Messina

Giovani messinesi sempre più a rischio di devianza

MESSINA – Troppi episodi allarmanti, troppo deboli le risposte che si tentano di dare e solo sull’onda emotiva di gravi fatti di cronaca. L’accoltellamento di un dodicenne da parte di un altro ragazzino di 14 anni, a Villaggio Aldisio, nella periferia sud di Messina, riapre una questione complessa come quella del disagio minorile; questione che ha avuto un posto di rilievo quest’anno nella relazione del presidente della Corte d’Appello Luigi Lombardo all’apertura dell’anno giudiziario.

Tutti i resoconti giudiziari degli ultimi anni, a dire il vero, evidenziano il problema e sollecitano interventi a più livelli istituzionali. Parlano di situazioni di emarginazione e di rischio di devianza, anche trasversale, per mancanza di sufficienti servizi educativi, scolastici e sanitari. “Alcune periferie della città sono luoghi di perdurante emarginazione – scrive Lombardo – ambienti inadeguati alla socialità, anche di tipo scolastico, e alla positiva aggregazione negli spazi pubblici; sono luoghi nei quali si fa spesso uso di sostanze stupefacenti o abuso di alcol”.

L’analisi sull’aumento dei reati del presidente della Corte d’Appello Lombardo

Il presidente della Corte d’Appello Lombardo fa anche un’analisi sull’aumento dei reati. “Il dato comune di comportamenti trasgressivi è la mancanza di attenzioni da parte degli adulti, in primo luogo dei genitori, dai quali molti ragazzini non ricevono ascolto, per incapacità o per trascuratezza nello svolgimento del loro compito di accompagnamento educativo. Su tale situazione influisce anche la insufficienza o l’inadeguatezza dei servizi sanitari fondamentali per l’osservazione dei processi di crescita, come i servizi di neuropsichiatria infantile. In presenza di una carente organizzazione dei servizi pubblici, territoriali e sanitari, l’esercizio della funzione giurisdizionale minorile ha comportato, in molte situazioni, anche l’assunzione di un ruolo di supplenza”. Affermazioni gravi che sembrano cadere nel vuoto.

Non c’è il Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

Al comune di Messina da quasi due anni non c’è il Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Dopo le dimissioni dello psicologo Fabio Costantino nell’aprile del 2022 si è proceduto per la pubblicazione di un nuovo bando solo lo scorso dicembre. Il termine per le candidature è scaduto il 20 gennaio, cinque sono gli aspiranti su cui si dovrà pronunciare il Consiglio comunale, si spera a breve; difficilmente però, da solo, potrà dare una svolta alla questione.

“Il Garante per l’infanzia così com’è strutturato non ha pieni poteri – spiega al QdS il professore UniMe Francesco Pira, sociologo, saggista e Garante dei diritti dell’infanzia a Realmonte in provincia di Agrigento – è un supporto a strutture già esistenti, è una sorta di collante tra istituzioni, deve andare a registrare disagi e allo stesso tempo può fare delle azioni concrete di prevenzione. Ma siamo sempre lì, il Garante si scontra con la burocrazia, la mancanza di mezzi, a volte la mancanza di percezione di quello che è il vero valore di questa figura, può essere di valore se riesce ad incidere ma può rimanere in penombra se non ha i mezzi per farlo; il Garante da solo non può fare nulla ma se ha una struttura, dei collaboratori, un ufficio che può fare delle istruttorie, se può avanzare delle proposte, lanciare delle campagne allora può incidere sul territorio”.

La dispersione scolastica un campanello d’allarme

Francesco Pira vede nella dispersione scolastica un campanello d’allarme su cui lavorare di più. “Se non ci sono azioni di recupero e inclusione consegniamo chi non va a scuola alla malavita con una frattura che si allarga tra abbienti e poveri. Servono progetti di inclusione anche per i figli di migranti, per i minori non accompagnati che vivono nel nostro paese: chi si preoccupa della loro educazione, come riescono a comprendere il rispetto dell’altro e di una identità culturale che non è la loro”.

“Discutibile elargire provvedimenti tampone nel momento in cui c’è il caso cronaca – aggiunge Pira – si deve programmare e capire dove dobbiamo andare e in che modo. Bisogna investire sulle nuove generazioni che hanno impostazioni diverse dalle nostre, è un altro mondo con altri codici e linguaggi ci vogliono quindi altri modelli educativi. Non dobbiamo lasciare che sia la rete a dare loro tutte le risposte, che possono essere di conoscenza oppure deviate. Si deve lavorare sui genitori, lo dico da tempo, l’ho scritto nei miei libri, in altri paesi si tengono dei corsi appositi. Siamo in una società edonistica con genitori che si sentono ragazzi, vogliono essere amici dei figli e perdono di autorevolezza”.