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sabato 07 Agosto 2021

La mossa estiva a sorpresa dei nuovi ingressi nella Lega in Sicilia rompe gli argini di un sommovimento che è già reale nella società siciliana

La mossa estiva a sorpresa dei nuovi ingressi nella Lega in Sicilia rompe gli argini di un sommovimento che è già reale nella società siciliana. I passaggi nell’ultimo partito territoriale rimasto in Italia di volti notissimi del moderatismo siciliano cambia volto anche alla Lega in senso forse definitivo.

La Sicilia ridiventa laboratorio per la nascita di un partito in profonda trasformazione, da partito populista a partito popolare. Il paradigma non è che la Lega si sposta al centro. È il centro che si sosta nella Lega. Gli interessi legittimi, il terziario, i ceti produttivi dell’isola, le persone di buon senso che hanno a cura gli interessi delle loro famiglie, hanno bisogno di un partito popolare di massa che li rappresenti.

Che abbia la forza numerica oltre che di linea politica in cui identificarsi. Tutto questo avviene perché è entrata in crisi l’anima cattolico democratica nel centrosinistra sempre più schiacciato su una pseudo socialdemocrazia del reddito di cittadinanza, e la crisi definitiva di Forza Italia a cui lo stesso Berlusconi indica la via del partito unico, la nuova Democrazia Cristiana 2.0 di stampo tedesco.

La Cdu all’italiana. D’altra parte chi non vuole morire forestale o precario degli enti locali in mano al rais clientelare di turno, chi non si adatta per dignità e amor proprio al reddito di cittadinanza, chi non fa parte dei radical chic dei quartieri bene o delle rendite pubbliche di posizione, deve trovar un luogo sociale e politico dove far confluire la propria visione ed il proprio consenso. E costoro sono la maggioranza relativa dei siciliani, che si alzano la mattina per portare il frutto del proprio lavoro a casa, che vogliono crescere e farsi una famiglia, Covid permettendo. Che vogliono un futuro migliore per se ed i propri figli, costretti ad emigrare in cerca di opportunità che una terra Bellissima ma incapace gli nega.

Gli nega perché una classe dirigente amministrativa e
politica, che da oltre 20 anni campa di sacche di privilegio e consenso drogato
dal precariato esistenziale è stata messa a soqquadro dal nuovo precariato del
reddito di cittadinanza. Chi non vuole una vita precaria e subordinata non ci
sta, e cerca rappresentanti nuovi.

Immediatamente l’ancien regime, in una specie di congresso
di Vienna della restaurazione, rilancia su una Palermo a guida dei vecchi del
centrodestra magari con un finto giovane come figura di comodo.

È un tentativo di sopravvivenza di ceto politico per tentare
di passare l’inevitabile nottata di questo tempo di crisi e guardare alle
regionali in un’ottica difensiva di vecchi spazi. In campo c’è uno scontro
generazionale forte, come avvenne con i giovani turchi guidati da Cossiga in
Sardegna per cambiare la Dc degli anni 50. Il leader nazionale a cui guardava
quel sommovimento era il toscano Fanfani. Un cavallo di razza adamatino e
sulfureo dal punto di vista sia culturale che caratteriale. Mi ricorda
qualcuno.

I giovani turchi sono in campo, come qualche anno fa la
rivoluzione dei quarantenni siciliani guidati da D’alia. Soltanto che quella era
una lotta dentro un partito, questa è una rivoluzione dentro una coalizione. È
il naturale ciclo della vita.

Siamo certi che politici più accorti, come Lombardo, e
qualcun altro alla fine non avverseranno questo schema di rottura ma
cercheranno invece di influenzarlo.

Soprattutto i più esperti capiscono che solo una nuova
generazione può traghettare l’isola nel clou del piano di Rinascita.

Il digitale è cosa per giovani non per vecchi.

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