Nel 101esimo anniversario della morte dello scrittore del "Ciclo dei Vinti", Catania ricorda Giovanni Verga.
Nel 101esimo anniversario della morte dello scrittore del “Ciclo dei Vinti”, Giovanni Verga, al Cimitero Monumentale di Catania si è tenuta oggi una manifestazione di commemorazione dinanzi al mausoleo che ne ospita le spoglie, nel viale degli Uomini illustri.
Hanno partecipato alla cerimonia organizzata da Fita (Federazione italiana teatro amatori), la dottoressa Sabina Murabito del Comune di Catania, rappresentanti del Comune di Vizzini, Acicastello, Nicolosi, la presidente dell’Associazione guide turistiche di Catania, rappresentanti della polizia locale, presidente ed esponenti del Centro Studi Acitrezza, della Casa Museo Verga, Fondazione ed eredi Verga, sottoscrittori con il Comune di Catania, nel 2015 del protocollo “Verga e il Verismo” finalizzato alla divulgazione e alla valorizzazione delle opere dell’autore.
Da un’idea del professore Adernò, anche egli presente, in passato dirigente scolastico di diversi istituti che orgogliosamente si fregiano del nome di Verga, a far data dal 1985, nasce la tradizione di rendere omaggio al Maestro, con la cerimonia “Un fiore sulla tomba” nel bellissimo sito, nella ricorrenza della morte dell’autore.
Giovanni Verga, 101esimo anniversario della morte: la cerimonia
Il luogo è semplice, la pietra bianca traslucida trasmette un forte senso di solennità ma anche di pace. Evoca imperiosamente la corrente letteraria del Verismo di cui Giovanni Verga fu il maggiore esponente.
In una quieta mattina di sole, ciascuno dei partecipanti, ha espresso le emozioni che tutti i presenti percepivano. La speranza di un futuro in cui giovani continuino a riscoprire la bellezza, benché rassegnata, dei personaggi verghiani, ricchi commercianti o poveri pescatori che fossero.
Viene riportata alla mente la malinconia di vite frustrate nei loro più intimi desideri, come in “Storia di una capinera”, le vicende vissute dai protagonisti, nella tristezza che li rende immortali, infiniti ed eterni nelle loro tribolazioni.
Questo ricorda anche Andrea Zappalà, Presidente Fita, ma allo stesso modo esprime la speranza che nuove generazioni ogni anno, accostandosi ai “vinti”, li facciano rivivere, nelle loro miserie, e nella semplicità delle loro vite, sempre collocandosi nel tempo passato cui appartengono, fatto di tradizione, coraggio e dedizione.
Il ricordo dei “vinti” verghiani
Parla della grandezza del Maestro, che no, non è vinta, ma continua a essere pilastro della cultura italiana: sono loro “vinti”, i personaggi che prendono vita attraverso le pagine, non la magnifica prosa dell’autore!
Egli purtroppo forse non è degnamente ricordato nella sua terra natale: la gente presente non è così numerosa come ci si aspetterebbe in tale circostanza. Mastro Don Gesualdo, Padron ‘Ntoni, Rosso Malpelo, i Malavoglia: sono tutti condannati a rivivere in eterno le loro vite di dolore e privazione, ma la speranza è il sentimento che prevale fra i presenti alla cerimonia di commemorazione.
La speranza che la grandezza del Verga affascini e illumini ancora generazioni di studenti, oggi sfortunatamente presenti solo in una piccola rappresentanza. Inevitabile la riflessione sul Giorno della Memoria dedicato ai milioni di persone vittime della Shoah e a tutti coloro che per altri motivi vennero perseguitati e assassinati, anch’essi vinti, ma nella realtà orripilante della Guerra del secolo scorso, che distrusse così tante nazioni, recidendo vite e giovani promesse.
Nella luce della mite giornata d’inverno, i ragazzi del Servizio Civile di Vizzini hanno letto alcuni brani dello scrittore. A chiusura dell’evento un momento di grande emozione con la lettura da parte di Santi Consoli, già presidente Fita, delle parole che Nino Martoglio dedicò a Verga, leggendole in suo onore, in sonetti a lui dedicati, nella lontana serata del 9 luglio 1920, al teatro Valle di Roma, durante i festeggiamenti dell’80esimo compleanno del Maestro. Nell’intervallo fra il primo e il secondo atto della commedia “Dal tuo al mio”, recitata dalla compagnia di Angelo Musco.
Ne riportiamo di seguito i primi versi:
“Dissi: Chistu saria lu me’disiu:
pigghiari di sta terra ‘nzoccu duna
s’è spina è spina, sidd’è cruna è cruna
senza iuncirci nenti di lu miu”.