TAORMINA – Il coraggio di sfidare gli dei. È ciò che contraddistingue la musica di Giovanni Allevi. La caratura umana e artistica di un compositore che non è per tutti. Un cavaliere lucente, un moderno eroe romantico. Una sentinella della bellezza che ha attraversato il buio per raccontare, in note, la luce. Torna live per celebrare la vita attraverso il suo amato pianoforte e l’inedito concerto ‘MM22’ per violoncello e orchestra d’archi. Il 5 luglio si esibirà al Teatro Antico di Taormina per uno degli appuntamenti più attesi dell’estate musicale italiana. La data è organizzata da Show Biz, Live Spettacoli, Concerto e Gamp.
Un cordone ombelicale lungo trent’anni lo lega idealmente alla terra di Sicilia.
“Da sempre c’è con la Sicilia un amore folle reciproco. Anche per questo, Taormina è una delle quattro suggestive location che ho scelto per presentare ‘Musica dall’Anima’. Un progetto unico, intenso, dove ogni serata verrà arricchita da un tema universale e dalla presenza di un ospite d’eccezione. Al Teatro Antico sarà ‘Il Sacro’ l’oggetto della riflessione con il teologo e filosofo Vito Mancuso. Voce critica e libera del pensiero religioso contemporaneo, autore di saggi che interrogano la spiritualità con profondità e coraggio”.
In scena anche l’ultima composizione, ‘Nostalgia’, la cui prima esecuzione mondiale si è avuta, insieme alla giapponese Kizuna Chamber Orchestra, nel concerto ad Osaka Expo in occasione delle celebrazioni della Festa della Repubblica Italiana, lo scorso 2 giugno.
“Quella di ‘Nostalgia’ è una musica struggente, che scuote nel profondo. Un invito a fermarsi e ad ascoltare la propria anima, per ritrovare quella felicità interiore che è stata nascosta dalle difficoltà della vita”.
Com’è, ancor oggi, ‘darsi in pasto’ al pubblico?
“Mi circonda un grande affetto. Al tempo stesso alcune vicissitudini hanno reso la mia indole silenziosa e riflessiva. Devo confessare che adesso faccio molta fatica a parlare e ad espormi”.
Nella sua carriera e nei suoi lavori ha saputo sapientemente miscelare stili e gusti differenti, appartenenti anche ad epoche diverse e lontane. Le piace sconfinare o crede in una dimensione musicale senza confini?
“Non ho mai amato la contaminazione degli stili, sono radicale, forse per la mia indole ansiosa. Per come la intendo io, la musica deve essere costruita su rigorose forme classiche, che posso assimilare ad un tempio, magnificente, fuori dal tempo. La forma classica però deve inglobare contenuti musicali presi dal presente, che è sempre nuovo e in continuo movimento”.
Composizioni che tratteggiano i canoni di una nuova ‘musica classica contemporanea’: classica nelle forme, contemporanea nei contenuti.
“L’elemento principale è la gioia e l’ebbrezza di fare qualcosa di nuovo e originale, di dare vita ad una musica che prima di quel momento non c’era”.
Oltre alle numerose opere inedite, un posto di rilievo è affidato all’interpretazione di capolavori per coro e orchestra tratti dal repertorio classico. Si può interpretare la musica di ieri diversamente da ieri?
“Anni fa, durante la direzione del celebre ‘Corale 147’ di J.S. Bach per coro e orchestra, ho sentito fortemente la necessità di accentuare un pianissimo e rallentare una sezione, elementi non presenti nella tradizione interpretativa di quel passaggio. Ho avuto la netta sensazione che il pubblico trattenesse il fiato in quel punto e la mia gioia è stata indescrivibile. Certamente c’è una ricerca creativa nell’interpretazione, affinché questa aderisca al nostro tempo”.
Bach, Mozart, Händel. La musica è per sempre e i compositori non muoiono mai davvero?
“Sono eterni e saranno sempre attuali perché la loro opera non esaurisce mai la propria bellezza. Tuttavia io credo in una dinamica evolutiva della tradizione classica, dove ogni compositore racconta elementi inediti della propria epoca, non ancora presenti nella precedente. Sembra una riflessione ragionevole ed innocua. In realtà, sono stato più volte messo al rogo per aver osato pensare questo. Per molti, infatti, in un’epoca conformista come la nostra che teme il cambiamento, è inconcepibile che la tradizione classica possa evolversi, anche in maniera maldestra”.
Non c’è futuro senza storia. Nella sua, anche la lunga lontananza dal palcoscenico a causa di una grave malattia. È cambiato il rapporto con il tempo?
“È cambiato il mio rapporto con il mondo. Finalmente non sono più preoccupato del riscontro esterno. Quando l’ambiente accademico musicale si scagliò contro di me con una ferocia verbale inimmaginabile, si creò nella profondità della mia anima il desiderio inconscio di essere un giorno riconosciuto. Ebbene, la malattia, con il suo impatto devastante, ha dissolto in pochi attimi questo falso obiettivo a cui ho ingenuamente dedicato tante segrete speranze. Essere finalmente libero dal giudizio, essere libero di creare, è un’autentica grazia”.
Essere compositore, direttore e pianista significa guardare dentro sé stessi con sincerità, confrontarsi con i propri draghi interiori e sconfiggerli a suon di note.
“Se non passiamo attraverso il buio non possiamo raccontare la luce. Il Giovanni Allevi che vedo oggi allo specchio è diventato tale perché ha attraversato l’oscurità della sofferenza: dolore cronico, tremore alle mani, paura del futuro, insonnia. E tanta musica nel cuore”.
Giovanni Allevi, qual è la gratificazione che ricava come uomo, ancor prima che come artista?
“Un giorno mi trovavo nella grande sala dell’accettazione dell’Istituto dei tumori di Milano, ad aspettare che uscisse il mio numero. Ero in piedi sotto il tabellone, perché non ci vedo bene. Quando mi sono girato dopo un’ora, i presenti hanno incrociato il mio sguardo. Sto parlando di tanti meravigliosi guerrieri che affrontano giornalmente la propria battaglia. Non me lo sarei mai aspettato ma è partito da parte loro un delicato quanto per me immeritato applauso. Avrei voluto dire che quell’applauso era per loro stessi, per il coraggio e la dignità con cui affrontano sofferenze del corpo e dello spirito che adesso anche io conosco, ma un nodo in gola mi ha impedito di parlare. In trent’anni di concerti di applausi ne ho ricevuti tanti: questo è stato il più bello di tutti”.

