Sentiamo affermazioni di ogni tipo – soprattutto nella classe politica – che continuano a sottolineare – nelle televisioni, in interviste giornalistiche o nei media sociali – le necessità per realizzare le quali occorrono risorse di ogni genere.
Tali affermazioni sono dette da “ignoranti” o persone in malafede perché costoro non si preoccupano della fonte del problema e cioè che per realizzare i servizi, seppure necessari, o aiutare i bisognosi, ci vuole ricchezza, cioè ci vuole il denaro, oltre a chi se ne occupi.
Dunque, se costoro fossero persone di buonsenso dovrebbero cominciare a pensare all’origine della filiera, vale a dire a come generare ricchezza per poi distribuirla. Ancora nessuno ha inventato come distribuire la povertà, anche perché non ve n’è bisogno in quanto essa si diffonde spontaneamente: i poveri sono poveri e non hanno bisogno che qualcuno li renda tali, salvo i malevoli.
La questione, mossa in questi termini, sembra evidente e non ha bisogno di ulteriori osservazioni.
Tuttavia, ci sembra necessario aggiungere delle notazioni e cioè che tutti questi “ignoranti” dovrebbero porsi il problema cui prima si accennava e cioè generare ricchezza e, in immediata successione, come distribuire la stessa ricchezza.
Intendiamoci, ricchezza in senso nobile, non in senso speculativo. Infatti i/le cortesi lettori/trici che ci leggono da quarantacinque anni sanno bene che ho avuto modo di criticare aspramente la concentrazione indebita di ricchezza in poche mani, che sono anche egoiste e non la redistribuiscono come sarebbe loro dovere etico. Vi sono comunque eccezioni, come Bill Gates, che ha costituito la fondazione Bill & Melinda Gates, distribuendo una forte somma all’anno a chi ne ha bisogno.
Per la verità in tutto il mondo vi sono associazioni benefiche che distribuiscono la ricchezza – prodotta da alcuni cui bisogna dare il merito di tale lavoro – e creano servizi di ogni genere, per aiutare numerose persone sotto diversi aspetti, come il cibo, le cure mediche o l’abbigliamento.
Non bisogna però dimenticare che oltre a distribuire la ricchezza, è necessario diffondere le competenze che permetteranno ai bisognosi di oggi di diventare autonomi domani.
Non è nostra abitudine spiegare cose abbastanza semplici da comprendere, però forse qualche nota su come si produce la ricchezza può essere utile a capire meglio quello che scriviamo.
La ricchezza economica è prodotta dagli/dalle imprenditori/trici. Tutti i soggetti che vi sono attorno alle loro imprese non producono ulteriore ricchezza, ma ne mangiano una parte. Ci riferiamo ai consulenti, agli intermediari e ad altri. Va comunque dato atto che all’interno di ogni impresa il fattore umano è fondamentale, soprattutto quando è formato da persone capaci e di grande moralità, le quali partecipano all’attività con calore, affetto e passione.
È così che sono nate nel mondo e in Italia imprese dal nulla, proprio dal nulla, cioè da persone che sono partite da zero. Per tutte, il novantenne Giorgio Armani o il defunto Leonardo Del Vecchio o ancora Enzo Ferrari e numerose donne più recentemente. Non possiamo dimenticare Enrico Mattei, grande rivoluzionario e forse per questo ucciso.
Dunque, vi sono stati capitani di industria che hanno fatto la gloria dell’Italia e l’hanno trasformata da un Paese povero alla terza potenza europea.
I poveri hanno bisogno di tante cose materiali, fra cui cure, cibo e vestiario, oltre che a bisogni immateriali, come un programma di reinserimento e preparazione per il mondo del lavoro. Non è detto che chi nasce povero debba restarci; ciò dipende dalla sua volontà, dal suo istinto, e dalla sua caparbietà, dalla sua capacità di rimboccarsi le maniche e creare un progetto che funzioni. Senza dimenticare quel pizzico di fortuna che non guasta mai.
Mio padre, nel 1920, era povero, la sua famiglia dormiva per strada. Ma un giorno decise che non voleva esserlo più e in quarant’anni di duro lavoro ha realizzato questo sogno. Scrivo questo non per raccontarvi i fatti miei, ma per dire che sono testimone di un esempio che conferma quanto scritto prima.
Infine, la creazione della ricchezza – potata dalle imposte – deve rispettare i principi morali eterni e imprescindibili: lavorare con onestà oltre che con capacità, e distribuirne una parte.