Il politologo Gilles Kepel, in un libro, ricostruisce le radici e prova a spiegare gli scenari futuri del decennale conflitto. L’opera fornisce interessanti chiavi di lettura per analizzare quanto accaduto dal 7 ottobre in poi
Dopo il recente attacco di Israele all’Iran, per bloccare il programma nucleare di quella nazione, in tanti parlano di un mondo fuori controllo. L’inizio di questa stagione di sconvolgimenti – come sostiene Gilles Kepel – ha una data precisa: 8 ottobre 2023. Il giorno dopo l’attacco di Hamas al cuore di Israele, lo Stato ebraico ha il pretesto che cercava per mettere in atto piani che, non è un segreto, erano allo studio da anni. Così, la guerra nella Striscia in nome di quel “diritto all’autodifesa” ha comportato decine di migliaia di morti e si è presto trasformata in uno scontro con tutto quel blocco che non ha perso tempo a schierarsi al fianco di Hamas nella “guerra di resistenza”. Deciso a sgretolare definitivamente quell’Asse della resistenza, la Mezzaluna sciita che da 45 anni rappresenta il suo principale antagonista in Medio Oriente, Benjamin Netanyahu ha deciso di attaccare l’Iran con la giustificazione di scovare i laboratori di uranio arricchito per costruire bombe nucleari.
Un attacco programmato, in un momento del calo internazionale dei consensi a favore di Benjamin Netanyahu, che Kepel aveva previsto e che rientra nella tattica del leader israeliano e che sta complicando il sistema delle alleanze. “Olocausti. Israele, Gaza e lo sconvolgimento del mondo dopo il 7 Ottobre” è il titolo del libro pubblicato da Gilles Kepel, per i tipi della Feltrinelli, per tentare di spiegare e comprendere le radici e gli scenari futuri del conflitto israelo-palestinese. Un titolo provocatorio per ribadire – afferma l’autore – che il termine è stato ancora una volta strumentalizzato e stravolto. “I palestinesi e i loro sostenitori lo utilizzano per descrivere i massacri di decine di migliaia di civili a Gaza. Netanyahu e il suo governo lo richiamano per stigmatizzare l’orrore della mattanza degli ebrei il sette ottobre. Ma adesso il paradigma dell’Olocausto viene rilanciato per affossare i valori morali universali, che dal 1945 si fondavano sul “mai più” di fronte all’abisso di Auschwitz quale base dell’ordine mondiale post-nazista, e invece alimenta le ragioni della nuova lotta del Sud globale contro il Nord coloniale e suprematista bianco”. Gilles Kepel, come noto, insegna all’Institut d’études politiques di Parigi, dove dirige la cattedra Moyen-Orient Mediterranée ed è tra i più importanti studiosi occidentali del mondo arabo, le cui opere sono tradotte in più di venti lingue.
Secondo Kepel, lo shock provocato in tutto il mondo dai massacri del 7 ottobre 2023, ordinati da Hamas, ha segnato un nuovo spartiacque nel già complesso conflitto tra Israele, Palestina e Gaza. Non solo, ma i bombardamenti sul territorio della Striscia che ne sono seguiti, lo sterminio della popolazione civile, hanno impresso “un cambio di passo di una guerra che all’orizzonte non vede possibili pacifiche soluzioni”. Un conflitto, secondo Kepel, con radici antichissime intriso di violenza, di fanatismo e miopia politica e i cui meccanismi affondano nella storia di quella terra. Kepel insiste sulla sommossa sanguinosa antisraeliana del 7 ottobre e, soprattutto, sullo sconvolgimento che quel tragico evento ha provocato in Occidente, fino a “sdoganare” l’antisemitismo e la cancellazione simbolica del genocidio del popolo ebraico: “L’Occidente è stato demonizzato e squalificato da alcuni dei suoi stessi giovani come un odioso Nord a cui si oppone la virtuosa coalizione del Sud globale”. Nel suo lavoro, Kepel sottolinea che a partire dalla guerra dello Yom Kippur negli anni settanta è avvenuta, all’interno delle società arabe, la trasformazione delle rivendicazioni territoriali in “discorso” religioso. Con dovizia di particolari, Kepel ricostruisce la storia politica e militare di Hamas, il suo disegno politico-militare di costituire un “asse della resistenza” contro Israele, guidato da Teheran, e che riunisce la Siria, gli Hezbollah libanesi e gli Houthi dello Yemen. Molte le responsabilità, all’interno di questa ricostruzione, attribuite al governo israeliano e alla sua leadership, alla politica bellicista del primo ministro Netanyahu, che dipende in gran parte dalle ali religiose più estreme, alla sua strategia fallimentare che ha diviso in profondità la società israeliana. Con “Olocausti”, Gilles Kepel attinge a lunghi anni di studi e analisi che gli permettono di abbracciare l’intero complesso quadro geopolitico mediorientale con autorevolezza e ci restituisce una lettura storica esaustiva ed equilibrata.
“Non sono io – dice Kepel – a strumentalizzare l’Olocausto. Da tempo ormai gli israeliani accusano di nazismo ogni avversario arabo che nulla ha in comune con quel fenomeno storico. Anche in campo palestinese abbondano i paralleli fuori luogo tra le proprie sofferenze e quelle degli ebrei otto decadi fa. Ma io mi salvo con il titolo al plurale: Olocausti… Da essere uno dei pochi punti di intesa e di valori condivisi tra Nord e Sud globale, oggi l’Olocausto è tornato ad alimentare lo scontro internazionale. Il sette ottobre rappresenta uno spartiacque. Il tradizionale ‘terzo mondo’, che adesso si riassume nella formula del Brics allargato a Cina, tutta l’Africa, Iran, America del sud e Russia, proclama che l’Olocausto tradizionale è superato, obsoleto, non ispira messaggi universali, non interessa più. Così, il Sud Africa raccoglie ampi consensi quando chiede al Tribunale internazionale dell’Aja di condannare Israele per genocidio. Il messaggio è chiaro: il mondo cambia, la storia va avanti, ci sono nuove sofferenze, sempre nuovi massacri e quello di Gaza sta diventando il nuovo paradigma degli oppressi dai successori dei vecchi colonialisti. L’estrema sinistra, che fa perno sulle università occidentali da Harvard, a Oxford, gli atenei italiani come Torino e Bologna o Scienze Politiche a Parigi, funge da cassa di risonanza a questo modo di pensare che sta diventando ideologia”.
Molte, però, le contraddizioni: il Sud globale concorda sulla condanna ai massacri di Gaza, ma resta molto diviso al suo interno. “Basti ricordare lo scontro geopolitico tra Cina e India, il braccio di ferro tra Egitto ed Etiopia per il controllo del Nilo, la condizione di vassallaggio della Russia nei confronti della Cina anche rispetto alla guerra in Ucraina, la frizione perenne tra Iran e Arabia Saudita”. In una recente intervista, Kepel ha dichiarato che “prima e subito dopo il 7 ottobre Israele era considerato parte del Nord globale. Però, poi con l’affievolirsi della memoria del massacro degli ebrei e invece di fronte al permanere del dramma di Gaza affiancato ai continui attacchi dei coloni ebrei contro i palestinesi in Cisgiordania, Israele è ormai percepito come un attore problematico, se non ostile. Netanyahu ha sbagliato nel permettere la crescita di Hamas contro l’Autorità palestinese di Abu Mazen, ha sottovalutato il pericolo e oggi rifiuta la formula di pace dei due Stati, necessita della guerra come dell’ossigeno per sopravvivere politicamente”. Per questo – conclude Kepel – ha attaccato l’Iran e per questo attaccherà anche il Libano.