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Giornalisti, rispettare il Codice deontologico

Giornalisti, rispettare il Codice deontologico
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L’Ordine nazionale dei giornalisti ha appena pubblicato il Codice deontologico della categoria

L’Ordine nazionale dei giornalisti ha appena pubblicato il Codice deontologico della categoria, approvato dal Consiglio nazionale l’11 dicembre 2024 ed entrato in vigore l’1 giugno 2025. Le linee generali sono quelle del precedente Codice deontologico, con alcune modernizzazioni di cui ora parleremo.
Il Codice dev’essere rispettato dai giornalisti e dalle giornaliste, professionisti/e e pubblicisti/e, in ogni sua parte, ma ha solo valenza morale, anche se in fine è previsto il ricorso agli articoli 51, 52, 53 e 54 della legge istitutiva dell’Ordine n. 69 del 1963.

Il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli, mi disse nel forum pubblicato il 2 agosto 2022, che il Codice dovrebbe essere tenuto come la Bibbia sul comodino di ciascuna persona che fa questo mestiere. In effetti, si lamentava il presidente, non sono molti quelli che lo conoscono e sono pochi quelli che lo applicano, tant’è vero che l’informazione nel settore digitale è lacunosa e fuorviante ed ora vi scriviamo perché.

La legge italiana del ramo non obbliga il titolare di un sito, che fa informazione, a registrare la relativa testata e nemmeno a nominare il direttore responsabile, che dev’essere un giornalista. Cosicché, si verifica, nel settore dell’informazione, una situazione anomala perché la maggior parte dei siti non sono testate giornalistiche e quindi possono scrivere tutte le schifezze di questo mondo, possono insultare persone e personaggi, possono commettere qualunque nefandezza tanto nessuno risponde.
Infatti i siti possono essere registrati da persone fisiche che magari hanno novant’anni o più o che sono nullatenenti e, quindi, anche in caso di risarcimento, esso sarebbe privo di qualunque risultato perché il titolare del sito è impossidente.

A fronte di questo grave squilibrio, in cui il Codice deontologico non è applicabile, manca una legge regolatrice, che le maggioranze di tutti i tempi non hanno mai approvato. La legge, appunto, dovrebbe stabilire che nessuno può aprire un sito che fa informazione senza che sia registrata la testata al Tribunale e al Roc (Registro unico degli operatori di comunicazione) e abbia un direttore responsabile.

I/le giornalisti/e hanno dei doveri nei confronti dell’Opinione pubblica in tema di informazione, per cui si devono formare, devono sapere come fare informazione e devono tenere sempre presente che essa dev’essere obiettiva e completa, verificata possibilmente da più fonti, non deve danneggiare nessuno, deve rappresentare la verità e la realtà senza alcuna valutazione né opinione (il più possibile), distinguendo i fatti dalle ipotesi. Gli Ordini regionali controllano la materia.

Dobbiamo purtroppo constatare che spesso l’informazione che compare nel web, ma anche sui giornali di carta, non ha i requisiti prima elencati, cui fa riferimento il Codice, ma non sempre i relativi organi regionali prendono iniziative per chiedere conto e ragione a quei/quelle giornalisti/e che non rispettano il suddetto Codice.

La questione che trattiamo non è priva di interesse perché l’informazione, com’è noto, può indirizzare e addirittura pilotare e manipolare cittadini e cittadine, anzi ancor di più quando essa è falsa e tendenziosa.

D’altra parte, i/le cittadini/e dovrebbero possedere una sufficiente cultura per comprendere la falsa informazione, quella che ora si chiama fake news, e tutte le altre porcherie che girano sui siti di tutto il mondo. Per cui le difese contro queste intrusioni possono essere approntate solo se ogni persona possiede i sufficienti strumenti mentali e culturali per valutare le informazioni che si percepiscono e che spesso sono subdole perché indirizzate al subconscio, che, com’è noto, recepisce senza che ce ne accorgiamo.

Non abbiamo avuto notizia di altri giornali o siti web o telegiornali o altri che abbiano pubblicato la notizia oggetto di questo editoriale e non ne comprendiamo la motivazione in quanto ogni giornalista degno/a di questo nome dovrebbe portare all’attenzione della Pubblica opinione quali sono i suoi doveri, che vengono sicuramente, come abbiamo scritto più volte, prima dei diritti.