrete perché non rispettando il Prossimo si finisce per calpestarne le prerogative e lo si riduce ad un tappetino, così violando un principio fondamentale per la buona convivenza.
Libertà è partecipazione. Non sentiamo da quotidiani, radio, televisioni e media sociali argomentazioni a sostegno di questo importante principio, anzi esso viene talmente trascurato da essere relegato nel dimenticatoio collettivo.
Se invece i mezzi di informazione di vario tipo lo riportassero all’ordine del giorno, probabilmente, i membri della Comunità comincerebbero a rifletterci e a pensare come dovrebbero funzionare le cose, perché la frase gaberiana non è un’affermazione priva di conseguenze pratiche.
Infatti la non partecipazione di metà della popolazione alla Democrazia comporta che le regole – che riguardano tutti/e – vengano dettate dall’altra metà. Per cui non vi è un vero sistema democratico, bensì la prevalenza di una parte della gente su un’altra parte.
E chi ha prevalenza, secondo voi, adotta criteri di equità e di imparzialità fra tutti i membri di una Collettività? Crediamo di no perché le persone umane sono dotate di un forte egoismo, per cui prima pensano a loro stesse e poi agli altri.
Libertà e partecipazione. Ma come si fa a non tenere presente questa frase? Eppure essa è spesso dimenticata, per cui si diffonde un titolo contrario: abulia della non partecipazione.
Bisognerebbe leggere libri, pagine culturali dei quotidiani e vedere quei pochi programmi che il servizio pubblico della Rai mette in onda, al fine di accumulare conoscenze, informarsi e prendere, di conseguenza, decisioni consapevoli.
Comprendiamo benissimo che questi programmi non fanno audience, ma ricordiamo che il più grande e importante editore pubblico italiano, cioè la Rai, incassa due terzi dei proventi dal canone e mediante il Contratto di servizio si obbliga a far crescere la conoscenza e la cultura di italiane e italiani. Ciò in un indirizzo di democrazia, che è un fertilizzante necessario per tenere vive le coscienze e far capire come vanno le cose, respingendo gli affabulatori.
Distinguere il vero dal falso è frutto di conoscenze, secondo il motto: Cultura è Libertà.

