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Gestire o risolvere i vari problemi

Gestire o risolvere i vari problemi
MONTECITORIO CAMERA DEI DEPUTATI PARLAMENTO ITALIANO

Differenza tra gestione e soluzione dei problemi nella politica italiana

La sensazione che si percepisce nel constatare gli effetti delle decisioni assunte dai vari Governi – locali, regionali o nazionale che siano – è che ci sia poca attenzione verso la soluzione dei problemi, mentre sembra che ve ne sia tantissima, quasi una vera e propria ansia, nell’adottare misure atte alla loro gestione corrente.

La tentazione è di dire che a nessun livello vi siano le competenze necessarie a scegliere soluzioni adeguate, ma si potrebbe correre il rischio di apparire qualunquisti e generici, dato che qualcuno prova a sforzarsi di fare qualcosa, anche se non è detto che ci riesca. Per essere più chiari forse è meglio fare qualche esempio, che possa esprimere bene la differenza esistente tra gestione e soluzione dei problemi. Una differenza che è molto simile a quella esistente tra la strategia e la tattica. Mentre la prima rappresenta il piano d’azione da realizzare per conseguire un determinato obiettivo, la seconda consiste nei vari passaggi e nelle varie azioni che permetteranno di raggiungerlo, anche se non è detto che essi, se singolarmente presi, siano risolutivi. Ad esempio, in un contesto aziendale, ma anche in ambito politico, la tattica indica le azioni specifiche intraprese, così da poter mettere in atto le iniziative delineate nella strategia, che è stata precedentemente elaborata.

Nella società in cui viviamo, però, troppo spesso, si trascurano gli ideali, si trascurano le ideologie, si ignorano le strategie e ci si sofferma quasi esclusivamente ad applicare tattiche di breve respiro. Queste ultime non producono soluzioni reali e durature, dato che si limitano a gestire i problemi contingenti, nel tentativo di scaricarne la responsabilità su altri, di solito gli avversari o quelli che, genericamente, sono venuti prima in ordine di tempo.

In una simile situazione, a pagare per gli errori compiuti, chiunque ne sia stato l’effettivo “colpevole”, saranno comunque i contemporanei o quelli che verranno dopo, esentando da responsabilità non solo i delegati, bensì anche i deleganti, ai quali un simile modello va benissimo. Ciò che bisognerebbe fare, quindi, è eliminare gli alibi e dare spessore alla conoscenza ed alla partecipazione civile dei cittadini, nel tentativo di farli uscire dal comodo giogo nel quale sono tenuti un po’ dall’ignoranza, un po’ dalla cattiva informazione, un po’ dalla loro stessa pigrizia, oltre, ovviamente, anche da parte di chi vuole che le cose vadano così.

Quando ci si imbatte in un sistema che non funziona o che funziona male, infatti, bisogna sempre chiedersi quale sia il motivo, ma anche quali siano stati i rimedi adottati, se ne sono stati adottati, ovvero chi tragga profitto dall’inefficienza. I latini avrebbero detto: “Cui prodest?”

Il tipico esempio di questo genere di comportamento, lo si riscontra molto chiaramente in quattro ambiti fondamentali della vita corrente: la burocrazia, la Giustizia, la Sanità e il Fisco. In tutti e tre i settori l’inefficienza è stata convertita in opportunità speculative attraverso, rispettivamente: il proliferare di uffici per il disbrigo delle pratiche, la banale e poco rieducativa maggiorazione delle pene, le strutture mediche private convenzionate ed i centri di assistenza fiscale. Ognuno di questi strumenti o di queste ipotetiche soluzioni, in atto assolutamente utili ma non risolutive, non agisce per: semplificare la burocrazia, rendere celere e trasparente la giustizia, ridurre le liste di attesa o agevolare la denuncia dei redditi e limitare l’evasione fiscale, ma per attenuare il disagio dell’inefficienza e della tendenziale irresponsabilità pubblica.

Risolvere le quattro questioni citate solo a titolo di esempio, significherebbe invece: sostituire il sistema delle autorizzazioni con quello della responsabilità; modificare le procedure legali e i tempi processuali; parificare realmente l’assistenza sanitaria pubblica e quella privata, permettendo di scegliere in funzione della qualità, non del reddito o delle attese; consentire la deducibilità fiscale generale ed altro. Le quattro questioni affrontate non rappresentano la scoperta dell’acqua calda, dato che sono all’ordine del giorno del Parlamento da anni, anche se ci si guarda bene dall’affrontarle con determinazione.

È strano? No, è solo la conferma di almeno due terribili condizioni contro le quali ci scontriamo: una classe politica incapace di trovare soluzioni, che si rifugia nella gestione delle varie questioni; il fatto che la forza di chi trae profitto da una tale situazione è maggiore della forza di chi i problemi li subisce supinamente, ma anche dolorosamente.