Mercoledì 3 settembre 2025 alle ore 19:00 verrà inaugurata al Teatro Antico di Taormina “Gesti scolpiti”, la mostra personale di Jago, tra i più affermati scultori italiani contemporanei.
Nella serata inaugurale, a ingresso libero, alla presenza dell’artista e delle istituzioni ci sarà la proiezione in anteprima del videoracconto del viaggio della David, la scultura che ha compiuto il giro del mondo a fianco della nave scuola Amerigo Vespucci e che, nei giorni scorsi, è stata al centro di un acceso dibattito dopo la decisione di META di censurarne l’immagine sui social network e delle opere protagoniste della mostra, organizzata da Aditus e Civita Sicilia, in collaborazione con BAM, visitabile fino al 3 maggio 2026.
“Gesti scolpiti” mette in dialogo quattro opere di Jago ossia “Impronta Animale” (2012), “Memoria” (2015), “Prigione” (2016) e “David” (2024, bronzo) con la stratificazione culturale e archeologica di Taormina. Le prime tre sculture, scolpite in marmo statuario, ruotano attorno al tema della mano: simbolo di contatto, creazione, affermazione personale. Accanto a queste, si erge la David, scultura in bronzo dorato, alta 181 cm, esposta sulla sommità delle tribune del Teatro Antico.
Per l’occasione, abbiamo intervistato Jago. “Sono impolverato, arrampicato su un’impalcatura, affezionato alla prospettiva di avvicinarmi alla fine come è quotidiano che sia dell’opera” ci dice nelle prime battute della conversazione telefonica. Chiedendo del suo rapporto con la Sicilia, rivela: “Non è la mia prima volta in Sicilia. Ho un rapporto di sangue. Mio nonno era siciliano. Ho sangue siculo nelle vene, se così si può dire. E’ una terra che è sempre stata nelle nostre conversazioni, anche in famiglia. A più riprese, l’ho frequentata. Inevitabilmente me ne sono innamorato. Ho anche capito che non basta una vita per capire la Sicilia, figuriamoci per sentirsi siciliano. E’ uno di quei posti a cui lasci un pezzo del tuo cuore, con la speranza di poter tornare. Questa non vuole essere una frase fatta, riporto quella sensazione”.
L’intervista all’artista Jago
Con “Gesti Scolpiti” le sue opere saranno esposte al Teatro Antico di Taormina. E’ come se l’arte contemporanea si incontrasse con quella da cui tutto è nato. E’ un connubio altamente simbolico o mi sbaglio?
L’arte è tutta contemporanea al proprio tempo ed è inevitabile che si debba tentare il dialogo ad un certo punto. Dal mio punto di vista e da parte dell’organizzazione è il tentativo di entrare in punta di piedi in un luogo sacro pieno della testimonianza delle nostre vette di cui noi ci facciamo custodi. Il rapporto deve essere di chi vuole imparare qualcosa, cerca un dialogo ma si mette a disposizione del bello che c’è stato lasciato come eredità.
Quando e perchè è nata l’idea di “Gesti Scolpiti”?
In questa fase del nostro percorso artistico – e dico nostro perchè lo condivido con tante persone – le cose accadono e quindi ci si trova anche ad accogliere inviti e opportunità. Questa è una di quelle cose a cui di certo non si poteva dire di no perchè si può soltanto imparare. Se fare un percorso artistico vale qualcosa, e allora vale nel momento in cui ti dà la possibilità di metterti alla prova su palcoscenici sempre nuovi. In questo caso, unico al mondo.
“Gesti Scolpiti”verrà inaugurata il 3 settembre con ingresso gratuito.
Le mostre iniziano e finiscono, però rimangono l’umanità, la memoria e io voglio conservare qualcosa che non sia soltanto l’immagine fotografica dell’esposizione, che certamente è meravigliosa. Voglio qualcosa in più personalmente. Immaginare un momento di condivisione in cui ci possa essere uno scambio con il pubblico e con i tanti che vorranno partecipare mi sembra prezioso e ci siamo subito intesi su questo con gli organizzatori. Spero verranno in tanti, di potermi mettere a disposizione di tutti quelli che verranno e saranno curiosi e di poter ringraziare traducendo il lavoro virtuale in una stretta di mano.
Che pubblico è il suo?
Persone meravigliose, ovviamente. Persone giuste, normali, che mi danno tanto perchè partecipano. Persone dalle quali mi sento di imparare molto perchè sono dei critici innamorati. Ricevo molti consigli, molti punti di vista quindi non potrei descriverlo in maniera semplicistica perchè è una moltitudine di individui. Quello che posso dire è che io ne traggo il massimo vantaggio. La mia opera artistica si è sviluppata in una dimensione di condivisione anche online. In qualche modo, siamo cresciuti insieme. C’è una metamorfosi dello spettatore in questo tempo della contemporaneità che viviamo. Non si aspetta soltanto l’evento perchè ci si manifesti, ma inizia a partecipare già dalla genesi dell’opera; è parte del percorso. Lei ha detto “mio pubblico”, ma le persone che verranno sono anche in qualche modo coautori perchè mi hanno influenzato, li ho ascoltati, li ho visti. Certo c’è la genitorialità, come generatore, ma quello è un altro discorso.
In “Gesti Scolpiti” ci sono quattro opere in dialogo tra loro. Tre sculture rappresentano delle mani e la quarta è la David. Sin dagli esordi ha scolpito mani. In tutti questi anni, cosa si è mostrato inedito sulle mani?
Il tema della mano nasceva come l’esigenza di dire il più possibile nel minimo spazio e col poco materiale che avevo a disposizione. Le nostre mani hanno la capacità di poter riassumere meravigliosamente quello che è il potenziale umano nella sua totalità. Non avevo un grande blocco per fare un corpo, ma una mano poteva essere la traduzione, la sintesi di qualcosa di più grande. Da lì ho capito che si poteva dire molto di più, quindi ho sviscerato l’argomento. Quello che presentiamo oggi sono delle memorie associate a reperti archeologici e quindi sono allestite in maniera silenziosa insieme a quei reperti che sono archeologia della mia storia che metto in scena con altre archeologie. Sono affezionato al simbolo della mano perché, banalmente, grazie alla mano ho avuto modo di vedere la realtà toccandola o aderendo ad essa.
La David è diventata strapopolare a sua insaputa da quando Meta ha censurato i contenuti sui suoi social per nudità, nonostante le linee guida permettano la pubblicazione di nudi artistici. Secondo lei, quanto gli algoritmi e l’intelligenza artificiale possono inficiare sulla libera espressione e quindi anche sull’arte che è una forma di espressione?
L’arte come forma di comunicazione è drammaticamente boicottata. L’arte è sempre stata una free zone nella quale ci si poteva sbilanciare senza conseguenza alcuna per raccontare le verità di questo mondo. Oggi siamo arrivati al paradosso. La censura, che dovrebbe passare anche attraverso al dialogo con motivazioni serie, invece è demandata all’intelligenza artificiale. Non c’è neppure il contatto umano, non hai un interlocutore. Questo dovrebbe essere il punto di una riflessione molto più profonda che dovrebbe essere sviscerata. Motivo anche per riscrivere delle linee guida anche ad un livello molto più alto per quello che vuol dire libertà d’espressione. Cosa vuol dire la censura al tempo del social?
Vuol dire che devo pormi il problema di autocensurarmi al fine di poter conservare una libertà di espressione all’interno di un sistema che mi mette un’infinità di paletti e, quindi mi ritrovo seguendo quelle linee guida a fare non più quello che dico io ossia a proteggere il senso di un’arte che è testimone del proprio tempo, ma invece di fare qualcosa che possa continuare ad esistere semplicemente perché deve funzionare in quel contesto? Io questo non lo voglio fare. Se la presenza in determinati contesti potrà continuare ad essere libera e ad essere protetta questa libertà, va bene altrimenti si abbandoneranno e diventeranno altro, anche se già lo sono. Nei social quanto c’è di sociale? Ci sono le aziende, ci sono gli interessi, c’è altra roba. Ci sono i profili privati, non c’è la condivisione.
Alla censura di Meta ha risposto con un reel in cui copre le nudità della scultura con dei pixel. Sono arrivati tanti commenti più o meno critici. Ci spiega qual è il suo punto di vista e se da ora in poi pubblicherà ottemperando a quanto richiesto da Meta?
Posso continuare a condividere quel che voglio finchè rispetto le linee guida. Le ho rispettate prima e continuo a rispettarle adesso. Ho messo dei pixel e oscurato l’immagine anche per alimentare un dibattito e per capire quale può essere l’opinione dall’altra parte. L’arte può avere la capacità di attirare l’attenzione su temi delicati come in questo caso, anche se in questo momento accadono cose molto più gravi come bambini che muoiono, quindi potrei ampiamente ridimensionarmi, ma questo non significa che non si debba andare avanti nonostante tutto. La censura che può abitare un canale artistico è la stessa che può subire un giornalista, semplicemente nella condivisione di contenuti che fanno analisi di realtà. Non c’è differenza sul tema della censura che va assolutamente affrontato perchè l’intelligenza artificiale vede un capezzolo e non riconosce se è vero o finto e, quindi decide l’intelligenza artificiale. Sono sicuro che questo tipo di meccanismo avviene anche a livelli diversi, più seri. L’ingranaggio è lo stesso. Allora è necessario, ognuno con i propri strumenti. Rispetto le linee guida e le normative. Non voglio nè mi serve essere un provocatore, però mi rendo conto che è un tema che riguarda tutto quello che succede oggi.
Lei si ispira a Michelangelo e adotta tecniche tradizionali per le sue sculture, le sue opere è come se raccogliessero le emozioni che lei vive mentre le crea. Ci racconta come avviene il processo creativo?
In realtà mi lascio ispirare da tutto. E’ prezioso vedere anche delle relazioni con i grandi Maestri del passato che onoro, ma conosco bene la differenza di livello tra ciò che faccio e ciò che è stato fatto. Questo va precisato. C’è da dire che il lavoro è di dare forma alle proprie idee attraverso il sacrificio e il lavoro quotidiano. Io non ci vedo niente di speciale. La cosa speciale può essere l’abnegazione, il riuscire a dare fiducia alle proprie idee. Togliere il superfluo. Fare scultura più che un atteggiamento artigianale nel senso più bello del termine, è uno stile di vita. Togliere il superfluo dovrebbe essere qualcosa che anima il cuore di ognuno per dedicarsi alle cose che veramente contano, per arrivare all’essenza. Nel caso della scultura in marmo arrivare ad un manufatto che speriamo possa avere un valore e se supererà la prova del tempo. Nell’immediato è un bell’esercizio per me e per chi partecipa indirettamente attraverso un buon social e una buona condivisione alla creazione dell’opera.
C’è un’opera a cui è più legato?
(nda. sorride) E’ come chiedere ad un genitore se c’è un figlio che ama di più. Molto complicato. Sono tutte necessarie. Ognuna mi ha portato all’altra. Magari qualcuna è stata meno efficace, ma sono state tutte necessarie.
La sua arte è indivisibile dall’uso degli strumenti social. Quanto ha valore la popolarità per un artista oggi?
Il social è uno strumento ed è stato molto importante. Come tutti gli strumenti, bisogna capirne l’importanza al momento giusto, farne buon uso, dargli fiducia in un momento in cui nessuno ci crede. Oggi si dà per scontato. Quando ho iniziato io, era appena nato. I professionisti del settore ridevano quando gli dicevi “faccio l’artista sui social”. Oggi è scontato che un giornale stia sui social, che tutti abbiano un profilo, ma io dal giorno zero ho visto un percorso, un processo che oggi è anche di decadimento. Però non è tutto scontato.
La scultura che ruolo può e deve avere in questo preciso periodo storico?
Se per scultura intendiamo la produzione di un manufatto che ha poi un peso specifico, nel confronto che si può avere con essa ci potrebbe aiutare nel recuperare un senso di contemplazione delle cose proprio perchè viviamo in un mondo veloce in cui i contenuti devono essere fagocitati alla velocità di uno switch, di un reel di pochi secondi. Invece, nel rapporto diretto con queste cose che stanno lì e sembrano irremovibili puoi fare due cose: o ci giri attorno amandole, odiandole, ignorandole, capendole oppure puoi distruggerle come esempi più recenti della storia. L’altra faccia della performance, potremmo dire.
Tutto può essere impresso sul marmo?
Non lo so. Bella domanda, comunque. Questa domanda non me l’hanno mai fatta e non me la sono neanche mai fatta. Mi piacerebbe poterle dare una risposta alta, capace di dare valore alla sua domanda, ma potrei non riuscire. Sicuramente, posso dire che nel marmo sono state impresse tante cose. Per il marmo sono passate ideologie, concetti altissimi e rivoluzionari, immagini di potenti. Nel marmo, essendo materiale nobile e resistente, ognuno ha tentato di utilizzarlo con un’idea utopica di immortalità o per diffondere la propria immaginazione.
La conversazione è iniziata con lei, arrampicato su un’impalcatura che ha preso come pausa questa intervista. Su cosa sta lavorando?
Sto lavorando alla David in questo momento. Mi trovo esattamente sotto, sull’impalcato, nella sua versione in marmo che è quella definitiva. Contrariamente all’opera che esponiamo a Taormina che è la sua versione in bronzo tratta dal primo modello in argilla. Oggi mi trovo con la versione alta più di 4 metri che con grande fatica, polvere e rumore cerco di portare avanti.
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