L’attacco di Hamas contro Israele non può essere considerato un episodio frutto di improvvisazione. Senza fantasticare, restando con i piedi per terra, dobbiamo tentare di individuare tutto quello che c’è sotto, come è abitudine di questo giornale.
Come sempre accade nei secoli, bisogna individuare quali siano gli interessi che muovono gli esseri umani. Il primo di essi è il danaro, che muove le economie e che governa i popoli.
Si potrà obiettare che in una sorta di guerra, come quella fra Gaza e Israele, non ci dovrebbe essere dietro un interesse economico. Invece, non è così perché la Striscia di Gaza rappresenta un pezzo del mondo arabo affacciato sul Mediterraneo, che viene disputato e presidiato soprattutto dalla marina statunitense, da quella russa e, solo in terz’ordine, da qualche nave francese e italiana.
Andando ancora all’indietro, dobbiamo cercare di individuare la nuova divisione geopolitica ed economica del mondo. Da una parte vi sono gli Stati Uniti, cui sono aggregati Europa, Giappone, Sud Corea e Taiwan. Dall’altra parte, capofila è la Cina di Xi Jinping, cui sono aggregati i cinque Paesi del Brics (che presto diventeranno undici) e fra essi quello più importante: la Russia.
In questo scenario non dobbiamo dimenticare l’India – che ha superato per popolazione la Cina con i suoi 1,408 miliardi di abitanti – che non ha ancora preso posizione chiara né riguardo al gruppo capeggiato dagli Usa né a quello capeggiato dalla Cina.
Narendra Modi, primo ministro indiano, sta cercando di imboccare lo stesso modello di sviluppo della Cina basato su ricerca, educazione universitaria, tecnologia, digitalizzazione e via elencando sul piano imprenditoriale, creando numerosissime joint ventures con gruppi occidentali, che in associazione con imprenditori locali sviluppano il tessuto dell’industria, del commercio e dei servizi.
Non bisogna dimenticare un terzo polo altrettanto importante, costituito da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar. Questo polo gestisce immense risorse finanziarie di cui l’evidenza sono i Campionati mondiali di calcio del 2022 e il tentativo di ospitare una delle prossime Olimpiadi.
Che c’entra la precedente descrizione con la guerra fra Hamas e Israele? Hamas da solo, come gruppo definito terrorista, non potrebbe avere le risorse economiche per armare i suoi componenti; quindi è collegato con il mondo arabo e non solo, che gli fornisce i mezzi necessari.
Non basta, perché è anche collegato fortemente con l’Iran, che forse è il dante causa di tutta l’operazione, avendo interesse a destabilizzare quella parte geografica in cui Israele sembra un intruso.
Vi è ancora un attore di questa tragica vicenda e si tratta del presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, il quale ha dichiarato apertamente che egli parteggia per Hamas.
Conseguentemente la situazione si ingarbuglia, se si sta a quello che si vede giorno per giorno, ma si chiarisce tenendo conto dello scenario che abbiamo prima descritto.
Oltre a questi moventi, vi è l’evidente ragione storica della creazione dello Stato di Israele nel 1947, che ha causato una forte repressione del popolo palestinese nonché l’occupazione di una parte del territorio nel quale viveva.
Come si evolverà la situazione non è dato prevedersi. Possiamo dire che da parte degli Stati Uniti viene raccomandata a Israele cautela, tanto che la famosa invasione di cui si parla da tempo ritarda da molte settimane.
Oltretutto, vi è da tener conto che se le truppe di Tel Aviv invadessero molta parte del territorio di Gaza, vi sarebbero immense conseguenze sul piano dell’alimentazione, della sussistenza, della sanità e di altre primarie necessità, nonché ovviamente numerose morti.
Il vecchio progetto di “Due Popoli due Stati” è sempre più importante, per cui sarebbe necessario un terzo tentativo, dopo quelli di Camp David (1978) e di Oslo (1993), a condizione che chi mestola nel torbido sia messo da canto e in condizione di non nuocere.
Il futuro è altamente incerto; non sappiamo quale potrà essere proprio perché vi sono in campo molte variabili e non vi è quella determinazione da parte di tutti i contendenti di arrivare alla soluzione finale che è quella, appunto, di “Due popoli due Stati”.

