Ha scelto di morire nella sua casa a Perugia, con l’autosomministrazione di un farmaco letale, la giornalista Laura Santi: la 50enne, affetta da sclerosi multipla, aveva ottenuto il via libera per accedere al suicidio assistito dopo un lungo iter burocratico lo scorso giugno.
A raccontare la sua storia è l’Associazione Luca Coscioni, che dal 2002 lotta per “l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani” e, in particolare, per l’abbattimento delle barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, il libero accesso ai cannabinoidi medici e a sostegno di una serie di leggi in materia di scienza e auto-determinazione.
La giornalista Laura Santi sceglie il suicidio assistito, morta in casa
Laura Santi è deceduta a 50 anni dopo una lunga battaglia contro la sclerosi multipla e un difficile iter – durato due anni e mezzo – per ottenere l’accesso al suicidio assistito. Accanto a lei c’era il marito Stefano, che – racconta l’Associazione Luca Coscioni – “le è sempre stato vicino anche negli ultimi anni di battaglia sul fine vita”.
Affetta da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla, negli ultimi mesi aveva subìto un “peggioramento feroce delle sue condizioni” e le sue sofferenze “erano diventate intollerabili”.
Un lungo iter
Il via libera dell’ASL per Laura Santi era arrivato lo scorso mese dopo un percorso lungo e tutt’altro che privo di ostacoli per l’accesso al suicidio assistito.
“Laura Santi ha dovuto affrontare un lungo e complesso iter giudiziario, civile e penale, per vedere riconosciuto il diritto ad accedere al suicidio medicalmente assistito. Dopo tre anni dalla richiesta iniziale alla ASL, due denunce, due diffide, un ricorso d’urgenza e un reclamo nei confronti dell’azienda sanitaria, solo nel novembre 2024 ha ottenuto una relazione medica completa che attestava il possesso dei requisiti stabiliti dalla sentenza 242\2019 della Corte costituzionale e a giugno 2025 la conferma dal collegio medico di esperti e poi del comitato etico sul protocollo farmacologico e delle modalità di assunzione”, spiega ancora l’Associazione Luca Coscioni.
La lettera d’addio
Quella della giornalista Laura Santi è stata una decisione di certo sofferta, ma comunque lucida e netta. In una lunga lettera d’addio lasciata all’Associazione Luca Coscioni, si dice cosciente di un gesto finale che “arriva nel silenzio e darà disappunto e dolore” ma chiede anche di comprendere le ragioni della sua scelta.
“Cercate di immaginare quale strazio di dolore mi ha portato a questo gesto, giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. Fate lo sforzo di capire che dietro una foto carina sui social, dietro il bel sorriso che potevate vedere giusto un’ora strappato alla routine e ai sintomi in una occasione pubblica, sempre più rara, dietro c’era lo sfondo di una quotidianità dolorosa, spoglia, feroce e in peggioramento continuo. Una sofferenza in crescita giorno dopo giorno”, si legge nella dichiarazione.
Nel ricordare il dolore che l’ha portata alla decisione di chiedere il suicidio assistito e nel ringraziare quanti – tra familiari, amici, associazioni e perfino politici – le sono stati accanto fino alle ultime fasi di vita, Laura Santi lancia un appello commovente: “State tranquilli per me, io mi porto di là i sorrisi. Ma vi prego: ricordatemi. E nel ricordarmi non stancatevi mai di combattere. Non rassegnatevi mai. Anche quando le battaglie sembrano veramente invincibili”.
E ancora, l’ultima frase – semplice, ma d’impatto – che lascia al mondo una riflessione sui dilemmi che accompagnano la scelta del suicidio assistito: “Ricordatemi come una donna che ha amato la vita“.
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