Il dottore Antonino Salerno, psichiatra e psicoterapeuta, indica la strada per affrontare la disabilità e delle sfide per creare una società più inclusiva
Oggi, 3 dicembre, si celebra la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità. In un’intervista per QdS.it il dottore Antonino Salerno, psichiatra e psicoterapeuta, parla di come affrontare la disabilità e delle sfide per creare una società più inclusiva.
Il 3 dicembre la Giornata
internazionale dei diritti delle persone con disabilità, istituita nel 1992
dall’ONU, si pone l’ambizioso obiettivo di sensibilizzare la popolazione sulla
tematica della disabilità e di stimolare il dibattito per creare una società
più inclusiva, specialmente in questo momento storico dominato dal Covid e da
tutti i disagi da esso provocati.
Secoli di lotte per i diritti e i
discorsi infiniti sulla coesione sociale e sull’inclusività, purtroppo, sembrano
non aver dato ancora i risultati sperati: le discriminazioni esistono, inutile
negarlo. Inoltre, con l’emergenza sanitaria le “barriere” si sono moltiplicate
e una società capace di garantire il rispetto universale dei diritti umani e di
non lasciare indietro nessuno rimane utopia. Per le persone con disabilità
raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030 fissati dall’Onu è
difficile e i pochi esempi virtuosi esistenti, purtroppo, non fanno sempre lo
stesso “rumore” di tutte le cose che non vanno.
Come affrontare la disabilità e conoscerla
Il tema della disabilità è
estremamente complesso, principalmente perché – dietro agli episodi clamorosi
di discriminazione o violenza che suscitano sdegno quotidianamente – ci sono
tante realtà nascoste. Pochi si fermano a riflettere adeguatamente sulla parte
“sommersa” della disabilità, quella serie di domande, preoccupazioni e sfide
che si cerca di non esporre al (pre)giudizio pubblico.
Chi vede una persona con
disabilità di solito non conosce la sua storia, né le difficoltà affrontate dai
familiari con l’intento di rendere la vita del proprio caro “normale” (se di
normalità si può parlare senza correre il rischio di usare un termine troppo
astratto e generico). Affrontare la disabilità personale o di un caro non è
facile e spesso il tormento emotivo che accompagna questo percorso è considerato
fonte di vergogna.
Nel cercare di esplorare le
numerose sfide delle persone con disabilità e delle loro famiglie, il primo
fattore da considerare è proprio il rapporto con la disabilità. C’è chi – di
fronte alla malattia propria o di un proprio caro – reagisce con rabbia, chi la
ignora, chi cerca la via della fuga e chi cede alla depressione più cupa. La
disabilità cambia la vita e di fronte a essa bisogna ripensare interamente la
quotidianità, anche nelle sue parti più “banali”.
Di fronte a questa sfida, lo
sconforto non è né può essere la soluzione più indicata. “Il modo migliore per
affrontare la disabilità è prendere sempre più consapevolezza di questa
disabilità, conoscerla, comprenderla, non demonizzarla ma nemmeno negarla.
Tutto ciò permette un maggiore percorso di accettazione, in cui scoprire in
modo reale e concreto quello che può o non può fare una persona con
disabilità e la famiglia che gli/le sta vicino. Non è certamente facile, ma reagire
adeguatamente dà la possibilità di concentrare le energie sui giusti percorsi
di abilitazione/riabilitazione”, spiega il dottore Antonino Salerno, psichiatra
e psicoterapeuta che da anni dedica la propria vita al benessere delle persone
con disabilità e dei loro cari.
Un percorso complesso: le sfide e
l’aiuto psicologico
Il percorso è lungo – spesso dura
tutta la vita – e non fa sconti a nessuno. Anche la persona più forte ha
momenti di debolezza e nasconderli a una società che marginalizza o ignora
quasi del tutto la disabilità sembra la soluzione più semplice, ma anche la
meno produttiva. L’informazione e l’accettazione sono invece gli strumenti che
aiutano a costruire una strada diversa per una vita migliore: “La sfida più
grande è l’accettazione di se stessi o del proprio familiare come diverso da
quegli schemi mentali che ci vengono presentati come ‘normali’, ma non per
questo poco degno della scommessa per una vita vissuta in pienezza (non come
misura assoluta, non raggiungibile neanche per i cosiddetti ‘normali’, ma come
pienezza relativa alle reali capacità di benessere da raggiungere per quel
particolare, unico e originale individuo)”.
“È un percorso a volte molto
difficile e doloroso e per questo l’accompagnamento psicologico permette di
individuare e sfruttare quei germi, anche piccoli, di positività nascosti negli
anfratti di chi vive una tale esperienza”, continua il dottore Salerno, contrastando
anche il “tabù” – ancora troppo comune – della richiesta di supporto
psicologico.
Disabilità e società inclusiva: è
ancora un mito?
A dover affrontare la disabilità
non è solo chi la vive sulla propria pelle. C’è un’intera società da educare
alla convivenza armoniosa con la disabilità e, purtroppo, da questo punto di
vista la strada da fare è enorme, in Italia come nel resto del mondo. Ogni
piccolo gesto, dalle violenze ai danni di persone con disabilità ai semplici
atti d’inciviltà come l’occupare un posto per auto riservato ai diversamente
abili senza averne diritto, racconta di una società ancora lontana dall’essere
inclusiva e capace di garantire pari dignità a tutti i suoi membri.
Su questa questione così
delicata, il dottore Salerno commenta: “Se la persona con disabilità e la sua
famiglia vivono quotidianamente la loro condizione di diversità rispetto alla ‘normalità’
che li circonda, dall’altro lato la quasi totalità della società fa fatica ad
accettare che esistono individui ‘altri’, con potenzialità ‘altre’, con
caratteristiche ‘altre’, con bisogni ‘altri’, ma con pari dignità. Tutto ciò si
complica se la disabilità è mentale. Questa non è una condizione solo della
persona con disabilità, ma, purtroppo, è interna alla nostra società. Inspiegabilmente
pensiamo al ‘diverso da me’ come qualcuno che deve essere commiserato,
rinchiuso o combattuto”. È un problema di mentalità. Le persone con disabilità
spesso non hanno lo stesso accesso al lavoro, alla sanità, alla vita sociale e,
in più, devono fare il triplo della fatica per ottenere la tanto agognata
“accettazione” da quella società che vedono come “normale” ma che, in fondo,
tanto normale non è.
Se sul piano sociale c’è ancora
tanto da fare prima di poter finalmente parlare di una società “inclusiva”, non
sono meno numerose le sfide che toccano a enti e istituzioni per facilitare la convivenza
con la disabilità. Le leggi esistono e si cerca di aggiornarle costantemente.
Questo, però, non basta se la reazione dei cittadini “normali” è di totale
indifferenza e se la voce delle persone con disabilità viene “repressa” senza
che possa dare vita a un cambiamento: “In Italia esiste una legislazione
sull’argomento all’avanguardia fin dalla legge quadro 104 del 1992 al
Disegno di legge Delega al Governo in materia di Disabilità, approvato il
27/10/2021, che rientra nelle azioni e riforme chiave previste dal PNRR.
Sappiamo bene, però, che semplicemente le leggi non bastano
se contemporaneamente non si attiva un processo educativo che smuova le
coscienze e trasformi la mentalità di tutti i protagonisti”, afferma il dottore
Salerno.
Conoscere, lottare, vivere: un
messaggio per la Giornata del 3 dicembre
Una società inclusiva forse è
ancora un sogno, ma la convivenza con la disabilità è una realtà da affrontare
ogni giorno. Conoscenza, accettazione, condivisione e inclusione sono gli unici
elementi che possono portare a un risultato concreto in questo tortuoso
percorso.
Di fronte alla domanda “Che
messaggio si sentirebbe di dare – da persona e da professionista – a chi si
trova ad affrontare la propria disabilità o quella di un proprio caro?”, il
dottore Antonino Salerno sceglie di rispondere così: “Mi permetterei di
ricordare alcuni versi di una canzone cantata da Fiorella Mannoia dal titolo ‘Combattente’:
‘Perché è una regola che vale in tutto l’universo. Chi non lotta per
qualcosa ha già comunque perso. E anche se il mondo può far male, non ho
mai smesso di lottare. È una regola che cambia tutto l’universo, perché
chi lotta per qualcosa non sarà mai perso. E in questa lacrima
infinita c’è tutto il senso della vita’”.
Ed è così che lo psichiatra conclude l’intervista. Con poche e
semplici parole che ricordano quanto lottare sia necessario per costruire –
grazie agli strumenti della conoscenza e della comprensione – un mondo
migliore, “a misura di diversamente abili”, senza eccezioni ed esitazioni.
Marianna Strano