Ne abbiamo parlato con la dottoressa Roberta Fedele, direttore UOC Medicina Trasfusionale e dei Trapianti A.O.O.R. Villa Sofia-Cervello.
Gel piastrinico (conosciuto nel mondo scientifico come PRP), definito dalla moderna medicina come “emocomponente per uso non trasfusionale” che, come tale, può essere utilizzato sulle superfici cutanee ed essere altresì applicato localmente in sedi chirurgiche.
Differenti le patologie note oggi curabili attraverso tale tecnica, da quelle ortopediche di tipo artrosico a livello dell’articolazione del ginocchio, a quelle di tipo traumatico o infiammatorie come il gomito del tennista, alle lesioni del tendine di Achille fino alle piaghe da decubito o diabetiche resistenti ad altre terapie senza trascurare, in campo oculistico, il trattamento delle ulcere corneali, dove il PRP si userà sotto forma di collirio per cicli stabiliti di terapia.
Noto altresì il meccanismo di formazione del gel piastrinico che lo rende sempre più ambito terapeutico, con gradi di successo sempre più crescenti: esso viene ottenuto dopo un prelievo di sangue al paziente da trattare, o utilizzando il sangue proveniente da un donatore, nello specifico il sangue viene sottoposto a una speciale lavorazione con aggiunta di un attivatore piastrinico che consentirà la liberazione di specifici granuli contenenti i fattori di crescita. E’ proprio l’elevata concentrazione di tali fattori di crescita piastrinica che accelera la cicatrizzazione e rigenerazione dei tessuti danneggiati. A ulteriore prova della sua validità terapeutica è stato dimostrato che il gel piastrinico possiede un’efficace attività antalgica, riducendo il dolore.
Questo quanto diffuso allo stato attuale dalla scienza medica su una tecnica innovativa apportatrice di un’efficacia terapeutica sempre più consolidata, così come di inevitabili e intrinseche controindicazioni: sulla complessa questione, sul rapporto vantaggi/svantaggi di una tecnica sempre più promettente in ambito medico, è intervenuta la dottoressa Roberta Fedele, direttore UOC Medicina Trasfusionale e dei Trapianti A.O.O.R. Villa Sofia-Cervello, insieme al dirigente medico che si occupa, all’interno di tale UOC, di tale attività, il dottor Vincenzo Picciurro, coadiuvato dai collaboratori, i tecnici sanitari di laboratorio, le dottoresse Pupillo, Tantillo, Giacona e il dottor Bellone, e il dirigente biologo, la dottoressa Maria Grazia Vitale.
“Le ultime indicazioni terapeutiche sull’uso appropriato degli emocomponenti per uso non trasfusionale sono state emanate nel giugno 2021 da un gruppo di lavoro multidisciplinare composto, oltre che dai rappresentanti del centro nazionale sangue e delle strutture regionali di coordinamento per le attività trasfusionali, dai rappresentanti della Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia (SIMTI), della Società Italiana di Emaferesi e Manipolazione cellulare (SIdEM), della Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica (SICPRE), della società italiana di ortopedia e traumatologia (SIOT), solo per citarne alcune – spiega Fedele – Questo gruppo di lavoro è stato successivamente aperto alla partecipazione di rappresentanti della società italiana di medicina e chirurgia rigenerativa polispecialistica (SIMCRI) e ha definito tre differenti gradi di raccomandazioni per l’uso di tali prodotti: il grado di raccomandazione forte all’uso, sulla base degli attuali dati di letteratura, è previsto al momento per le patologie osteoartrosiche e per il trattamento delle ulcere diabetiche di difficile guarigione. Tutte le altre indicazioni precedentemente descritte hanno, in tale documento, un grado di raccomandazione lieve e l’utilizzo di tale tecnica va valutata e proposta solo per determinate categorie di pazienti quali quelli politrattati. In tal caso tali prodotti vengono utilizzati soprattutto come terapia di supporto a trattamenti standard e sarebbe necessario condurre studi clinici per consolidarne i risultati di efficacia. Rispetto ad altre metodiche, quale l’uso di acido ialuronico in ambito ortopedico, questi prodotti hanno il vantaggio di avere un effetto prolungato in particolare sulla riduzione del dolore e sul miglioramento della funzionalità. La controindicazione all’uso è rappresentata da infezioni o neoplasie nella sede interessata, situazione che comunque un medico esperto in materia saprà attentamente valutare. E’ importante, infine, sottolineare che al momento non esistono evidenze scientifiche che dimostrino l’efficacia di questi prodotti in ulteriori branche della medicina per cui possono essere utilizzati in altre condizioni solo in corso di specifici progetti di ricerca condotti secondo le normative in tema di sperimentazioni cliniche”.